Alla Camera dei Deputati abbiamo da poco votato la conversione in legge del decreto Banca Popolare di Bari (BPB). Ora la palla passa al Senato e poi si potrà procedere al salvataggio dell’istituto pugliese, che è il più grande del Mezzogiorno.
Perdere Banca Popolare di Bari significherebbe condannare le imprese e i lavoratori del Sud Italia ad un futuro nero, con perdite significative per migliaia di obbligazionisti subordinati (oltre 250 milioni di euro di valore), cioè risparmiatori che hanno prestato i loro risparmi alla banca in condizioni di relativa sicurezza e che pagherebbero la gestione disastrosa dell’istituto, caratterizzata dai soliti prestiti politici scellerati e da acquisizioni spericolate, come quella di Tercas, sollecitata dalla stessa Banca d’Italia.
Come MoVimento 5 Stelle abbiamo sempre detto che il salvataggio di una banca è accettabile solo ad alcune precise condizioni:
- azzerare il management responsabile del declino della banca
- evitare il bail-in e tutelare integralmente i correntisti e i risparmiatori coinvolti, a partire dagli obbligazionisti
- garantire la gestione pubblica della banca salvata senza cederla a prezzo di saldo ad altre banche private
Nel caso di Banca Popolare di Bari, così come per Carige, sono state rispettate tutte e tre le condizioni:
- in prima istanza Banca d’Italia ha commissariato l’istituto e ha fatto decadere il Consiglio di Amministrazione precedente;
- in seconda istanza è intervenuto il governo con un decreto che mette a disposizione 900 milioni di euro per Medio Credito Centrale (MCC), la quale è controllata da Invitalia (100% pubblica) e che dovrà intervenire direttamente in BPB attraverso una ricapitalizzazione, che si aggiungerà ad un intervento da 310 milioni di euro del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FIDT), finanziato dalle banche private.
Tutto ciò significa che la banca pugliese non verrà regalata ad un privato ad un euro, come successo per le due banche venete, e non verrà salvata a spese dei risparmiatori, come successo per le quattro banche popolari nel 2015, ma SARÀ GESTITA DALLO STATO attraverso MCC ed Invitalia.
Il decreto, però, va anche oltre:
prevede infatti che MCC venga divisa in due tronconi, uno dei quali deterrà tutte le partecipazioni acquisite, a partire dalle quote di Banca Popolare di Bari. È così che andiamo a istituire quella Banca pubblica di investimenti che avevamo promesso prima delle elezioni del 4 marzo 2018. Si tratta di un istituto che attraverso partecipazioni pubbliche strategiche potrà sostenere l’economia e il credito alle imprese, eventualmente a condizioni agevolate.
In definitiva, con il decreto che stiamo convertendo non solo proteggiamo migliaia di risparmiatori, ma gettiamo anche le basi per un intervento diretto nell’economia italiana a sostegno della crescita e dell’occupazione.