In un Parlamento con 945 eletti è oggettivamente complicato avere contezza del lavoro (o non lavoro) di ciascun deputato o senatore. Accade allora che assenteisti o imboscati riescano a mimetizzarsi con le loro poltrone portando a causa lauti stipendi senza dover dar conto a nessuno della loro inoperosità. Ma accade anche che alcuni parlamentari, lontani dai riflettori e dal controllo dell’opinione pubblica, finiscano per assecondare gli interessi particolari di qualche lobby a danno e a spese della collettività.
Ecco perché chi tenta di spingere i cittadini per il voto contrario alla riforma che riduce i parlamentari, spinto da una forza conservatrice, finisce per fare il gioco degli interessi forti, che sono cresciuti proprio grazie a una politica che dietro le quinte assecondava scelte magari opposte a quanto promesso ai cittadini.
Molti fanno fatica a lasciare la poltrona, oppure vivono di politica ormai da decenni e non saprebbero fare altro. Un esempio? Roberto Formigoni, in politica dal 1984, condannato a 5 anni e 10 mesi per corruzione e attualmente agli arresti domiciliari. Ecco, Formigoni rappresenta la classe politica che il 20 e 21 settembre voterà contro il taglio dei parlamentari. Ma non è il solo, alla (lunga) lista si aggiunge Maurizio Gasparri, in politica dagli anni ‘70 e famoso per aver votato tutte le leggi “ad personam” dei governi Berlusconi, senza parlare della sua indimenticabile quanto incostituzionale “Legge Gasparri” sulle tv, nata per salvare la Rete 4 di Mediaset. Successivamente modificata per l’approvazione è stata poi bocciata anche dalla Corte di Giustizia europea. Questi sono solo alcuni esempi della classe politica che vuole affossare il referendum, impedendo al Paese di andare avanti, ostinata a mantenere status e privilegi.
A completare il tentativo di boicottare la svolta c’è la campagna avversa al Sì messa in moto da alcuni dei maggiori organi d’informazione del Paese, che pur di attaccare questo governo intrecciano il loro giudizio politico con il voto referendario, ovviamente a discapito di una corretta comunicazione verso i cittadini. Eppure questa è una legge voluta dal Parlamento, massima espressione delle istanze dei cittadini. Non si tratta infatti di una riforma voluta dal governo.
Dove si trovavano tutti questi oppositori quando la riforma costituzionale veniva approvata in Parlamento dalla maggior parte delle forze politiche? E quando dopo l’approvazione 70 senatori, e non certo i cittadini, si sono mobilitati per chiedere il referendum smentendo quindi il voto dato? Chi ora si oppone solo per colpire l’esecutivo, come si giustificherà davanti alla cittadinanza?
Per questi motivi vogliamo un Parlamento composto da meno persone, grazie a una riforma che riporta in equilibrio il rapporto tra politica e cittadini, migliora il funzionamento delle Camere e allinea il nostro Paese ai numeri degli altri Paesi europei.
Questo blocco sceso in campo contro la riduzione dei parlamentari vuole solo mantenere lo status quo, o colpire il governo, impedendo l’inizio di un ciclo di riforme che il Paese attende da troppo tempo. Mettono i loro interessi davanti al futuro degli italiani, che invece vogliono credere nella possibilità di avere uno Stato più efficiente e per farlo, il 20 e 21 settembre porteranno nelle urne il loro “Sì”.