Carissimi,
in questi giorni difficili sento ancora più il dovere di stare vicino a tutti Voi, a tutta la comunità della scuola italiana. La scuola è stata destinataria di una delle prime misure che il Governo ha dovuto varare per fare fronte all’emergenza causata dal Coronavirus; ha dovuto confrontarsi con una situazione inaspettata, rapida e profondamente impattante. La scuola, prima di tanti altri ambiti, ha dovuto imparare a far fronte ad un’emergenza drammatica, non solo da un punto di vista organizzativo, ma anche emotivo. E voglio dire, prima di ogni altra cosa, che sono orgogliosa di come tutto il mondo della scuola italiana, i suoi docenti, i suoi alunni e tutto il personale, abbia reagito ad un evento di questa portata. Sono orgogliosa di tutti Voi, e Vi ringrazio per avere accompagnato ogni decisione, ogni cambiamento, per quanto repentino, con professionalità e umanità.
In questi giorni faticosi penso spesso al suono della campanella. Quel suono a volte fastidioso, ma sempre emozionante, che fino a due anni fa ogni mattina rappresentava per me il vero inizio della giornata: salutare le colleghe e i colleghi insegnanti, il mio dirigente scolastico, il personale ATA, incontrare le studentesse e gli studenti, e quell’aula vuota che in pochi secondi si riempiva di vita, risate, rumore, sguardi assonnati. Penso a quanto possa mancare ora a tutti noi quella campanella. E mi chiedo: se fossi stata a scuola da docente o da dirigente scolastico, cosa avrei fatto io davanti a quest’emergenza che ha sconvolto le abitudini di tutti noi? Mi chiedo che cosa avrei fatto davanti ai volti smarriti degli alunni, alle notizie atroci di studenti che perdono i loro affetti più cari senza nemmeno poterli salutare, a bimbi che non capiscono il perché di tutto ciò, come del resto gli adulti.
Chi fa il docente o il dirigente scolastico sa che c’è una sola risposta possibile. Si sta in ogni modo accanto ai nostri ragazzi, per la piena consapevolezza della funzione che si è chiamati a svolgere, e che va ben oltre l’insegnamento di una materia o la direzione di un’istituzione scolastica. Gli studenti hanno voglia e diritto di andare avanti. I messaggi che mi inviano quotidianamente da tutta Italia dicono questo: hanno bisogno di stare in contatto con i loro “prof” e con i compagni, sono motivati a continuare a crescere e imparare, forse anche più di prima. E vogliono farlo insieme agli altri, nonostante o proprio a causa della distanza fisica e dell’isolamento obbligato.
C’è un’altra scintilla di speranza che brilla nel buio di questi giorni, ed è il rinsaldarsi del rapporto tra scuola e famiglia: si sta sviluppando una nuova forma di cooperazione per mandare avanti la didattica e soprattutto la relazione docenti-studenti. Ciascuno fa il proprio meglio, mette a disposizione tempo e competenze per il bene esclusivo dei nostri ragazzi. La didattica a distanza sta diventando una risorsa (così come lo è sempre stata nella scuola in ospedale) che sopperisce all’impossibilità di fare lezione in presenza, e sta permettendo a docenti, ragazzi e famiglie di riscoprire una vicinanza, una collaborazione ed un’alleanza che sono ancora più preziose di fronte al senso di incertezza che comprensibilmente tutti sentiamo. Anche da questo punto di vista questa pandemia, drammatica, ha portato un cambiamento ispirato dallo sforzo comune per supportare i ragazzi nell’organizzazione dello studio e di una nuova esperienza di vita. Le piattaforme, la didattica a distanza e i libri di testo digitali sono il gesso e la lavagna di questo tempo.
Ai miei studenti ho sempre detto che il diritto all’istruzione non è scontato, che ci sono posti nel mondo dove la possibilità di leggere e studiare è preclusa a bambine e bambini. Per loro che consideravano scontati il suono della campanella e il saluto all’insegnante, era difficile capire fino in fondo cosa volesse dire la negazione di questo diritto. Ora che siamo tutti impegnati a conservarlo, è purtroppo più semplice acquisire la consapevolezza di cosa voglia dire. Una consapevolezza che deve motivare ancora di più tutti: i docenti, in particolare, sono in contatto costante con i loro alunni per farli sentire meno soli e spaesati dinanzi ad un mondo cambiato repentinamente, alla impossibilità di metabolizzare quanto accade, alla rinuncia allo stare insieme, alle passeggiate, al contatto con gli amici.
Avrei fatto anch’io tutto il possibile con tutti i mezzi possibili, come state facendo Voi, cari docenti e dirigenti. Per fare lezione? Non solo per quello. Per accorciare la distanza, per far emergere e condividere le ansie, per far arrivare un abbraccio, seppur virtuale, a ciascuno studente. Non basta quindi dare compiti agli studenti usando il registro elettronico. La didattica a distanza non è ‘disumanizzata’, anzi: da quello che vedo, dai racconti che mi arrivano dalle nostre scuole, la comunità educante si ritrova innanzitutto intorno alle emozioni, al confronto su ciò che stiamo vivendo, ai momenti di silenzio insieme, alle lacrime e ai sorrisi. La scuola è presidio dello Stato.
