Idee ribelli che possono rendere straordinario il nostro Paese: Servizio Ambientale

Le idee ribelli sono le idee che possono rendere straordinario il nostro Paese e che si ribellano alla quieta disperazione del non cambiare nulla. Le idee ribelli si compongono di due parole dove ribelle è l’aggettivo come: Identità Digitale, Acqua Pubblica o Reddito Energetico.

Il 25 e 26 luglio nel corso del Villaggio Rousseau – Le Olimpiadi delle Idee racconteremo le prime idee ribelli e daremo spazio a chi avrà deciso di proporne di nuove. Compito di chi si proporrà come custode di un’idea ribelle sarà quello di promuoverla, ma anche e soprattutto di creare la consapevolezza che il tempo per quella idea è oggi. Proponi la tua idea ribelle e registrati per partecipare allo Spazio Idee Rousseau!


 

 

 

Ciao a tutti, oggi con il Dott. Lapo Sermonti parliamo di un’idea che ci è venuta: parliamo del Servizio Ambientale. 

Iniziamo con alcuni dati, partendo dalla disoccupazione giovanile in Italia. I dati sono pre-Covid quindi pensiamo che possano addirittura peggiorare. 

La disoccupazione giovanile in Italia nella fascia tra i 20-24 anni è del 27%; del 30% nella fascia 25-29 anni con punte superiori del 40% per quanto riguarda i giovani tra i 18 e i 29 anni in Regioni come Campania, Calabria e Sicilia. Un altro dato allarmante che si collega alla proposta di servizio ambientale è la media del costo annuo dei danni causati dal dissesto idrogeologico: sono pari a 3,5 miliardi di euro all’anno.

Sono state censite 900 mila frane di cui due terzi riconducibili all’Italia. Noi abbiamo quindi un problema enorme di dissesto idrogeologico e di vulnerabilità del nostro territorio e, contestualmente, un dramma relativo alla disoccupazione giovanile che appunto pensiamo possa peggiorare, se pensiamo che quest’estate alcuni lavori stagionali andranno a calare. Per questo mi è venuta questa idea, studiando le azioni politiche dopo il crollo della borsa di Wall Street, dal Presidente degli Stati Uniti d’America Franklin Delano Roosevelt, copiando l’idea del Civilian Conservation Corps.

Un programma statale pubblico di lavoro che negli USA fu implementato negli anni successivi al crollo della Borsa che permise di finanziare decine di migliaia di interventi di messa in sicurezza del territorio, attraverso la costituzione di squadre di lavoro di persone che erano rimaste senza lavoro a causa della crisi del ‘29. Sulla base di questo, sulla base della problematica enorme relativa non soltanto al dissesto idrogeologico ma appunto alla mancanza di sicurezza sul territorio, abbiamo pensato di sviluppare questa idea, ovvero, la realizzazione di un programma statale di sostegno al lavoro e di finanziamento di questo programma che potrà dare centinaia di migliaia di giovani italiani.

Nella maggiore delle ipotesi vorremmo coinvolgere 200 mila giovani all’anno, iniziando a sviluppare un programma per i prossimi 3 anni, con l’obiettivo di garantire lavoro ai nostri ragazzi e allo stesso tempo organizzare decine di migliaia di interventi su tutto il territorio nazionale, con una priorità sui territori demaniali. Interventi che saranno di lotta al dissesto idrogeologico ma anche di lotta ai cambiamenti climatici. Non abbiamo la certezza che l’ultimo disastro relativo a Palermo sia imputabile ai cambiamenti climatici ma siamo convinti che i cambiamenti climatici moltiplicheranno questi eventi. 

Lapo Sermonti è un giovane italiano esperto di cambiamenti climatici e lavora nelle Nazioni Unite, lascio la parola a lui così ci spiega come ha sviluppato questa nostra idea del servizio ambientale e quali sono gli obiettivi e quali saranno le attività. 

«Grazie Alessandro. Lavoro per le Nazioni Unite e mi occupo di cambiamento climatico e procedure di impatto ambientale. Di base mi accerto che i progetti di sviluppo agricolo nelle Nazioni Unite prendano in considerazione tutti i rischi del cambiamento climatico. 

Secondo l’agenda 2030, che stabilisce l’obiettivo dello sviluppo sostenibile, ci sono 17 obiettivi. La performance italiana è relativamente buona. C’è un obiettivo specifico che non solo ha una pessima performance ma sta peggiorando molto velocemente: questo è l’obiettivo numero 15, quello relativo al suolo, del rischio idrogeologico della frammentazione del territorio. Tutte le proiezioni del cambiamento climatico fanno presupporre che questa fragilità dei territori rischia di aumentare i costi di gestione.

Come nasce allora la nostra idea? Tutte le attività sono estratte dal Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico. Questo documento lo ha sviluppato il Centro Euro-Mediterraneo per il cambiamento climatico e stabilisce 370 azioni. Naturalmente non tutte queste azioni possono essere implementate dagli operatori senza una adeguata preparazione, ma abbiamo constatato che di queste, 105 possono essere implementate. Di base queste possono essere divise in 9 categorie. Per esempio la gestione delle foreste, l’agricoltura, il degrado del territorio e la siccità, il dissesto idrogeologico, gli ambienti marini, le zone costiere.

