Dopo la rinuncia del Cile a causa delle proteste ancora in corso nel Paese, la conferenza sul clima in programma a Santiago dal 2 al 13 dicembre si terrà negli stessi giorni a Madrid. La COP 25, così si chiama in sigla la 25esima Conferenza delle parti contraenti dell’UNFCCC (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), era già stata per così dire “sfrattata” una prima volta, quando a rifiutarsi di ospitarla in Brasile è stato il presidente Bolsonaro, noto per le posizioni negazioniste e per la ripresa della deforestazione in Amazzonia, in coincidenza con l’avvio del suo mandato.
Eppure quella del prossimo dicembre è una conferenza importante sia per la rilevanza delle decisioni che ci si attende sia perché cade nel quarantesimo anno dalla prima conferenza mondiale di scienziati dedicata ai cambiamenti climatici. Il 12 e 23 febbraio 1979, a Ginevra, l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) chiamò infatti a raccolta scienziati di diverse discipline per uno dei primi incontri internazionali dedicati al tema, con focus specifici finalizzati a esaminare i dati e le ricerche fino ad allora prodotte. È da lì che poi, nel 1988, è nato ad opera di OMM e UNEP, il Programma intergovernativo dedicato allo studio dei cambiamenti climatici (IPCC), che terminò il suo primo Rapporto in occasione della seconda conferenza sul clima, che si è svolta sempre a Ginevra il 7 novembre del 1990.
Da quella conferenza emerse in tutta la sua evidenza la differenza di approccio tra scienziati ed esperti da una parte, che lanciarono un allarme preoccupato rispetto ai rischi legati al modello di sviluppo occidentale e al surriscaldamento globale, e rappresentanti dei governi dall’altra, che dopo una dura trattativa produssero una dichiarazione d’intenti blanda e tutt’altro che impegnativa.
Da quella conferenza nacque comunque la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), da cui sono scaturiti e il Global Climate Observing System (GCOS), un sistema globale di osservazione relativa al clima istituito a seguito della Conferenza sul clima di Rio de Janeiro del giugno 1992 nota come “Summit della Terra” in quanto è stata la prima sull’ambiente con la presenza dei Capi di Stato, e il Protocollo di Kyoto, redatto l’11 dicembre 1997 in occasione della COP3. In mezzo c’era stata la COP1 del 1995, durante la quale le parti dell’UNFCCC hanno deciso di accelerare gli sforzi per il clima avviando negoziati per un primo sub-accordo.
Intanto che i governi procedevano nelle loro trattative diplomatiche, anche gli scienziati hanno continuato a confrontarsi. Tra fine agosto e inizio settembre del 2009 Ginevra ha ospitato la World Climate Conference-3 (Wcc-3), dedicata alle previsioni climatiche e a creare un quadro globale che collegasse i progressi scientifici di queste previsioni con il processo decisionale che avrebbe dovuto scaturirne e tutti i livelli: politica, imprese, gestori idrici ed energetici e così via.
Dalla Wcc-3 è scaturito un importante contributo al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite e degli obiettivi più ampi delle Nazioni Unite nella lotta al climate change e nella riduzione del rischio di catastrofi. I risultati hanno fatto parte del contributo dell’OMM alla COP15 del 2009 a Copenaghen.
Al summit della capitale danese, preso atto che il Protocollo di Kyoto vacillava, si è tentato di rilanciare l’azione sia dei Paesi cosiddetti sviluppati sia di quelli in via di sviluppo, ma i negoziatori non sono stati in grado di superare le loro divergenze. L’accordo di Copenaghen, sebbene fosse solo un accordo politico, fissava obiettivi ambizioni, a partire dalla limitazione dell’aumento della temperatura globale a 2 gradi. I Paesi avrebbero dovuto presentare piani verificabili di mitigazione degli impatti della crisi climatica; erano previsti anche fondi pubblici e provati finalizzati alla riduzione delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo e si proponeva l’istituzione di un nuovo fondo per il clima.
Alla COP16 dell’anno successivo a Cancun, le parti hanno formalizzato gli elementi essenziali dell’Accordo di Copenaghen ipotizzando ulteriori negoziati per un nuovo accordo giuridicamente vincolante che sostituisse il protocollo di Kyoto. Dopo altri summit interlocutori, alla COP21 di Parigi, il 12 dicembre 2015, i leader mondiali hanno adottato l’accordo di Parigi, che stabilisce impegni procedurali vincolanti comuni per tutti i Paesi, ma lascia a ciascuno l’autonomia di decidere il proprio contributo non vincolante. L’obiettivo prioritario è quello di tenere la sotto i 2 gradi centigradi la temperatura media globale, con un’esortazione a stare il più possibile entro gli 1,5.
L’accordo è entrato in vigore alla fine del 2016, molto prima del previsto, e le parti stanno dettagliando le norme di attuazione. Nel giugno 2017, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha annunciato l’intenzione di ritirare il suo Paese dall’accordo di Parigi, rimodulando poi successivamente la sua posizione ed evocando la necessità di rinegoziare le condizioni.
Di fronte al diffondersi della consapevolezza dei rischi legati al cambiamento climatico, le attese per la COP25 di Madrid sono molto alte e la società civile globale che manifesta ogni venerdì nelle piazze per chiedere interventi immediati e giustizia climatica si aspetta che tutti i Paesi si pongano obiettivi ambiziosi resistendo alle pressioni delle lobby delle fonti fossili e trovando il modo di sostenere, anche finanziariamente, la riduzione delle emissioni anche da parte di Paesi cosiddetti in via di sviluppo, in modo da convincerli a rinunciare a una crescita economica basata sull’utilizzo massiccio di petrolio e carbone.