Il diritto di accesso alla rete è la possibilità per gli utenti, i cittadini e le imprese di avere la connettività a banda ultralarga.
Gli obiettivi europei per il 2020 ci dicono che la grande maggioranza della cittadinanza deve avere 30 megabit al secondo e che il 50% deve essere in grado di utilizzare 100 megabit.
Utilizzare vuole dire avere disponibile e sapere che cosa farci. Non basta che arrivi un filo con la connessione a 100 megabit, si deve avere la volontà e la capacità di usare questa tecnologia. Per farlo bisogna riconoscere la connettività come un diritto, un diritto universale. La connettività dovrebbe essere, quindi, come l’acqua, come il gas, come la luce.
La connettività deve arrivare ovunque, in tutte le case e deve essere accessibile a dei costi bassi. Non ci deve essere un luogo fortunato o sfortunato. Per questo assieme a Infratel e OpenFiber stiamo realizzando l’infrastruttura per tutte quelle zone “a fallimento di mercato”, una parola brutta per indicare quelle realtà dove il mercato in autonomia non si sviluppa.
In che cosa consiste? Il settore pubblico mette a disposizione delle risorse per realizzare le infrastrutture che il privato da solo non farebbe. Grazie a questo meccanismo, le infrastrutture realizzate con finanziamenti pubblici, e che rimangono di proprietà pubblica, vengono messe a disposizione di tutti gli operatori senza alcuna discriminazione e senza alcuna distinzione.
Questo è un fenomeno, a mio giudizio, molto interessante perché genera, da un lato, un’equità territoriale enorme e dall’altro permette la crescita di una nuova imprenditoria. Gli operatori possono nascere non dovendo fare investimenti. Gli investimenti fatti dal pubblico eliminano un’importante barriera di ingresso aumentando la concorrenza.
Siamo davanti a una stagione in cui il pubblico ha investito e in un prossimo futuro, quindi, ci saranno tanti operatori che fanno imprenditoria e che sono in grado di portare a tutti l’accesso alla rete.