Sono pienamente consapevole che questo cambiamento repentino non è sempre facile da gestire, che ci sono difficoltà tecniche, logistiche, ma so anche che tutti Voi state facendo il meglio che potete, non solo per portare avanti un programma, ma per trasmettere ai ragazzi, e in generale a tutta la nostra comunità, che si può e si deve guardare avanti, con fiducia, nell’attesa di superare la fase di emergenza. Ed è per questo che si trovano gli strumenti più adatti a stimolare studio e curiosità. Voglio dire a tutte e a tutti Voi, all’intera comunità scolastica, che in questi momenti difficili ciò che guida la nostra azione è il buon senso: i docenti conoscono le loro classi, sanno anche come stimolare e valutare ogni singolo alunno, conoscono il vissuto dei loro allievi, il percorso che hanno fatto.
La didattica a distanza deve tenere al centro l’esperienza e la sensibilità dei docenti, ed è quello che sta avvenendo ogni giorno in più istituti e territori. Così riscopriamo il valore della comunità educante, del confronto costruttivo, che va oltre umane divisioni e personalismi: la scuola funziona grazie all’unione, cooperazione tra le componenti che lavorano insieme a famiglie, studenti e portatori di interessi sul territorio. Questo è il momento di ricorrere alle nostre migliori risorse, perché l’eccezionalità della situazione lo richiede, e so che lo state facendo. Quando si è alla guida di un istituto l’imperativo, come sa bene ogni dirigente scolastico, è quello di tenere unite tutte le componenti della scuola, di stare vicino ad ogni dipendente e ad ogni studente per affrontare insieme il dolore e le difficoltà, di far sentire la propria presenza con discrezione e disponibilità. Così docenti e dirigenti lavorano per rendere vivo e concreto, nell’esperienza di ciascun alunno, il diritto all’istruzione posto dalla nostra Carta tra quelli fondamentali e inalienabili. Siete eroi anonimi, state lavorando con ogni mezzo perché tutti, dai più piccini ai più grandi, non perdano il contatto con la scuola dalla quale, come diceva don Milani “attendono di essere fatti eguali”.
Insieme alle Istituzioni, a tutto il personale sanitario, alla Protezione civile, alle forze dell’ordine, in questo momento anche la scuola è baluardo della democrazia, custode dei diritti ed esempio per i cittadini. Ecco perché la scuola non si è fermata e non si fermerà, ecco il motivo per cui abbiamo messo in campo investimenti sulla didattica a distanza, perché siamo consapevoli che c’è bisogno di sostenere chi parte da una condizione di svantaggio.
Dare risorse alla scuola significa dare speranza ai cittadini. La scuola ha il dovere di arrivare a chi non ha i mezzi e i modi per connettersi con i propri docenti, sia per continuare ad apprendere sia per continuare ad “incontrare” la sua comunità di riferimento, compagni e docenti in primis. Fosse anche soltanto per il buongiorno mattutino, per quella notifica sullo schermo che in questo tempo sospeso sostituisce il suono di quella campanella che ci manca come non mai. Ecco perché voglio dire ancora una volta grazie a tutti i docenti e al personale educativo che sta lavorando con amore per gli studenti. Con un particolare riguardo a chi sta interpretando il doppio ruolo di docente e di genitore: so che con grande dedizione state portando avanti il lavoro scolastico sostenendo anche un carico familiare molto impegnativo.
Sapete, care e cari docenti, come Vi definiscono i Vostri alunni e alunne nei messaggi che mi inviano? “Scudi di quiete nella tempesta che infuria”. Mentre loro, i nostri studenti, si definiscono “monadi senza più finestre”. Hanno bisogno di Voi, lo riconoscono tutti, in tanti modi diversi.
Grazie ai DSGA e a tutto il personale Ata: senza Voi l’anno scolastico non si concluderebbe come invece sta avvenendo, e il prossimo non potrebbe iniziare regolarmente, come sono certa che avverrà. Grazie per la dedizione con cui state portando avanti il Vostro lavoro, fronteggiando le tante difficoltà con il solo obiettivo di consentire ai Vostri istituti di rispettare tutte le scadenze. Grazie ai Dirigenti scolastici, che si sono dedicati anima e corpo ad organizzare e promuovere la qualità dei processi formativi, che lavorano con passione per garantire il diritto all’apprendimento dei nostri studenti anche in un momento così complesso, mostrando grinta e voglia di fare. Voi rappresentate lo Stato sui territori, nelle famiglie, e insieme ai docenti e a tutto il personale scolastico siete il motore della scuola italiana. Grazie anche a tutti coloro che, negli ambiti territoriali e negli uffici scolastici regionali non hanno mai smesso di lavorare: state rispondendo alle esigenze delle scuole e agli stimoli del Ministero dell’Istruzione con grande senso di abnegazione e con la massima serietà. E grazie chiaramente ai dipendenti del Ministero dell’Istruzione che in Viale Trastevere mi accolgono tutte le mattine con un sorriso, non facendomi mai sentire sola.
Un grazie ancora più grande e caloroso va a tutto il personale scolastico, alle famiglie e agli studenti della Lombardia e delle aree più colpite dal contagio. Ho sentito molti di Voi in questi giorni telefonicamente o con videochiamate: so che non basta, e vorrei abbracciarvi tutti uno ad uno. La mia gratitudine è pari solo all’impegno che, umilmente, cerco ogni giorno di profondere per far fronte ad una situazione che richiede decisioni rapide, continue e costantemente in aggiornamento.
Vi saluto con l’augurio che presto la nuova comunità educante che nascerà da questa esperienza, con una ritrovata capacità di far bene, possa stringersi attorno alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi mentre la campanella li chiamerà a tornare in classe.
Un buon insegnante colpisce per l’eternità; non può mai dire dove la sua influenza si ferma.
(Henry Brooks Adams)