Ricordate l’immagine del capodoglio spiaggiato in Sardegna, a Porto Cervo, con in pancia un feto e (ben) 22 kg di plastica?
Un’immagine terrificante che difficilmente dimenticheremo.
A causare la morte di quel cetaceo è stato il cosiddetto marine litter, la miscela di rifiuti in mare che colpisce tutto il mondo marino, non solo l’Italia. La guerra alle plastiche è necessaria.
Il problema dell’inquinamento dalle plastiche è molto complesso e lo è altrettanto affrontarlo.
L’errore che siamo portati a fare è quello di pensare che l’inquinamento da plastiche derivi solo dai prodotti finiti come buste, bicchieri, posate, cannucce.
Il processo inquinante va rivisto, invece, in tutto il suo iter produttivo, dall’inizio alla fine.
L’estrazione e il trasporto delle materie fossili, il petrolio, è il primo step di questo ragionamento. Durante questa fase vengono rilasciate nell’aria, nell’acqua e nel suolo, sostanze tossiche che hanno impatti sulla salute mostruosi: alterazione del sistema immunitario, tumori, neurotossicità, solo per citarne alcuni.
Il secondo passaggio da sottolineare è quello che fa capo alla raffinazione e produzione delle resine plastiche. Anche in questa fase del procedimento vengono diffuse nell’aria sostanze altamente tossiche e cancerogene.
La frammentazione delle plastiche, che avviene per lo più nei nostri mari, rappresenta la fine di questo percorso silenzioso di inquinamento.
In questa fase, le micro e nano particelle possono entrare direttamente nel corpo umano causando infiammazioni, genotossicità, stress ossidativo, apoptosi (danneggiamento delle cellule) e necrosi. In estrema sintesi, quando mangiamo pesce assumiamo anche plastica con un grave rischio per la nostra salute.
Come vedete, quando si parla di inquinamento da plastiche si parla di qualcosa di molto complesso, un vero e proprio effetto a cascata, che va dal suolo ai nostri mari, dall’aria che respiriamo, al cibo che ingeriamo.
Riduzione, riuso, riciclo.
Certo, il riciclo è fondamentale nel processo di smaltimento della plastica ma non è al primo posto nelle cose da fare per disfarcene.
Bisogna tenere in mente un concetto fondamentale: il miglior rifiuto è quello che non si produce. Proprio per questo è necessario seguire due direttrici: riduzione e riuso.
L’ESPERIMENTO DA FARE È MOLTO SEMPLICE:
provate per una settimana a non utilizzare a casa acqua imbottigliata (se avete delle cassette dell’acqua o fonti vicine provate a usare quelle) o recuperate i vostri fusti di detersivi e ricaricateli negli appositi centri. Noterete una diminuzione immediata del volume della plastica nel vostro cesto dei rifiuti. Tutta materia che togliamo da discariche e impianti. Moltiplicate questo esempio per decine di migliaia di volte, applicatelo a tutta la popolazione di un Paese o di una città: i risultati saranno sorprendenti!
Il più grande apporto che possiamo dare all’ambiente è quello di modificare le nostre abitudini.
A casa, in giro, con gli amici. Utilizzare una borraccia, un sacchetto riutilizzabile, ricariche per i detersivi, rifiutare la cannuccia al bar, abbandonare la plastica monouso per posate e bicchieri riutilizzabili o compostabili.
Piccole prassi che contribuiranno a non inquinare il nostro pianeta, la nostra terra, il nostro cibo.
Proviamoci, basta davvero poco!
Parleremo di come ridurre e riutilizzare la plastica, di economia circolare e di tanto altro, a Italia 5 Stelle a Napoli, il 12 e 13 ottobre.
Vi aspettiamo!!!
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