La scuola non si ferma, perché non può fermarsi! Anzi, la scuola oggi si rilancia in una nuova sfida per il futuro dei nostri figli che da settembre riprenderanno la corsa lasciata sospesa a causa di un virus invisibile che ci ha tolto molte, troppe cose. La scuola, quella in presenza, fatta di insegnanti di ruolo e precari, studenti, genitori, collaboratori, è stata catapultata, in tempi straordinariamente rapidi, in un modello educativo alternativo.
Un intero sistema scolastico è confluito, in poco più di 24 ore, in un piccolo acronimo: DAD (didattica a distanza). La scuola si è trovata svuotata: spazi silenziosi, cattedre vuote, banchi ordinati e lavagne pulite. Niente più schiamazzi, niente campanelle, niente corridoi animati. Si è passati, ex abrupto, dal tangibile all’astratto, dalla presenza al remoto, immersi in un mondo totalmente altro.
La DAD è stato un banco di prova importante per sperimentare quei modelli alternativi di didattica da anni teorizzati, ma mai attuati. E ha dato un’accelerata altrimenti impensabile al processo di digitalizzazione in ambito scolastico. Docenti e studenti improvvisamente hanno fatto un eccezionale salto che li ha visti protagonisti di un insegnamento e un apprendimento che ha richiesto nuove regole per tutti (anche se poi non tutti sono stati nelle condizioni di adottarle!).
La DAD, unica forma possibile attraverso cui “fare didattica” nella fase di pandemia, è coincisa con la Scuola “dell’emergenza”, la Scuola del “non abbandono”, la Scuola “della risposta” che ha consentito di entrare nelle case, di raggiungere gli alunni lì dove si trovavano. Quel “dove”, inteso non solo come luogo fisico, ma anche e soprattutto come contesto affettivo-emotivo, familiare, sociale, investito di un nuovo ruolo, è divenuto mediatore di cambiamento, in meglio o in peggio tutto da verificare.
L’emergenza COVID-19 ci ha condotti verso una “nuova scuola”, ma la DAD ha dimostrato che, per quanto la tecnologia possa promuovere vantaggi, la dimensione umana rimane la linfa per ogni rapporto educativo. Ha dimostrato che la presenza in aula di un docente non potrà mai essere sostituita da un fermo immagine virtuale trasmesso su uno schermo.
Come spesso accade nei momenti di crisi, bisogna cogliere le opportunità di cambiamento che questi comportano. E così, davanti a dei modelli di insegnamento che non potevano più essere quelli tradizionali, agli insegnanti è stata richiesta inventiva e creatività. È stato chiesto loro di osare, di sperimentare, di intervenire, come direbbe Schön, richiedendo al professionista riflessivo di essere non più rigoroso ma pertinente, mediando tra nuove istanze, nuovi bisogni, nuove risposte. Non si poteva più adottare sic et simpliciter la didattica d’aula, più che mai erano richiesti gli EAS (episodi di apprendimento situato) o la flipped classroom (classe capovolta) solo per citare due modelli innovativi di fare scuola.
Diverse testimonianze hanno affermato che la DAD ha tolto opportunità a quegli alunni privi di strumentazione adeguata, anche in termini di connessione o di ambienti idonei e riservati, utili per seguire il percorso educativo con la necessaria concentrazione e attenzione. Ha tolto tanto agli alunni disabili spesso impossibilitati ad accedere alle risorse comuni perché impotentemente lasciati fuori.
E questi episodi di esclusione involontaria si sono verificati nonostante i grandi sforzi del Governo che, per supportare il nuovo modo di “fare scuola” dettato dall’emergenza coronavirus, ha stanziato subito 85 milioni di euro e poi un piano da oltre 400 milioni per potenziare la connettività delle scuole. In particolare, i fondi sono stati destinati a dotare le scuole di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o per potenziare quelli già in dotazione; a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme nonché per la necessaria connettività di rete e a formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.
Ma come in un gioco di squadra, la partita si vince solo grazie all’intesa di tutti i giocatori in campo. La DAD ha infatti mutato il rapporto scuola-famiglia, attribuendo ai genitori un ruolo partecipativo che li ha resi protagonisti attivi nel percorso formativo dei propri figli. Allo stesso tempo, gli insegnanti non hanno mai lasciato soli genitori e alunni, che al contrario hanno goduto di comprensione, confronto e sostegno. I docenti hanno capito le difficoltà dei genitori e li hanno aiutati a superarle, hanno promosso il confronto per migliorarsi e per permettere ai genitori stessi di migliorarsi a loro volta sostenendoli in ogni momento di difficoltà.
Ecco perché oggi, chiuso questo delicato, surreale e inconsueto anno scolastico possiamo affermare di essere stati testimoni di un sistema che, nonostante le inevitabili criticità, ha funzionato. E per questo occorre esse grati a tutti coloro che hanno accolto la sfida assumendola come compito.
#LaScuolaNonSiFerma è stato lo slogan che ci ha accompagnato in questi mesi, dimostrando che il mondo della scuola, anche in un momento così difficile e imprevedibile, vuole andare avanti. E lo farà sempre, garantendo con orgoglio e determinazione a tutti gli studenti, nessuno escluso, il diritto allo studio.