Ieri abbiamo assistito ad una audizione surreale in cui senatori e deputati, a debita distanza e in luoghi diversi, audivano un ministro in videoconferenza. E adesso inizierà l’esame del decreto #CuraItalia.
Il Parlamento continua a lavorare e non è affatto chiuso. Sono ridicole le accuse di assenteisti cronici come Salvini o la Meloni, che in due anni è venuta forse tre volte in commissione.
I parlamentari vogliono e devono lavorare, ma come tutti i cittadini devono anche rispettare le misure di sicurezza sanitaria non per la propria incolumità, come qualcuno vorrebbe far credere, ma per non essere essi stessi veicolo di trasmissione e moltiplicazione del contagio, provenendo da parti diverse del paese, al ritorno nei propri territori.
Non possiamo nemmeno più accettare limitazioni, seppure concordate, della partecipazione. Lo scorso 12 marzo ho partecipato fisicamente alla votazione a ranghi ridotti per autorizzare lo scostamento di bilancio. Fu un voto in emergenza, ma ora l’emergenza è ogni giorno e quella situazione non è ripetibile all’infinito.
Sia chiaro, l’attività parlamentare non è solo un voto, l’attività parlamentare prevede discussione, dibattito, critiche, proposte, incontri, accordi. Per poter continuare questa attività possiamo utilizzare anche gli strumenti che la tecnologia ci concede, come la videoconferenza, come sta già avvenendo.
Sono situazioni straordinarie come queste a imporre il cambiamento.
Scuola e pubblica amministrazione stanno cambiando con didattica a distanza e smartworking. Perché non può farlo anche il Parlamento? Già oggi è possibile inviare proposte di legge, atti di sindacato ispettivo, emendamenti da remoto, quindi è già realtà.
Domani il Parlamento Europeo terrà la sua prima sessione plenaria con il voto a distanza sulle misure contro il coronavirus. Altrettanto ha già deciso di fare il Parlamento spagnolo e da venerdì scorso un sistema di votazione e discussione remota è stato introdotto anche in Brasile al Senato. Inoltre l’articolo 73 del decreto Cura Italia consente a consigli e giunte comunali di riunirsi in videoconferenza.
Insomma il mondo si sta muovendo verso soluzioni che garantiscano la tutela della salute, da una parte, e la garanzia delle prerogative parlamentari dall’altra.
A noi non interessa la polemica su Parlamento aperto o chiuso. Siamo sempre stati la terza via ed è per questo che crediamo che all’Italia serva solo un Parlamento connesso. Dobbiamo lavorare in questa fase con lo stesso spirito di semplicità e di servizio con cui operano tanti sindaci e tanti consiglieri comunali.
Probabilmente non bastano solo strumenti o mere soluzioni tecnologiche, probabilmente serviranno anche modifiche legislative, regolamentari o addirittura costituzionali per poter realizzare tutto questo, ma non possiamo permetterci di perdere altro tempo.
Le presidenze di Camera e Senato dovrebbero convocare un tavolo tecnico presso la Giunta per il Regolamento per individuare un sistema sicuro ed efficiente, capace di replicare in ambiente digitale l’organizzazione dei lavori in aula e in commissione, nonché le eventuali modifiche normative necessarie, se necessarie.
Aprirsi al cambiamento non significa tradire principi e valori della Costituzione e dei regolamenti parlamentari, pensati in altri tempi.
La politica e le istituzioni devono avere il coraggio di affrontare situazioni nuove e impensate con soluzioni inedite e comunque temporanee. Abbattiamo resistenze e conservatorismi.
Viviamo fino in fondo democrazia e partecipazione anche in questo tempo difficile.