Evasione fiscale e corruzione sono due facce della stessa medaglia: il malaffare.
Sottolinearlo può apparire scontato, eppure la realtà che si cela dietro questo tipo di reati e alla loro connessione è ben più grave di quanto possa sembrare a prima vista. A venirci in soccorso per un esame più attento della situazione sono ancora una volta – purtroppo – le cronache giudiziarie.
La storia che raccontano, quando si parla di mazzette, si basa su uno schema ben preciso: qualcuno, disonesto, emette false fatture, qualcun altro, ugualmente disonesto, utilizza quelle stesse fatture per tangenti.
E’ il caso di Venezia e del Mose, l’infrastruttura che avrebbe dovuto mettere la città al riparo dall’acqua alta e che probabilmente l’avrebbe fatto davvero, se corruzione, arresti e processi non ne avessero bloccato la realizzazione. Secondo gli inquirenti proprio attorno al Mose sarebbero state emesse 33 milioni di euro di fatture false e almeno la metà di queste sarebbero servite a pagare mazzette. Risultato finale: Venezia e la sue gente, oggi, sono in ginocchio.
E’ solamente un esempio, ma basta a darci la misura esatta di quanto l’evasione fiscale, in tutte le sue forme, rappresenti un danno enorme per la collettività, anche al di là di tutti quegli aspetti che saltano immediatamente agli occhi. Ecco perché, esattamente come abbiamo fatto per i corrotti, anche per chi evade il fisco siamo decisi a lanciare un messaggio chiarissimo: chi sbaglia paga, e rischia di farlo con il carcere.
Per i grandi evasori, per chi emette false fatture o dichiara meno di quanto dovrebbe, a seconda dei casi , abbiamo abbassato le soglie di punibilità e alzato le pene. Cosa vuol dire? E’ molto semplice: chi non paga le tasse per grandi importi, e parliamo di cifre oltre i 100 mila euro, paga col carcere.
Non conviene a nessuno.