In questi giorni così delicati per il nostro Paese, alle prese con la gestione dell’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del “Coronavirus” con tutte le implicazioni che ne conseguono anche sotto il profilo della tenuta economica e occupazionale, si è aperto il dibattito sulla necessità che un’Italia moderna utilizzi finalmente come nuova modalità di lavoro il cosiddetto smart working, ossia il “lavoro agile”.
Nel decreto legge – in via di pubblicazione – licenziato dal Consiglio dei Ministri nei giorni scorsi e recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” è inserito, infatti, un articolo contenente la previsione di strumenti di ausilio allo svolgimento del lavoro agile da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli organismi di diritto pubblico.
E’ questa la rotta che, al di là del periodo emergenziale che stiamo vivendo, abbiamo iniziato a tracciare qualche mese fa quando, da facilitatrice nazionale dell’area tematica “Lavoro e famiglia” del Team del Futuro per il MoVimento 5 Stelle, insieme alla mia squadra ho messo mano alla costruzione di una visione del mondo dell’occupazione al passo con i tempi sempre più veloci e mutevoli.
La società e le strutture del lavoro devono sapersi rapidamente adeguare ai cambiamenti in atto e lo smart working rappresenta una soluzione a cui guardare con estremo interesse perché dalla sua estensione a vari settori potrebbero derivare numerosi ed importanti vantaggi per tutti.
Secondo un rapporto di Variazioni, società di work-life balance, oltre al miglioramento della qualità della vita i lavoratori “agili” otterrebbero un guadagno economico che ammonterebbe ad una busta paga l’anno. Non solo. S’inciderebbe in maniera significativa sulla riduzione dei chilometri macinati per gli spostamenti da e verso l’ufficio e, quindi, sull’impatto ambientale di CO2 nell’aria. A giovarne, inoltre, sarebbe anche l’azienda con un risparmio per buoni-pasto o indennità di trasferta e con un aumento della produttività.
Purtroppo, però, nonostante la legge sul lavoro agile (81/2017) abbia introdotto elementi di flessibilità organizzativa nel nostro mercato del lavoro, lo smart working è ancora poco diffuso e praticato. Secondo i dati raccolti da Eurostat, nel 2018 la percentuale in Italia si ferma al 2%, risultando non solo la più bassa d’Europa (poco sopra Cipro e Montenegro), ma anche la più distante da Paesi come Regno Unito, Francia o Germania.
Dobbiamo, quindi, essere in grado – oggi – di cogliere quest’occasione legata alla contingenza e trasformarla in una grande opportunità per accelerare il processo di riorganizzazione dell’occupazione in chiave “smart”, tenendo in debito conto sia gli sforzi derivanti dai necessari investimenti in tecnologia e formazione sia tutti gli aspetti legati al tema della sicurezza dei luoghi di lavoro.
E’ un appuntamento con la modernità a cui non possiamo arrivare in ritardo o impreparati.