Le matricole iscritte agli atenei statali per l’anno accademico 2019/2020, il 31 dicembre scorso erano 264.639, contro le 266.532 del 2018/19, con un calo dello 0,7%.
Anche nelle università non statali lo scorso anno ci sono state 17.835 nuove iscrizioni a fronte delle 20.215 del 2018/19. In un Paese come l’Italia che, annuario statistico Istat alla mano, registra più cittadini con la licenza elementare (il 17% degli over 15) che con la laurea (il 14,7%) questo dato è preoccupante, ancor in virtù delle conseguenze che ci si può aspettare dopo questi mesi di emergenza sanitaria.
Secondo il Rapporto 2020 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati, presentato dal Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea, dopo il calo vistoso perdurato fino all’anno accademico 2013/14, dall’anno accademico 2014/15 si è osservata una ripresa delle immatricolazioni, confermata anche negli anni successivi, che sono arrivate nel 2018/19 a +11,2% rispetto al 2013/14. Nonostante ciò, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, registrando una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni risulta più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti, con evidenti rischi di polarizzazione.
Secondo lo stesso rapporto, infatti, il contesto familiare ha un forte impatto sulle opportunità di completare il percorso di istruzione universitaria: fra i laureati, infatti, si rileva una sovra-rappresentazione dei giovani provenienti da ambienti familiari favoriti dal punto di vista socio-culturale. In particolare, si osserva che chi proviene da famiglie più svantaggiate, non solo in termini economici ma anche a livello di istruzione dei genitori, studia per meno anni e anche quando arriva a iscriversi all’Università sceglie corsi di laurea più brevi.
In questo scenario caratterizzato da un protagonista inatteso, il coronavirus, è sempre il contesto a lasciare il segno e cresce la possibilità che le asimmetrie e le disuguaglianze si amplifichino.
Il ministero dell’Università e della Ricerca ha fatto quindi alcune stime, tenendo come riferimento la profonda crisi del 2008-2014, e ha calcolato una possibilità di caduta fino al 20% delle matricole delle università italiane per il prossimo anno accademico. Il 20%, tra l’altro, è la perdita registrata in tutto il quinquennio 2008-2013.
Per questo abbiamo previsto nel decreto Rilancio l’aumento di fondi per ampliare il numero degli studenti che beneficiano dell’esonero, totale o parziale, dal pagamento del contributo onnicomprensivo annuale, la cosiddetta no tax area, attualmente prevista totalmente per gli studenti meritevoli che appartengono a un nucleo familiare con ISEE fino a 13.000 euro e con esonero parziale con ISEE fino a 30.000 euro.
C’è poi un incremento del Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio per gli studenti capaci e meritevoli che sono risultati idonei ad ottenere i benefici, ma non assegnatari della borsa per la carenza di fondi. Si prevede di azzerare questo fenomeno, portando ad uno il rapporto tra idonei e beneficiare e di utilizzare le somme restanti per sostenere gli eventuali ulteriori interventi promossi dalle regioni in favore degli studenti che, in conseguenza della emergenza epidemiologica da COVID-19, risultino esclusi dalle graduatorie regionali per le borse di studio per carenza dei requisiti di eleggibilità collegati al merito.
Per quanto riguarda l’aumento del numero dei contratti di formazione specialistica dei medici, per contrastare il famoso imbuto formativo, saranno 4.200 i nuovi specializzandi per ciascuno degli anni 2020 e 2021, tenuto conto del costo annuo lordo di una borsa di studio, pari a 25.000 euro, che aumenterebbe a 26.000 euro, a partire dal terzo anno fino alla conclusione del ciclo di studi (anni 2022-2024). Questo aumento si aggiunge a quello della legge di bilancio 2019 che aveva già previsto un incremento a regime stimato in 900 borse di specializzazione.
Dal 2013, infatti, il numero dei contratti per la formazione specialistica è inferiore rispetto a quello dei medici laureati ed abilitati ed anche a quello del fabbisogno espresso dalle Regioni. I neo laureati esclusi ritentano il concorso negli anni successivi, realizzandosi così un aumento progressivo sia del numero di candidati che di esclusi dalla formazione specialistica che entrano in un imbuto formativo che si è progressivamente allargato.
Attualmente ogni anno in Italia circa 9.000 studenti si laureano in Medicina e Chirurgia e l’unica modalità di accesso al mondo del lavoro stabile è quella di conseguire un titolo di formazione post lauream in uno dei rami della medicina specialistica o in medicina generale. Il numero di borse a disposizione ogni anno è stato, al contrario, circa 7.000. Dal 2019/2020 le borse finanziate a livello nazionale sono diventare circa 10.000 con altre borse finanziate dalle regioni.
Con questo ulteriore intervento si inverte finalmente in modo stabile il trend che ha portato ad avere circa 20.000 laureati ingabbiati nel limbo formativo, rendendo il numero di borse disponibili saldamente superiore ai laureati dell’anno.
Un analogo problema è dato dalla formazione specialistica per laureati non medici dell’area sanitaria, giovani che hanno completato il loro percorso di laurea in, ad esempio, veterinaria, odontoiatria, farmacia, biologia, chimica, fisica e psicologia che necessitano di un titolo di specializzazione per poter trovare un’occupazione nel sistema sanitario nazionale ma finora senza una borsa di studio o un rimborso spese.