Le nuove tecnologie “offrono nuove opportunità per i minori, per la loro educazione e formazione personale” consentono “un più ampio scambio di esperienze, favoriscono pure sviluppo economico e offrono nuove possibilità in molteplici ambiti tra cui quello della salute. Le tecnologie aprono nuovi orizzonti particolarmente per quei minori che vivono in situazioni disagiate o lontano dai centri urbani dei Paesi più industrializzati. La sfida che ci è posta innanzi è dunque quella di favorire l’accesso sicuro dei minori a queste tecnologie, garantendo, in pari tempo, la loro crescita sana e serena, senza che siano oggetto di violenze criminali inaccettabili o di influssi gravemente nocivi per l’integrità del loro corpo e del loro spirito.” Sono queste le prime parole con le quali il Papa lo scorso 14 novembre si è rivolto a Reali, governanti e leader religiosi di mezzo mondo in occasione del Congresso “Child dignity in the digital world”.
Quello del Papa, indirizzato anche ai big della tecnologia è stato, in sostanza, un appello lucido, appassionato, verrebbe da dire definitivo, a un investimento comune per riconoscere a tutti, cominciando dalle persone, i diritti di cittadinanza digitale dei quali con insistenza sempre maggiore, anche se non ancora sufficiente, si parla in giro per il mondo.
Dignità della persona online, infatti, fa rima inesorabilmente con cittadinanza digitale.
“Non basta capire, bisogna agire” – ha scandito il Papa – “la condanna morale dei danni inflitti ai minori per il cattivo uso delle nuove tecnologie digitali deve tradursi in iniziative concrete e urgenti. Più il tempo passa, più il male è radicato e difficilmente contrastabile”.
E non esiste un modo diverso di raccogliere la raccomandazione del Papa che quello di avviare una riflessione seria, multi stakeholder, aperta sull’identificazione almeno di un set minimo di diritti di cittadinanza digitale innanzitutto per i minori e, quindi, di mettere a fuoco per ciascuno, idonei strumenti capaci di garantire che tali diritti non restino solo parole ma si trasformino in azione, in fatti, in vita vissuta online in una condizione di libertà e sicurezza.
Il diritto di accesso, quello all’identità personale con particolare riferimento a esser riconosciuti come minori, quello a confrontarsi con contenuti leciti e non tali da pregiudicare lo sviluppo psicologico e culturale di un minore, quello ad algoritmi etici sono alcuni dei primi diritti che il Papa lascia identificare tra le righe del proprio intervento.
“La sfida”– e il Pontefice lo dice senza esitazioni – “è globale: in un mondo come il nostro, in cui i confini fra gli Stati sono continuamente superati dalle dinamiche create dagli sviluppi del digitale, i nostri sforzi devono assumere la dimensione di un movimento globale che si unisce agli impegni più nobili della famiglia umana e delle istituzioni internazionali per la tutela della dignità dei minori e di ogni persona. È una sfida ardua che ci interpella con nuovi interrogativi: come si difende, infatti, la dignità della persona e del minore nell’era digitale, quando la vita e la identità della persona è inestricabilmente legata ai dati che la individuano e di cui nuove forme di potere cercano continuamente di impossessarsi? Come possiamo formulare principi ed esigenze da rispettare da parte di tutti nel mondo globalizzato digitale?”.
Non possiamo lasciare senza risposta queste domande.
Abbiamo l’obbligo come persone, come cittadini, come utenti del web, come società private fornitrici di servizi digitali e come decisori pubblici di cercare risposte, declinarle in diritti capaci di rendere la vita della persona – a cominciare dai più piccoli – nell’ecosistema digitale sostenibile.
“La creatività e l’intelligenza dell’uomo sono meravigliose, ma devono essere orientate nella direzione positiva del bene integrale della persona in tutta la sua vita, fin dall’infanzia”.
La sfida è lanciata, a noi, in una dimensione quanto più possibile sovranazionale.
Dobbiamo raccoglierla e vincerla, per noi e per i nostri figli.