Il futuro è prevedibile fino a quando accade l’imprevedibile.
Dopo il Covid-19, la storia ha messo il fast forward di 10 anni. E il cambiamento è arrivato prima ancora di poter essere capito.
Come successe nell’ottobre del 1582, quando per adottare il calendario gregoriano il Papa ordinò di saltare 10 giorni del mese. Fu il mese più corto della storia: 21 giorni. Anche allora i lavoratori ricevettero paga piena per il periodo mai vissuto, come nel 2020 con il lockdown del Coronavirus le aziende e lavoratori furono sostenuti per il tempo di reclusione forzata in casa.
I popoli hanno sempre cercato di sincronizzare il loro tempo per sentirsi più uniti.
Iniziò forse Augusto nel 18 a.C a sancire il riposo per tutto il mese di agosto dopo la mietitura e prima della nuova semina. Quattrocento anni dopo, l’Imperatore Teodosio rese obbligatorio il riposo la domenica iniziando a dare un ritmo settimanale.
L’agricoltura ha dato il ritmo dei mesi alla società, la religione quella dei giorni.
Il naufrago Robinson Crusoe, appena approdato sull’isola, si costruì come prima cosa un calendario, per sapere quando fosse domenica e sentirsi parte della comunità da cui era stato separato.
Abbiamo dovuto aspettare i mass media del ‘900 per essere ritmati dalle ore del giorno, con l’ora di punta per andare al lavoro e il prime time per guardare lo stesso film in milioni di persone. Poi sono arrivati i social media a sincronizzarci in tempo reale con risposte o like anche dopo pochi secondi. Ci sentivamo cittadini del mondo, perché eravamo comunità nello stesso momento.
Nel 2030 di colpo non è più il tempo che ci sincronizza, ma il parlare degli stessi temi in tutto il mondo con i social media. Abbiamo creato una società che elabora i pensieri all’unisono.
La società è diventata asincrona. Il prime time televisivo era già stato sostituito dalla possibilità di vedere Netflix o Prime Video quando ci pareva. Alle telefonate preferivamo un messaggio su Whatsapp. Dopo il grande salto, con gli orti verticali casalinghi possiamo coltivare i cibi che preferiamo in una perenne primavera. Le vacanze non sono più tutte ad agosto. Anche l’orario di punta non esiste più. Il lavoro a distanza che prima del 2020 era stato sperimentato da metà degli impiegati negli Stati Uniti e solo dal 5% in Paesi come l’Italia, dopo la pandemia diventa la norma e poi un diritto del lavoratore. Tutti i lavori “fisici” di massa vengono automatizzati e di colpo magazzinieri, cassieri, autisti e persino addetti alla produzione, se non ancora sostituiti da un robot, lo eseguono da remoto.
I bambini non vanno più a scuola tutti assieme, ma seguono la didattica capovolta, dove le lezioni frontali si fanno online nel tempo più comodo per tutti e di persona si fanno i laboratori per mettere in pratica le conoscenze apprese.
Il concetto di orario di sportello nel quale poter accedere ai servizi viene meno. Le città e gli Stati diventano self service, online. Il nuovo passaporto digitale riconosciuto dall’ONU permette a qualunque cittadino del mondo di identificarsi in remoto e accedere ai servizi a cui ha diritto, quando vuole. Nel 2054 cade anche l’ultima sincronizzazione di massa che ci portavamo dietro come civiltà. Con il costo dell’energia arrivato a zero, ognuno decide quando dormire, chi si ispira al metodo polifasico di Tesla e Leonardo da Vinci con riposi ogni 4 ore, ma senza la notte e chi a Einstein dormendone 11 di fila.
Al centro della discussione non c’è più il palinsesto imposto dai mass media e dalla società, ma ci sono le comunità di interessi. Sono le idee che battono il tempo, e non è più il tempo che regola la società.
La stessa economia è cambiata. I modelli di business dopo il 2020 sono tutti orientati alla resilienza. Il simbolo del successo di un’azienda era l’unicorno per la sua velocità e unicità, ora è il cammello per la sua capacità di attraversare lunghi periodi difficili.
