Ci sono gesti che sono talmente radicati nel nostro vivere quotidiano da non rendersi conto nemmeno della loro esistenza.
Pensate all’usa e getta: quante volte vi capita di consumare cibo o fare mille altre azioni gettando via l’oggetto o il suo involucro quasi contestualmente al suo utilizzo?
Ebbene, tutto questo ha un inizio ben preciso.
Siamo in una cittadina chiamata Troy, nello Stato di New York negli Stati Uniti. Sono gli anni ’20 del diciannovesimo secolo. La casalinga Hannah Montague è frustrata dal dover ogni giorno lavare e stirare le camicie del marito Orlando, visto che a sporcarsi era solo il colletto. Fu probabilmente dopo l’ennesima litigata che la signora Hannah ebbe l’idea: un giorno ritagliò il colletto di una camicia, lo lavò e poi lo ricucì nella sua posizione originale. Nacque così il primo oggetto “usa e getta” o monouso: il colletto removibile, il cui brevetto venne depositato nel 1827. Orlando, il marito di Hannah, aveva compreso da subito la portata dell’idea e aprì una fabbrica di colletti removibili. Già nel 1872 si arrivò a produrre oltre 150 milioni di colletti e polsini monouso. La città di Troy divenne per tutti gli americani “Collar City”, nome che porta ancora oggi.
La signora Hannah non poteva sapere l’impatto che la sua idea avrebbe avuto sulle vite di tutti gli uomini. Gli oggetti monouso irruppero nelle case di tutti con la missione di liberare le casalinghe di tutto il mondo dalla schiavitù dei lavori domestici: grazie all’usa e getta si risparmiava tempo e fatica.
Non si trattò di una rivoluzione solo tecnica o produttiva ma culturale e di costume, tanto che, nel 1955, sulla rivista Life Magazine si affaccia per la prima volta il concetto di una società usa e getta (Throwaway living). L’articolo mostra l’emblematica immagine di un uomo e una donna felici in mezzo a un mare di plastica monouso. Anche il fotografo che scelse questa immagine mostrò di avere inconsapevoli virtù profetiche.
Il consumo usa e getta racchiude in sé tutte le storture di un modello culturale, economico, sociale non più sostenibile.
Ci hanno abituati a pensare che la nostra felicità dipenda da ciò che possediamo, mentre la realtà è ben diversa. Il consumismo senza freni degli ultimi 60 anni ha prodotto gigantesche quantità di rifiuti, la cui vita ha avuto durata breve, brevissima: il tempo di un solo utilizzo che, una volta dismessi, finiscono nei nostri fiumi e nei nostri mari, contaminando il pianeta per secoli.
Oggi che lo sappiamo, abbiamo tutti, a tutti i livelli, il dovere da uscire da questo modello illogico e distruttivo di consumo. Ne abbiamo parlato diffusamente in questi due mesi sul Blog delle Stelle e ne parleremo insieme il 12 e 13 ottobre a Napoli, durante Italia 5 Stelle: dobbiamo liberare il cibo, la moda, i prodotti hi-tech, i giocattoli dei nostri bambini ed ogni ambito delle nostre vite dalla plastica.
In ballo c’è il futuro di tutti.
Anche il tuo.
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