Il Parco Nazionale del Vesuvio è uno dei pochissimi polmoni verdi presenti nella provincia di Napoli. Nell’estate del 2017 un tremendo incendio colpì un’area di 9 chilometri quadrati di vegetazione. Centinaia di alberi furono ridotti in cenere. Visto da diverse angolazioni, il monte appariva con una enorme chiazza di colore marrone, tendente al nero. Il 50% della superficie forestale andò distrutta, 3.000 ettari bruciati dal fuoco, centinaia di animali morti nelle fiamme.
Il Vesuvio, simbolo di Napoli e dei suoi cittadini, era stato colpito nel profondo e con esso tutta la popolazione. Di quei giorni d’inferno, dello scenario scaturito e di come gli alberi siano rinati dalle ceneri ne abbiamo parlato con Vincenzo Capasso, presidente di Let’s do it! Italy, una delle associazioni che per prime ha dato supporto ai tanti cittadini accorsi sul posto.
Che ricordo ha di quell’incendio? Qual è stata la sua sensazione quando è arrivato lì, sul posto?
Stavo rientrando da Salerno da un incontro sulla riqualificazione di alcune aree e mi accorsi subito delle fiamme, anche se non ne avevo immediatamente compreso la vastità dell’area colpita. Mi sono portato subito sul posto, in zona Torre del Greco, lì erano già presenti volontari di altre associazioni e cittadini che avevano le case nei pressi dell’incendio. Solo a quel punto mi sono reso conto che non si trattava di un piccolo focolaio e che i rischi per la flora e la fauna del Parco Nazionale del Vesuvio potevano essere enormi. A quel punto mi sono messo a disposizione dei volontari che erano già sul posto, aiutandoli a impedire che le fiamme arrivassero nei pressi delle case. Fu una lunga notte e ancora non potevo immaginare che quell’incendio sarebbe proseguito per giorni, finendo con l’investire un’area molto vasta al cui interno c’erano anche discariche di rifiuti illegali, con relative conseguenze negative per la salute dei cittadini.
Sono stati giorni interminabili di lotta contro le fiamme, al termine dei quali, davanti ai nostri occhi, è apparso un paesaggio lunare, coperto di cenere, dove il fumo usciva dal terreno e le rocce erano incandescenti. Ho conservato le scarpe che indossavo in quei giorni: hanno la suola bruciata e ogni volta che le guardo mi ricordano quei momenti e quanto sia importante preservare le nostre aree verdi.
Qual è la situazione rispetto alla ripiantumazione di quel territorio? E cosa possono fare i cittadini per ristabilire lo status quo di queste aree?
Sono in corso interventi di questo tipo in diverse aree. Abbiamo chiesto un incontro al Presidente del Parco Nazionale del Vesuvio per capire che contributo possiamo dare e quali sono le aree nelle quali, in maniera programmata, possiamo intervenire anche attraverso la piantumazione di alberi.
Insieme ai cittadini, ai comitati e alle associazioni da anni, in maniera costante, cerchiamo di organizzare iniziative di cleanup con lo scopo di ripulire il Vesuvio dai rifiuti e sensibilizzare le persone al rispetto di quei luoghi stupendi.
Nelle giornate del 16 e 17 novembre con Alberi per il Futuro centinaia di attivisti in tutta Italia si dedicheranno alla piantumazione. Ecologismo significa passare dai discorsi alle azioni, occuparci concretamente del nostro pianeta?
Credo assolutamente nelle azioni concrete, tanto che l’associazione di cui sono il presidente, si chiama proprio “Let’s do It!” che significa “Agiamo”. Abbiamo bisogno di cittadini sempre più sensibilizzati e pronti a dare il proprio contributo in sostegno dell’ambiente in cui viviamo. Il fare insieme crea comunità più consapevoli e preparate alle sfide che quotidianamente dobbiamo affrontare per migliorare il rapporto uomo-ambiente. Sicuramente anche noi prenderemo parte all’iniziativa e la promuoveremo perché con la piantumazione di nuovi alberi possiamo mitigare (anche se solo in parte poiché bisogna puntare a cambiare il modello produttivo) quella che è la grande emergenza del nostro secolo: il cambiamento climatico.