Roslyn Fuller è una delle massime esperte nell’applicazione dei principi della democrazia ateniese agli Stati e alle organizzazioni del 21° secolo.
Basato su oltre un decennio di ricerca accademica, il suo libro “Beasts and Gods: How democracy changed its meaning and lost its purpose” (2015, Zed Books) ridefinisce la moderna teoria della democrazia presentando una decostruzione del mito della democrazia moderna e una road map per l’attuazione della democrazia reale nell’era di Internet.
Ha fondato il Solonian Democracy Institute, centro di ricerca che studia le tecnologie emergenti e le organizzazioni che favoriscono la democrazia e ospita conferenze che riuniscono le menti più brillanti nell’innovazione democratica.
Intervistata da Davide Casaleggio, Roslyn Fuller racconta, all’interno della nostra rubrica Cittadinanza Digitale, come si sta evolvendo nello scenario internazionale la democrazia online.
La cittadinanza digitale è da sempre obiettivo di ricerca, studio e approfondimento della Rousseau Open Academy.
Davide Casaleggio: Siamo qui con Roslyn Fuller, un’esperta di democrazia che ha studiato e scritto molti libri su come si sta evolvendo la democrazia online. Volevamo parlare con te Roslyn di ciò che sta realmente accadendo nel mondo e se la democrazia è ancora un elemento di partecipazione fondamentale e come effettivamente si sta evolvendo in questi anni.
Roslyn Fuller: Sì, nel mondo di lingua inglese, ovunque dopo le elezioni di Trump e la Brexit, abbiamo assistito a molti contraccolpi nella retorica contro la democrazia. Ma nonostante ciò, in realtà si è continuato con lo sviluppo della democrazia diretta online.
Un esempio in particolare è il progetto chiamato ManaBalss in Lettonia, che significa “la mia voce” ed è un sistema per fare petizioni. Ma se ottieni abbastanza firme in queste petizioni, devi essere ascoltato dalla commissione parlamentare e ti è permesso di portare i tuoi testimoni in supporto e finora dicono di aver ottenuto 36 modifiche di legge grazie a questo, quindi è un successo. Ovviamente abbiamo molti referendum. In paesi come la Svizzera stanno sperimentando anche dei referendum online. Abbiamo avuto una situazione in Islanda dove dopo la crisi è stata sviluppata online e offline una nuova costituzione. Non è passata attraverso i tribunali ma è stata comunque una prova di successo abbastanza grande. E ovviamente ne abbiamo molti altri online come il bilancio partecipativo.
D.C.: Si tratta solamente di discutere o presentare nuovi argomenti online oppure è possibile decidere delle cose online con voti o con altri mezzi? Hai assistito a qualche esempio su come poter cambiare effettivamente le cose con un voto online?
R.F.: Penso che il miglior esempio sia il bilancio partecipativo. Ad esempio in Francia a Parigi fanno ogni anno un bilancio partecipativo online per la città. Ma lo fanno anche a Reykjavik in Islanda, in Portogallo c’era anche un progetto nazionale di bilancio partecipativo online. Queste cose si traducono in cambiamenti concreti su come i soldi dovrebbero essere spesi nella comunità. Quindi si tratta dell’intero processo: di farsi venire idee, preparare il campo e poi le persone le votano. Di solito è una combinazione di online e offline perché a volte le persone non vogliono votare online ma c’è anche questa possibilità. Quindi ciò porta dritto alla decisione. Esistono numerosi software che lo permettono. Quindi, quando stavo sviluppando la mia piattaforma in Irlanda ho usato un software canadese chiamato Ethelo che supporta l’intero processo dall’inizio alla decisione finale in modo totalmente trasparente. E l’ho usato per sviluppare la mia piattaforma qui.
D.C.: Quindi, stai parlando dei governi locali nelle città e questo sembra essere l’ambiente migliore dove sta effettivamente nascendo questa partecipazione diretta dei cittadini. Ci sono esempi a livello di governo in giro per il mondo?
