Su Repubblica di oggi è uscito l’ennesimo articolo per screditare il Reddito di Cittadinanza. Nulla di nuovo, se non fosse che questa volta le accuse si appoggiano ad uno studio statistico dell’Osservatorio per i Conti Pubblici di Carlo Cottarelli. Si prova a dare patina di scientificità a quello che rimane un attacco politico in piena regola ad una misura di giustizia come il Reddito di Cittadinanza.
Vediamo di spiegare il perché.
L’Articolo di Repubblica riesce a dire contemporaneamente che le persone che ricevono il Reddito di Cittadinanza sono troppe, ma anche troppo poche. Paradossi filosofici che lasciamo a chi non ha mai avuto il problema di arrivare a fine mese, o pagare una visita per i propri figli. Non vale nemmeno la pena argomentare, tanto è evidente che siamo di fronte a una contraddizione che solo chi vuole attaccare a prescindere può ospitare sulle pagine di un giornale.
Passiamo allo studio dell’Osservatorio di Cottarelli, che parte dal presupposto corretto che il costo della vita non sia omogeneo lungo la penisola italiana. La vita costa di più al Nord e di meno al Sud. Questo significa che 780 euro ad un cittadino del Sud in stato di povertà sono di più, in termini reali, di 780 euro ad un cittadino del Nord. Ad esempio, in molte città del Nord, soprattutto le grandi, gli affitti costano di più.
Se è vero che in media gli affitti e la vita costano di più al Nord, è vero anche che la media non tiene conto delle profonde differenze tra città e città e tra quartiere e quartiere della stessa città.
Chiedete ad un cittadino romano se vivere in centro è uguale a vivere in un quartiere della periferia… e lo stesso si può dire per Milano e per moltissime altre città.
Inoltre, ancora più importante, l’Osservatorio di Cottarelli non considera che al Sud ci sono mediamente meno servizi pubblici e di qualità inferiore. Il cosiddetto salario indiretto, quindi, è più basso.
L’Italia, come noto, è uno Stato unitario ed è compito della Repubblica rimuovere le diseguaglianze di ordine economico e sociale senza distinzione di condizioni personali e sociali (articolo 3 della Costituzione). Tra le condizioni personali ci sono naturalmente anche il patrimonio e la residenza. Se vivo in una città meridionale, è molto più probabile che io non possa accedere ad una istruzione, ad una sanità o a servizi di trasporto all’altezza.
Per queste valide ragioni politiche, che le statistiche, soprattutto se parziali, faticano a fotografare, l’assegno del Reddito di Cittadinanza deve essere uguale al Sud, al Centro e al Nord. Anche perché le statistiche ci dicono che quasi il 40% delle persone che riceve il reddito risiede al centro Nord. Non vogliamo certo tornare al triste esperimento delle gabbie salariali vigenti lungo gli anni ’50 e ’60 e poi abolite negli Anni ’70.
Senza contare l’estrema difficoltà pratica e amministrativa di calcolare ed erogare assegni di valore diverso a seconda della residenza. E poi, se mai lo si facesse, perché calcolare il valore dell’assegno su base regionale e non comunale o addirittura di quartiere? Se avessimo proposto una cosa simile, saremmo stati attaccati a reti unificate h24 rispetto ai criteri scelti.
L’Italia è una e indivisibile e uno deve essere anche il Reddito di Cittadinanza, calcolato in base alla povertà e alla composizione del nucleo famigliare e condizionato a stringenti requisiti di accesso.
Talvolta questi studi statistici dimenticano la realtà. Nel caso del Reddito di Cittadinanza la realtà è che i beneficiari, ad oggi, sono quasi 2,5 milioni di persone che prima si trovavano in stato di povertà. Si può dire qualunque cosa, ma non negare che siamo davanti ad una misura di giustizia sociale, la più grande che il Paese ricordi.
C’era da aspettarsi che gli attacchi più sottili sarebbero arrivati subito dopo la pubblicazione dei primi dati ufficiali che dimostrano l’utilità del Reddito di Cittadinanza nel combattere la povertà. L’Inps, in effetti, parla chiaro: da quando è entrato in vigore il Reddito di Cittadinanza si è registrato un -60% di povertà assoluta, un -8% per quanto riguarda l’intensità della povertà e un -1,5 dell’indice di Gini, il principale indicatore scientifico sulla diseguaglianza di reddito.
Una cosa positiva, riesce ad ammetterla persino “Repubblica”, riportando la ricerca di Cottarelli che afferma che i beneficiari del reddito “sanno di assumersi il rischio di sanzioni pesanti (incluse quelle penali) in caso di controlli”.
Con il Reddito di Cittadinanza abbiamo un’Italia meno povera e più equa, con buona pace di chi userebbe questi soldi a beneficio dei soliti noti.