Il “fil rouge” che unisce tutte le audizioni fatte dalla Commissione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiamata a indagare dopo il crollo del ponte Morandi a Genova è lo scaricabarile. Una catena che vede come protagonista praticamente tutto il gotha dirigenziale di Autostrade per l’Italia.
Eppure, anche tra i dirigenti della controllata dei Benetton, lo spesso muro di omertà eretto dopo il drammatico 14 agosto 2018 in realtà qualche crepa ce l’ha. Nella interminabile sequela di domande non risposte, dei “non so” e dei “non spettava a me”, c’è chi in realtà conferma e certifica la sciatteria dei report e dei controlli sul viadotto poi crollato. Alberto Selleri, responsabile della direzione “realizzazione nuove opere” di Aspi, spedito a Genova per occuparsi della Gronda, nella sua audizione ha dato più di un particolare sugli errori marchiani inanellati in serie da Autostrade e da Spea.
Quanto riportato in questi giorni dal quotidiano “La Stampa” è indicativo. Alla testa di questo “palleggio” di responsabilità c’è l’ormai ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci. Il plenipotenziario della società controllata dai Benetton, rimasto in plancia di comando per mesi dopo il dramma del Morandi, ha scaricato tutte le responsabilità su altri due pezzi grossi della società: il direttore operativo Paolo Berti e il direttore delle manutenzioni Michele Donferri. Entrambi poi licenziati da Aspi. Rimasti sempre muti come pesci di fronte alla commissione del MIT, tranne nel momento in cui c’è stata da scaricare la palla delle responsabilità della sicurezza dei viadotti sui direttori di tronco.
Avanti un altro: Stefano Marigliani, direttore del nodo di Genova.
Con fare ponziopilatesco, pure lui ha declinato ogni attribuzione sul Morandi. Specificando che il committente dei controlli è la struttura di manutenzione della direzione generale di Aspi, mentre la struttura incaricata a farli era Spea, società sempre della galassia Atlantia, sollevata solo poche settimane fa dai compiti di ispezione e controllo sulle infrastrutture controllate dalla holding.
Ed eccoci a Spea Enegineering. Per la sorella minore di Aspi, è stato sentito il direttore tecnico Massimiliano Giacobbi. Che ha confermato come i controlli e i rilievi sul Morandi li ha fatti per anni la stessa Spea, la quale però non aveva tra i suoi poteri quello di programmare interventi di manutenzione o ammodernamento. Quella decisione spettava ai vertici di Autostrade. Altro scaricabarile, insomma.
Arriviamo quindi a Selleri, l’unico che si è preso la briga di spezzare il filotto di silenzi. Avendo lavorato anche in Spea, sa come vanno le cose.
Quando su un viadotto la situazione non quadra, si contatta all’istante Aspi e si segnala la necessità di interventi. Il dirigente è stato sin troppo esplicito nel giudicare i documenti e le schede dei controlli sul Morandi come sovrastimati, in parecchie parti persino in modo assurdo. E ha specificato con dovizia di particolari le tante falle del sistema delle verifiche.
Insomma, un ennesimo indizio delle colpe abnormi che si annidano su tutta la filiera che corre sull’asse Autostrade per l’Italia-Spea. L’ennesima porzione di verità che rende non più rinviabile la procedura che tolga a questi signori questa dorata concessione.