R.F.: Sì, non credo che il livello locale sia sicuramente il migliore. In realtà penso che queste cose dovrebbero avvenire a livello nazionale. Il problema è, ovviamente, che è molto difficile farle appoggiare a livello nazionale perché spesso i rappresentanti vogliono mantenere un po’ di controllo sul processo. Quindi quello che si vede molto è la fase di ideazione che avviene online e poi i governi decidono quali parti vogliono perseguire. Quindi durante il processo si crea una sorta di collo di bottiglia. Ed è per questo che penso che abbiamo avuto più successo a livello locale dove a volte puoi convincere un politico che questo è quello che dovrebbero fare e lo fanno con il controllo del budget. Quindi non penso che il livello locale sia necessariamente il migliore perché esiste un limite ai poteri che sono ovviamente controllati e vincolati dalle leggi nazionali, ma è dove stiamo vedendo dei progressi. Ora, tieni a mente che alcune di quelle città sono più grandi della popolazione dell’Irlanda. Quindi stiamo parlando in alcuni casi di città davvero molto grandi.
D.C.: Quindi forse anche in Irlanda dici che vedrai alcuni sviluppi futuri in questo senso, cosa pensi?
R.F.: Lo spero, abbiamo un bilancio partecipativo in alcune aree e ovviamente abbiamo dei referendum. Semplicemente non li abbiamo ancora online. Quindi, spesso quello che si ha è che la tecnologia è presente, ma i processi governativi sono in ritardo rispetto alla tecnologia. L’unica eccezione sarebbe l’Estonia, dove votano, anche se è un voto per le elezioni, quindi è come prendere qualcosa che già stavi facendo per farla online senza necessariamente approfondire la partecipazione delle persone. Ma, detto questo, fanno elezioni online da almeno 10 anni e hanno effettivamente reso il governo molto più efficiente e hanno utilizzato molto di più la tecnologia per alimentare i processi di governo rispetto alla maggior parte degli altri stati occidentali.
D.C.: Quindi pensi che forse l’Estonia potrebbe essere un buon esempio almeno per il futuro della partecipazione al voto. Per la partecipazione, stavi prendendo a esempio la Lettonia e altri strumenti che consentono alle persone di proporre direttamente. Su questo hai visto dei buoni esempi di discussione di leggi o su argomenti tra i cittadini in giro per il mondo?
R.F.: Sì, ovviamente c’è la vostra piattaforma Rousseau, ma poi c’è anche un software chiamato Discuto, che in realtà è abbastanza simile alla funzione “Lex Iscritti” di Rousseau. È stato utilizzato per sviluppare delle leggi in Austria, ad esempio, leggi relative a settori piuttosto particolari su come si dovrebbe considerare un’etichetta ambientale nell’industria del turismo e cose del genere. Quindi in realtà sono leggi abbastanza specifiche dove le persone scendono nei dettagli di quello come dovrebbe essere quella legge.
D.C.: Allora quale pensi sarà il futuro della democrazia? Oggi stiamo assistendo a molti attacchi al concetto di democrazia, nemmeno al concetto di democrazia online. Si discute molto sul fatto se sia effettivamente un modo efficace di governare una comunità, come pensi che sarà il futuro?
R.F.: Beh, penso che in un certo senso sia quasi un buon segno che ci siano questi attacchi perché significa che la tecnologia è disponibile, esiste un modo per favorire la partecipazione di massa in stati davvero grandi che non abbiamo mai avuto prima. E se guardi indietro ai filosofi, come Rousseau o Robert Michels, direbbero che non si può avere una democrazia in uno stato veramente grande, perché dove si potrebbero riuscire ad inserire queste persone? Tipo: come potrebbero parlare tra loro tutte allo stesso tempo? Questo era un grosso limite per la democrazia negli stati moderni, che è appena decaduto all’improvviso. Quindi non sono la prima persona a dirlo, ma l’invenzione di Internet è un po’ come la stampa. È qualcosa che ha consentito improvvisamente enormi quantità di conversazioni, ideazione, comunicazione e trasparenza. Quindi non sorprende che le persone che erano solite ricoprire alcune posizioni, come giornalisti, accademici, politici, siano molto arrabbiati e debbano adattarsi alla loro posizione in un nuovo mondo dove potrebbero non essere così potenti come prima. È molto molto importante avere accademici e professori, ma il loro controllo non è lo stesso. E penso che siano molto arrabbiati per aver perso quel controllo. Piuttosto che cercare di essere proattivi e pensare a come possiamo usare tutto questo, come possiamo canalizzare queste risorse in un modo costruttivo, hanno deciso di provare a reprimerle. E quindi attraverseremo una specie di periodo turbolento.
D.C.: Bene, grazie per essere stata qui con noi oggi e per averci mostrato cosa sta realmente accadendo nella democrazia online. Vedremo come sarà questo periodo turbolento nei prossimi mesi e anni ma spero vada nella giusta direzione. Grazie mille.
R.F.: Grazie.