La necessità di cambiare il modo in cui produciamo e utilizziamo l’energia ci porta a esplorare sempre nuove soluzioni. Tra queste, una di grande interesse è quella di utilizzare l’energia del mare.
Le stime, a livello globale, indicano un potenziale teorico che supera di gran lunga l’attuale fabbisogno energetico mondiale; per il solo continente europeo, si parla di circa 100 GW di capacità installata al 2050, pari al 10% dei consumi finali di elettricità, una quantità sufficiente a soddisfare il fabbisogno elettrico giornaliero di circa 76 milioni di famiglie.
Lo sfruttamento dell’energia marina è a uno stadio meno avanzato rispetto a quello di altre tecnologie alimentate a fonti rinnovabili, quali eolico e solare ma, proprio in virtù del suo potenziale, è tra quelle più oggetto di sperimentazione.
I sistemi di conversione dell’energia marina presentano un maggior grado di complessità tecnica e devono essere in grado di funzionare anche in difficili condizioni operative, come durante le tempeste e le mareggiate. Inoltre, al fine di stimare le risorse disponibili sono in continuo perfezionamento e miglioramento i modelli di calcolo previsionali, fondamentali per la valutazione dei siti dove installare gli impianti e valutare i ritorni economici legati alla produzione di energia elettrica.
Le soluzioni tecnologiche sono svariate: sfruttano il moto ondoso, le maree o le correnti marine oppure utilizzano i gradienti di temperatura o le differenze nel grado di salinità.
Focalizzando l’attenzione sul moto ondoso, è noto che questo è determinato dall’effetto del vento sulla superficie del mare ed è caratterizzato da un’alta densità energetica. Nel nostro Paese sono presenti 8.000 km di coste, bagnate da onde di piccola altezza la cui stima del potenziale energetico presenta un valore medio vario compreso tra 2 e 12 kW/m a differenza del mare del nord in cui si possono raggiungere valori compresi tra 20 e 30 kW/m o degli oceani in cui a largo delle coste si arriva anche a 70 kW/m.
Recenti sviluppi tecnologici hanno evidenziato come sia possibile sfruttare al meglio questo tipo di risorsa attraverso nuovi dispositivi in grado di convertire efficientemente l’energia in funzione delle caratteristiche delle onde, specie in condizioni climatiche meno critiche e più stabili rispetto agli oceani.
Gli impianti da moto ondoso possono essere al momento classificati in sistemi oscillanti sommersi, posizionati sul fondale marino, sistemi oscillanti con apparati galleggianti che sfruttano il movimento delle onde del mare in superficie e sistemi a colonna d’acqua oscillante (OWC), generalmente realizzati da strutture in acciaio o calcestruzzo posizionate lungo la costa e solo in parte immerse nel mare.
Gli impianti galleggianti hanno il vantaggio di adottare soluzioni tecnologiche a basso impatto ambientale, prive di rumore che possa interferire con la fauna marina, e facilmente integrabili a piattaforme off-shore, mentre lo sviluppo dei sistemi di conversione energetica di tipo costiero può avere una valenza significativa per la riduzione dei fenomeni di erosione e si prestano all’installazione nelle aree portuali.
Queste tecnologie sono allo stato attuale in fase di ricerca e sviluppo o in uno stadio di prototipo dimostrativo pre-commerciale. Tuttavia, come visto, nell’ultimo decennio sono stati compiuti importanti progressi e tra i tanti prototipi vale la pena citare l’ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter), un’unità galleggiante modulare in grado di adattarsi alle differenti condizioni marine. Un prototipo dimostrativo, di 50 kW di potenza, è stato installato da Eni nelle acque a largo di Ravenna e sembrerebbe dare ottimi risultati. Il macchinario, basato sulla tecnologia di uno spin-off del Politecnico di Torino, è composto da una struttura flottante, ormeggiata al fondale, al cui interno è installato un giroscopio che convoglia l’energia estratta dai movimenti oscillatori delle onde marine su un unico asse di rotazione su cui è installato un generatore elettrico.
Lo sfruttamento di energia dal moto ondoso potrebbe diventare strategico per il nostro Paese, in particolare per la produzione di energia nelle isole minori, molte delle quali non collegate alla rete elettrica nazionale e dove l’approvvigionamento energetico è realizzato con centrali termoelettriche convenzionali.
Nel 2019 Eni, Cassa Depositi e Prestiti, Fincantieri e Terna hanno stipulato un’intesa che pone le basi per lo sviluppo e la realizzazione di questo tipo di impianti in scala sempre più grande, al fine di superare la scala prototipale e ridurre notevolmente i costi di produzione.