Abbiamo stabilito 3 tipologie di interventi. Sostanzialmente sono tutte quelle che hanno come soluzioni la natura, come andare a pulire i canali dei sistemi di irrigazione, fare le connessioni ecologiche tra i vari parchi. Le azioni sono numerosissime. Abbiamo anche abbozzato un sistema di governance: l’obiettivo del servizio civile ambientale non è quello di creare un carrozzone, perché possono nascere da queste attività numerosi conflitti di attribuzione. Per questo abbiamo parlato con gli enti che ci supporteranno in questo percorso come il Ministero dell’Ambiente, dell’Agricoltura, Ispra, solo per citarne alcuni. I feedback sono ottimi, l’idea funziona.

Siamo giunti alla conclusione che per rendere questo sistema facilmente operativo dobbiamo minimizzare le operazioni burocratiche. Il servizio civile ambientale è impostato sulla fornitura di un supporto lavorativo dove lo Stato finanzia gli operatori e gli enti accreditati – che sono quelli che hanno la responsabilità di fare queste azioni – fanno richiesta di operatori. Il Ministero dell’Ambiente rilascia questi operatori e si occupa solamente dell’ispezione e della supervisione. 

Un esempio potrebbe essere quello dei muretti a secco di Ponza che ora sono in un forte stato di degrado e qualora ci fosse una pioggia torrenziale vari crinali rischiano di crollare sulla città. La responsabilità di questi muretti a secco ora è del comune di Ponza. Questo può fare una richiesta al Ministero dell’ambiente dicendo: mi servono 200 operatori per un anno e a supporto del Comune per rimettere a posto i muretti. Il Ministero dell’ambiente valuta questa proposta, rilascia gli operatori e questi ragazzi fino a 32 anni dovranno prestare servizio per il Comune di Ponza.

L’ente accreditato deve farsi carico di tre cose: l’assicurazione degli operatori, la formazione e l’alloggio. I pro sono tanti, basti pensare alla coesione nazionale nel raggiungimento di un obiettivo comune »

La costruzione di un’identità nazionale ambientale. La nostra idea serve a rilanciare le microeconomie come quelle a rischio spopolamento. Anche per determinati studi che abbiamo fatto, consideriamo un valore aggiunto, forse proprio il Covid ci aiuterà a costruire un futuro basato sui piccoli centri urbani. Leggevo degli studi fatti anche da Davide Casaleggio, legati alla deurbanizzazione delle metropoli. I piccoli Comuni sono sempre più in mano anche alla criminalità e sono negatività da contrastare nella nostra idea.

La prima volta che ne ho parlato con Lapo – che poi l’ha fatto il lavoro grande di scrittura del progetto – mi ha detto “che figata!”. E ancora, ascoltandolo, pensavo appunto a questi giovani che se ne vanno 10 mesi l’anno in una realtà, si conoscono, lavorano in questo comune, fanno lavori socialmente utili e utili per l’ambiente. Contribuiscono anche a migliorare l’economia del posto di lavoro dove vanno a lavorare, insomma, è veramente una figata anche per loro. Giovani che, anziché parlare soltanto di ambiente, fanno delle azioni utili, producendo poi risparmi per le casse dello Stato in futuro, riducendo i danni che ogni anno dobbiamo pagare. Questi giovani ce li invidieranno. 

«Tu mi hai messo in contatto qualche giorno fa l’europarlamentare del MoVimento 5 Stelle, Eleonora Evi, che ha fatto tradurre la proposta. C’è tantissimo interesse. Stavo lavorando proprio questa mattina a una bozza di un servizio civile ambientale sulla stessa struttura dell’Erasmus e l’idea piace tantissimo»

Permettere a giovani degli altri Paesi Europei di venire qui in Italia a fare determinate azioni nell’ambito del programma

«Questa idea è piaciuta molto anche perchè il moltiplicatore occupazionale è migliore di qualsiasi grande opera che si venga a finanziare. Qui si va a finanziare direttamente il lavoro su opere, dove il rischio è a carico dello Stato e dove il privato difficilmente investe perché il profitto è troppo a lungo termine. Dunque l’investimento di sicurezza del territorio è a carico dello Stato e non esiste modo di farlo prendendo beneficio occupazionale migliore del servizio civile ambientale, per questo l’idea piace»

Il servizio civile ambientale è anche un modo per dire all’estero “venite in Italia”. 

L’unico paese dove 200 mila giovani si occupano appunto di combattere con migliaia di azioni il dissesto idrogeologico. Siamo disponibili a parlarne il prima possibile al presidente del Consiglio. Il denaro che arriverà dovrà essere usato nel migliore dei modi possibili e riteniamo che appunto il finanziamento del servizio civile ambientale sia uno dei modi di spendere bene il denaro dei cittadini europei.


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