Il 13 dicembre, prima dell’intervento del governo a tutela dei correntisti e dei risparmiatori di Banca Popolare di Bari, è intervenuta Banca d’Italia commissariando gli organi di amministrazione e di controllo dell’istituto. Tutto a posto? Per nulla.
Il commissariamento era un atto doveroso, ed è stato proprio il MoVimento a chiarire che i vertici di una banca vicina al fallimento dovevano andarsene, ma altrettanto importanti sono i nomi dei commissari chiamati a gestire Banca Popolare di Bari in questa fase particolarmente delicata. E almeno uno di quei due nomi è molto discutibile.
Si tratta di Antonio Blandini, lo stesso che nel 2012 era stato indicato da Banca d’Italia come membro del comitato di sorveglianza nel commissariamento di Tercas.
Perché scegliere proprio Blandini? Come potrà garantire quella indipendenza di giudizio sull’operazione Tercas che oggi è strettamente necessaria?
Già, perché Tercas non è una banca qualsiasi, se è vero che nel 2014 Banca Popolare di Bari la acquistò per salvarla dalle pessime acque in cui navigava e fu proprio da quella operazione sconsiderata che l’istituto pugliese si condannò al declino definitivo.
Banca Popolare di Bari ha subito diverse ispezioni dal 2010 ad oggi e le difficoltà erano note, così come era nota a Banca d’Italia la cattiva gestione da parte dei vertici dell’istituto. E allora perché la stessa Banca d’Italia diede il via libera, nel giugno 2014, all’operazione Tercas?
Le date sono importanti: il 23 ottobre 2013 Popolare di Bari, quando ancora doveva ricevere l’esito di un’altra ispezione di Banca d’Italia, rese pubblica attraverso una lettera l’intenzione di contribuire al salvataggio di Tercas. L’ispezione, poi, si sarebbe conclusa con un esito “parzialmente sfavorevole”, testimonianza del fatto che i problemi di Bari non erano ancora risolti, eppure Banca d’Italia non solo consentì l’operazione Tercas, ma la favorì sbloccando il divieto per la Popolare di Bari di espandersi, un divieto in essere dal 2010.
L’operazione Tercas fu la mazzata definitiva sulla salute già precaria della principale banca del Sud Italia, che si caricò sul gruppone centinaia di milioni di crediti deteriorati e in sofferenza dopo aver sborsato oltre 600 milioni di euro tra nuovo capitale e un prestito all’istituto di Teramo.
Questa storia non può essere risolta nominando commissario della Popolare di Bari proprio colui che rivestì un ruolo decisivo nella gestione del dossier Tercas. Si tratta di una nomina che va contro il più minimo decoro e buon senso politico.
Possibile che Banca d’Italia non possa trovare un nome più adeguato, liberando se stessa e la decisiva funzione di vigilanza bancaria dal sospetto legittimo che ci sia di mezzo qualcosa di opaco?