Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un drastico cambio di visione per quanto riguarda lo spazio, da mera frontiera avanzata o esplorazione di nuovi mondi ad ‘asset’ indispensabile per la crescita e lo sviluppo dell’economia di un Paese moderno. Dovremmo ricordarci più spesso che si tratta di una delle eccellenze primarie del nostro Paese con un’importanza crescente, capace di promuovere lo sviluppo delle tecnologie e di essere un tassello fondamentale per l’innovazione nell’industria e nel sistema economico nazionale, oltre che per la sicurezza e la difesa.
Molto spesso le nuove tecnologie vengono sviluppate per lo spazio e hanno poi ricadute civili, e gli esempi sono innumerevoli, a partire da computer, cellulari, miniaturizzazione dell’elettronica, sistemi GPS e Galileo, ma anche applicazioni biomedicali e di osservazione della terra con le sue innumerevoli applicazioni. Per fare un esempio, oggi da un satellite è possibile osservare un appezzamento agricolo e rilevare il suo fabbisogno idrico.
Per questo, da quando nel Governo Conte II abbiamo preso le redini del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e all’aerospazio, abbiamo avviato una precisa e puntuale strategia di posizionamento italiano nelle dinamiche internazionali relative allo spazio attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana.
L’Italia ha una lunga tradizione spaziale. Pochissimi sanno che oggi l’Italia è una delle poche Nazioni a disporre di un comparto spaziale ed aerospaziale caratterizzato da una filiera completa di prodotti e servizi. Questo comporta un’autonomia strategica che ha consentito alla nostra industria di maturare un’eccellente competenza ed una validissima competitività sul mercato globale, e che contribuisce a definire il nostro posto nel mondo.
Il comparto spaziale italiano conta più di 200 aziende, di cui 4 su 5 sono PMI e con +74% start-up negli ultimi 5 anni, per un totale di oltre 7.000 addetti, in 10 distretti tecnologici nazionali, localizzati in Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania e Puglia, con un fatturato complessivo di 1,6 miliardi all’anno.
Per ogni euro investito nello spazio, ne vengono generati fino a 7 in alcuni progetti, e in media circa 2,5. Lo spazio è quindi pienamente un tema industriale.
È stimolante pensare che mentre per altri Paesi la spinta principale alla ricerca e all’innovazione tecnologica viene dal settore militare, per i Paesi dell’Unione Europea, e quindi per l’Italia, questa spinta viene in gran parte dal settore spaziale.
L’Italia vanta solide collaborazioni in ambito spaziale con Paesi alleati e partner, in primis USA, Cina, e Russia.
I rapporti con gli Stati Uniti risalgono almeno agli anni ’80 con la cooperazione per la Stazione Spaziale Internazionale – ISS.
Recentemente abbiamo aderito al programma “ARTEMIS” della NASA, dove la nostra partecipazione è sancita da una Dichiarazione congiunta dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) con la NASA del 2019.
ARTEMIS è un programma estremamente importante, poiché punta a riportare l’uomo sulla Luna con una colonizzazione stabile come punto di appoggio per raggiungere poi Marte. La nostra partecipazione garantisce non solo il nostro posizionamento internazionale ma anche la partecipazione dell’industria nazionale, su basi commerciali, alla realizzazione del modulo abitativo I-HAB della futura stazione in orbita lunare della NASA, che infatti disporrà di una parte determinante di tecnologia italiana.
La collaborazione con la Cina è finalizzata per lo più a progetti scientifici in ambito di ricerca spaziale, mentre con Russia cooperiamo in diversi settori, come l’osservazione della Terra, l’addestramento degli astronauti e la stazione spaziale internazionale. In ambito multilaterale, Italia e Federazione Russa collaborano, attraverso l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) al programma ExoMars per l’esplorazione di Marte, di cui l’Italia è il principale sostenitore.
A riprova dell’importanza crescente dello spazio a livello multilaterale, voglio ricordare che lo scorso novembre si è tenuto a Siviglia il Consiglio del’Agenzia Spaziale Europea (ESA) a livello ministeriale, chiamato “Space19+”, che ha innalzato il budget complessivo allocato dai 22 stati membri per i prossimi 5 anni da 10.3 a 14.4 miliardi di euro.
La quota italiana abbiamo voluto che fosse consistente ed infatti è di 2,282 miliardi di euro, cioè il 15,9% del budget totale quinquennale. Già oggi possiamo affermare, dati alla mano, che questi soldi, investiti in molteplici programmi, hanno già cominciato a rientrare in Italia in misura più che proporzionale in forma di commesse per le aziende italiane del settore spaziale, che sono all’avanguardia in ambito europeo e mondiale.
Come vedete l’Italia è in prima linea a livello internazionale nello spazio, ma la Space Diplomacy è per noi una priorità, ben al di là di questi partner storici. Lo spazio spesso è un apripista per le relazioni tra Stati, con ricadute anche in campo politico e commerciale. A volte, stipuliamo accordi in materia spaziale con Paesi che ancora non hanno un settore spaziale, e vogliono svilupparlo in collaborazione con l’Italia.
Tutto quello che vi ho già raccontato potrebbe portarci a immaginare un futuro da Guerre Stellari? Ni.
Certo, sappiamo che gli Stati Uniti hanno istituito nel dicembre 2019 una “Space Force”. Si tratta di fatto di una nuova forza armata con 16.000 addetti. Lo stesso stanno facendo altri Paesi con programmi potenzialmente pericolosi in termini di sicurezza spaziale.
Noi crediamo invece che lo spazio debba d’aiuto al benessere della società, alla crescita economica e, in generale, la competitività, l’innovazione, e quella nuova società della conoscenza che non è solo il nostro futuro ma, basta guardarsi intorno, di fatto anche il nostro presente.
Vogliamo uno spazio sempre più competitivo come, in maniera virtuosa, è competitivo ogni ambiente economico sano, ma non in maniera militarizzata, e promuoviamo questa strada con altri attori spaziali like-minded, ribadendo in ogni sede la necessità per l’umanità di un utilizzo pacifico dello spazio per tutte le Nazioni, come sancito da tutti i trattati internazionali sul tema.
La presenza crescente di privati nel settore spaziale (da SpaceX a Virgin Galactic) ha influito molto sulle prospettive di sviluppo del settore. Oggi sono gli stessi privati a chiedere agli Stati delle regole internazionali condivise, come quelle sulla gestione del traffico dei satelliti in orbita. Buone regole per lo spazio sono e saranno sempre più necessarie, anche per affrontare problemi come i detriti spaziali che stanno progressivamente creando una “nuvola” intorno al nostro Pianeta che potrebbe mettere in pericolo l’accesso dell’umanità allo spazio.
Perché vi ho voluto raccontare tutto questo? Perché stiamo puntando molto sullo spazio e voglio che sappiate che l’Italia c’è, con la sua industria certamente, ma soprattutto coi suoi valori e la sua visione pacifica e multilaterale.
Avanti così.