Ogni volta che un leghista finisce in guai giudiziari Salvini liquida la questione politica limitandosi a dire che si tratta di una “brava persona”, rifiutandosi di entrare nel merito delle vicende.
È avvenuto per Gianbattista Fratus, sindaco leghista di Legnano finito ai domiciliari a maggio scorso, per Armando Siri che oltre ad essere indagato nella vicenda Arata ha patteggiato una condanna per bancarotta, per Edoardo Rixi, condannato in primo grado a tre anni e cinque mesi di carcere con l’accusa di peculato.
Ed è accaduto anche per Gianluca Savoini:
«L’ho sempre ritenuta una persona corretta e continua a esserlo». Ma Savoini dalle indagini sulla presunta trattativa per il petrolio con i russi avrebbe concordato per conto della Lega e dello stesso Salvini un tangentone da 65 milioni di dollari. Una questione di opportunità politica richiederebbe a Salvini di smarcarsi, quanto meno di prendere le distanze ma, dopo aver fatto credere addirittura di non sapere cosa ci facesse Savoini in Russia, lo ha poi difeso, “nascondendosi” sul merito della vicenda.
Nelle 3 precedenti domande a Matteo Salvini abbiamo fatto emergere ciò che non torna nelle parole (poche) dell’ex ministro degli Interni che continua a fuggire dalle risposte.
Eppure il leader della Lega in questi giorni ha continuato a straparlare di tutto e su tutti, persino dei capelli di Conte, ma non ha mai risposto alle cose serie.
Ecco la quarta domanda a Matteo Salvini su una vicenda dai tanti punti oscuri che Salvini ha il dovere politico e istituzionale di chiarire al più presto:
Lo stesso oligarca Malofeev ha detto a Report che Savoini gli avrebbe confermato di aver parlato di petrolio all’Hotel Metropol di Mosca con degli avvocati e delle controparti russe: perché Salvini non querela Savoini che parlava a nome e nell’interesse suo e della Lega e, stante alle indagini, avrebbe chiesto un tangentone da 65 milioni di dollari a favore della Lega stessa?
Prima i russi o prima gli italiani? #SalviniRispondi