L’attuale numero dei componenti del Parlamento, 945, non fu scritto nella Costituzione entrata in vigore l’1 gennaio del 1948. L’assemblea Costituente che la scrisse e approvò stabilì solo un numero variabile in base a quanti erano gli abitanti nel nostro Paese. Fu una legge del 1963 a fissare il numero in 945, 630 alla Camera e 315 al Senato.
Eravamo in un’altra epoca, si può dire che nel 1963 tutto il mondo era diverso, l’Italia aveva un’organizzazione istituzionale differente e molto meno articolata e plurale di come è invece oggi. Non si eleggevano direttamente i sindaci, i cittadini non eleggevano i parlamentari europei e soprattutto non c’erano le Regioni con i consiglieri e i presidenti scelti dagli elettori.
Inoltre, come ha recentemente detto l’ex presidente della Corte Costituzionale De Siervo, “le distanze e l’assenza di mezzi di comunicazione potevano essere ridotti dalla presenza dei rappresentanti delle zone più emarginate, ma adesso tutto è cambiato. Negli ultimi 70 anni è cambiato radicalmente il sistema di collegamento territoriale sia per le persone che per le informazioni”. Nel 2020 la comunicazione e il digitale hanno già cambiato da tempo le nostre vite: l’incontro dei parlamentari con i cittadini e la loro conoscenza costante dei territori rimangono un dovere, ma con la tecnologia i rappresentanti degli italiani sono sempre connessi e raggiungibili, deputati e senatori hanno il dovere di essere sempre sul pezzo per le priorità nazionali e per le esigenze del loro territorio.
Non abbiamo più bisogno di 945 parlamentari, lo sappiamo bene da molti anni. La nostra riforma li riduce a 600 e il 20 e 21 settembre sta a tutti noi cittadini dire Sì definitivamente a questa legge. E dobbiamo essere tantissimi alle urne, più saremo e più forte sarà il messaggio di svolta che manderemo.