Coronavirus, ora l’Europa archivi il recente passato e sia vera comunità

di seguito l’intervento su relazione relativa allo scostamento dai precedenti obbiettivi di deficit di Gianluca Perilli, portavoce al Senato del MoVimento 5 Stelle:


L’emergenza innescata dalla diffusione del coronavirus ha messo ancora più a nudo un problema europeo. Un problema che mai come ora il MoVimento 5 Stelle ritiene debba essere trasformato in opportunità di radicale cambiamento.

Oggi siamo qui a discutere delle conseguenze economiche della propagazione del virus. Argomento che, ne siamo tutti consapevoli, non può prescindere dai “volumi” delle soluzioni messe in campo. 

Il Governo ha fatto tutto il possibile per gestire un’emergenza non facile, la cui evoluzione è imprevedibile, con tutte le difficoltà organizzative che ne discendono.

Nelle ultime settimane è stata tempestivamente adottata una serie di decreti legge e decreti ministeriali che hanno fornito risposte di carattere generale e di carattere economico. Altre misure, sempre in campo economico, sono pronte a vedere la luce per mitigare le conseguenze della crisi e proteggere i nostri lavoratori, le nostre imprese e il nostro sistema sanitario. 

E’ in questo quadro che devono essere prese decisioni importanti.

Per questo bene ha fatto il Governo a indicare uno scostamento di ben 20 miliardi dai precedenti obiettivi di deficit, per un totale di risorse stanziate di 25 miliardi. Cifre che corrispondono a più di un punto di Prodotto interno lordo e che in questo momento sono una risposta ineliminabile alle ripercussioni economiche del virus

Queste risorse andranno a ulteriore protezione delle nostre imprese, dei nostri lavoratori, della nostra sanità.

Dobbiamo interpretare il coronavirus come l’elemento grazie al quale l’Europa, già debilitata da altri fattori che ne hanno rallentato la crescita ben prima del virus, prende una volta per tutte coscienza della necessità di cambiare radicalmente modello economico.

I danni all’economia prodotti dal coronavirus, ancora non stimabili, necessitano di interventi economici imponenti. E’ necessario che l’Italia possa mettere in campo cifre ingenti per non lasciare indietro nessun imprenditore e nessun lavoratore. E’ necessario che l’Europa conceda ogni flessibilità possibile nel consentire ai singoli Stati di dotarsi di risposte all’altezza, sino alla messa in discussione, laddove necessario, di alcune alchimie contabili non più al passo con i tempi.

Da questo punto di vista abbiamo ampie evidenze che ci dimostrano come la stessa Unione europea, prima dello scoppio del coronavirus, avesse stilato una diagnosi chiara dei mali economici del Vecchio Continente.

Non si spiegherebbero altrimenti i tanti passaggi dedicati sul punto dalla nuova presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, a partire dal 15 luglio del 2019, quando cioè raggiunse i partiti dell’Europarlamento con una lettera in cui elencava i suoi obiettivi programmatici.

Nel principale passaggio diceva: “Userò la massima flessibilità all’interno del Patto di stabilità e crescita, per una politica fiscale più favorevole alla crescita”.

Ora, il coronavirus non fa altro che enfatizzare quella stessa diagnosi prodotta per una situazione difficile, ma non così difficile come quella attuale.

E alla luce del coronavirus devono essere letti tutti quegli altri percorsi di modifica del modello economico europeo che erano già in corso prima della diffusione del virus e che a maggior ragione adesso devono essere portati avanti con la massima celerità. 

Si pensi soltanto al dibattito sul bilancio 2021-2027 dell’Unione europea, che dobbiamo impegnarci a spingere oltre quell’ “uno virgola qualcosa” del reddito nazionale lordo degli Stati membri che sin qui non ha permesso di trovare un ragionevole punto d’incontro. E’ innegabile che, alla luce delle emergenze del coronavirus, appaiono del tutto fuori fuoco le resistenze avanzate da alcuni paesi del Nord Europa che a questo punto non dovranno più esercitare poteri di interdizione.

Si pensi alla consultazione pubblica avviata a Bruxelles sulla riforma del patto di stabilità e crescita, giustamente ma troppo tardivamente ritenuto un patto complesso e non favorevole a crescita e investimenti.

Si pensi al dibattito sulla riforma degli aiuti di Stato, in passato spesso interpretati come una clava nei confronti dell’Italia. 

Si pensi al dibattito sull’introduzione dei cosiddetti Eurobond, ovvero un meccanismo di debito europeo condiviso per far fronte a investimenti con cui rilanciare la crescita e dimostrare resilienza sempre maggiore nei confronti di potenziali shock esterni. 

Si pensi ancora alla promessa di un maxipiano europeo di investimenti verdi, che dovrebbe produrre e attrarre nei prossimi 10 anni mille miliardi di investimenti pubblici e privati.

Se tutte queste intenzioni erano buone un anno fa, oggi sono indispensabili e l’Unione europea deve assumersi la responsabilità di non perdere un minuto di più nel portare avanti i suoi processi riformatori.

In questo perimetro sarebbe semplicemente inammissibile che, nell’imminente Eurogruppo, si dovesse mettere in cima all’agenda delle decisioni l’approvazione della riforma del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che, così com’è, rischia ancora di rappresentare un’eredità avvelenata di quella stagione contabile e tecnocratica che l’Europa deve archiviare una volta per tutte. Vogliamo ricordare quanto già espresso sulla riforma del Mes da ben due risoluzioni parlamentari che ne hanno fortemente criticato l’impianto. 

Il coronavirus deve suonare come ultima chiamata utile per Bruxelles.

Il MoVimento 5 Stelle si è da sempre battuto per un’Europa che fosse “comunità”, come era scritto nei trattati originari. Oggi abbiamo un’ “unione” europea che tende ancora a essere la somma di convenienze contabili e sterili rivendicazioni.

Dobbiamo archiviare definitivamente questa “unione” e sostituirla con una vera “comunità”.

Era chiaro prima della diffusione del coronavirus, è definitivamente irrinunciabile dopo questa emergenza.