Oggi Matteo Salvini afferma di non essere intenzionato a scappare. E già questa è una novità assoluta, perché a parlare è un soggetto perennemente in fuga.
Se oggi non scappa è perché lo ha già fatto la scorsa estate, quando pur di sfuggire alle sue responsabilità ha fatto cadere un governo, tradendo la fiducia di milioni di cittadini e rischiando di mettere il nostro Paese e la sua economia in ginocchio.
A parole l’Italia è sempre nei suoi pensieri ma, quando si tratta di agire concretamente per il suo bene, è lì che il leghista scappa. Altro che “difendere i cittadini”: Salvini ha sempre difeso sé stesso e i suoi interessi di partito, usando i nostri “confini” a questo scopo.
Quello della Gregoretti è diventato un “caso” per un suo capriccio, una sua esclusiva e personale forzatura: semplicemente voleva orientare il tema immigrazione sul blocco, nonostante fossero stati già compiuti tutti i passi necessari per procedere alla redistribuzione dei migranti.
Nel precedente governo, il MoVimento 5 Stelle ha voluto affrontare fin dall’inizio il grande e complesso tema dell’immigrazione in modo razionale, intervenendo con determinazione e collegialità. In una prima fase abbiamo assunto decisioni anche impopolari, che tuttavia hanno consentito al Presidente Giuseppe Conte di rimettere al centro dell’agenda europea il fenomeno migratorio. Abbiamo costretto l’Unione a prendere atto del fatto che un tema tanto importante non potesse essere delegato al solo nostro Paese, ma che fosse necessaria l’assunzione di responsabilità da parte di tutti, adottando la linea comune della redistribuzione. Abbiamo agito con determinazione, ma rispettando sempre le vite umane, salvaguardando le persone più deboli e garantendo l’assistenza necessaria.
La linea dunque assunta dal Governo ha portato ad un importante cambio di approccio da parte dell’Europa, che non aveva bisogno di inutili prove di forza, quale è stata, a tutti gli effetti, la vicenda Gregoretti, trasformata dall’ex ministro dell’Interno in una brutta pagina di storia per la nostra Repubblica. In tale occasione un membro delle Istituzioni ha utilizzato il suo ruolo a fini di propaganda, di speculazione politica di parte e al contempo a fini personalistici.
Non c’era alcun bisogno di blocchi. Non c’era alcuna necessità di tenere 131 persone per giorni a bordo di una piccola imbarcazione. Quelle 131 persone non stavano attentando alla nostra sicurezza, non costituivano alcun pericolo per i 60 milioni di cittadini italiani.
Ma in quei giorni di luglio Salvini ha provocato ugualmente il blocco, ostentando pubblicamente con orgoglio e fierezza la sua azione, più volte: ha evocato a sé la gestione autonoma della vicenda, rivendicando che a decidere su quanto stava accadendo era lui soltanto. Ha voluto spacciarsi come il capitano, solo al comando. Oggi invece al Senato smentisce sé stesso, cercando di ribaltare la realtà dei fatti. Gioca a fare la vittima, l’incompreso. Non si è fatto nemmeno scrupolo di chiamare in causa i figli, utilizzando la famiglia come un feticcio così come fa con il rosario. I figli lasciamoli in pace!
Ha persino rispolverato parole tanto care a Berlusconi, come “sinistra”, “magistratura”, “eliminazione dell’avversario politico”. Dopo aver ruggito, adesso non riesce nemmeno a produrre un pensiero autonomo. E quel che è peggio è che cerca di mettere cittadini contro cittadini, come tifosi in uno stadio schierati da una parte o dall’altra. Non funziona, non attacca più.
Da mesi il capo della Lega vive in uno stato confusionale, è evidente. Basta ricostruire le sue dichiarazioni: prima rivendica di essere stato lui a decidere sul caso Gregoretti, poi grida al complotto, affermando che si è trattato di un’azione promossa da tutto il governo. Prima dice di volersi far processare, poi non vuole più, poi vuole di nuovo. Ha cambiato idea talmente tante volte che è impossibile capire come la pensi veramente. Anzi, è del tutto inutile. Perché quando si dice tutto e il contrario di tutto significa che un pensiero vero, coerente, non c’è.
Salvini, questa è la tua ultima occasione: per una volta, non scappare. Assumi la responsabilità delle tue scelte, fatti processare e lasciaci lavorare per il nostro Paese senza farci perdere altro tempo.