I modelli basati sull’efficienza vengono meno, la cosiddetta sharing economy si ferma anche a causa della diffidenza maturata nelle persone nel toccare cose altrui e viene sostituita dalla resilient economy. Una economia basata su un tempo continuo, su flussi e non su singole transazioni. Il detersivo e il muesli arrivano a casa quando servono e non ci si deve ricordare di metterli nella lista della spesa, l’energia utilizzata in casa viene contrattata continuamente da parte dei nostri agenti virtuali che scelgono l’energia meno costosa e più in linea con l’ambiente o barattano quella in eccesso creata dalla casa per altri servizi.
Il lavoro a distanza non è compatibile con i sistemi tradizionali gerarchici basati sul controllo e le aziende iniziano a reinventarsi sulla base di modelli organizzativi olocratici, con responsabilità di gestione distribuita. Le multinazionali protagoniste del ‘900, vengono superate dalle federazioni di aziende basate sul concetto di resilienza e collegate da tecnologie come la blockchain che fa da garante per tutte.
Si diffonde un nuovo tipo di impresa, la B-corp, Benefit Corporation, non incentrata sulla distribuzione dell’utile per l’azionista, ma sul valore per gli stakeholder. Il focus è sul valore che l’azienda dà alla comunità. Viene così superato anche il PIL per misurare le economie degli Stati, che non arriva a festeggiare i cento anni dalla sua adozione nel 1944.
Il nuovo indice è il valore dello Stato, il valore della comunità per i suoi cittadini. Scelte come l’energia rinnovabile diventano strategiche per l’occupazione, ma anche per la resilienza dello Stato. Le case diventano a energia negativa e vendono quella in eccesso agli impianti produttivi.
La tecnologia ha accelerato tutto. E tutto ha superato il tipping point, il punto critico di cambiamento, in un solo anno. La legge di Moore del ‘900 regolata dal tempo per la quale la velocità dei processori raddoppiava ogni anno e mezzo, è superata negli anni 2000 dalla legge di Wright per la quale non è più il tempo, ma l’adozione di una tecnologia da parte delle persone a farne diminuire il costo esponenzialmente. Il Coronavirus ha costretto a reinventare la prossemica, ossia la gestione dello spazio personale e sociale, i trasporti cittadini e soprattutto ha reso vantaggioso vivere fuori dalle metropoli con il conseguente crollo dei valori immobiliari e la sparizione del concetto di periferia urbana, con il rilancio del valore delle piccole realtà cittadine.
Gli Stati che non hanno avuto il coraggio di cambiare vengono chiamati i Paesi del Terzo Tempo.
Si sono adagiati nel passato, sovvenzionando la vecchia idea di lavoro, e si sono trovati fuori dalla nuova economia con tassi di disoccupazione insostenibili che portano a perenni tensioni sociali e emigrazioni di massa. Hanno una distribuzione della ricchezza che non ha più la forma a campana con pochi poveri e pochi ricchi, ma quella dell’elefante con tanti poveri e pochi ricchi, senza più classe media.
Gli Stati Uniti hanno dovuto costruire da zero uno stato sociale che possa evitare alle persone di scegliere se mangiare o se curarsi. La Cina ha dovuto cedere il controllo centralizzato sull’economia per renderla distribuita e durevole.
Gli Stati che si erano preparati investendo in resilienza tecnologica come Estonia e Corea del Sud hanno invece fatto il cosiddetto salto della tigre e si sono trovati a trainare la nuova idea di evoluzione. Con filiere a livello infraregionale e non più mondiali, con investimenti in settori come la decarbonizzazione dell’energia e le reti energetiche intelligenti che hanno creato milioni di posti di lavoro a livello mondiale e introducendo anche nuovi diritti di cittadinanza digitale come il diritto per tutti di avere la connettività a banda ultralarga e l’accesso alla decodifica del proprio DNA per prevenire malattie in modo mirato.
Ogni civiltà ha sempre calcolato il tempo a partire dal suo inizio. Dopo 1278 anni dalla fondazione della città di Roma un monaco definì un nuovo punto di partenza, la nascita di Gesù. Era il 525 d.C. e da 1500 anni usiamo questo sistema basato su un riferimento religioso. Come Il mondo islamico usa il momento in cui Maometto lascia la Mecca. Come il mondo ebraico la nascita della Terra secondo la Bibbia.
Nel futuro il tempo ha un nuovo inizio.
Lo spazio mentale delle persone non è piú occupato dalla scansione del tempo, ma da quella delle idee che solo una civiltà interconnessa riesce a comprendere.
Ogni tempo inizia dall’ultima idea che non abbiamo ancora realizzato.
L’uomo è di nuovo padrone del proprio tempo.