di Simona Suriano e Yana Ehm, portavoce del MoVimento 5 Stelle alla Camera dei Deputati e membri della Commissione Affari Esteri
Dopo 30 anni di relativo silenzio il conflitto tra i due Paesi si è riacceso in estate con un’escalation a fine settembre, poche settimane prima dell’entrata in funzione del gasdotto che collega il Caspio all’Italia.
Il Nagorno- Karabakh è di nuovo al centro del conflitto tra Armenia e Azerbaijan. Dall’inizio dei combattimenti, il 27 settembre, sono già state uccise più di 400 persone e il conflitto non sembra placarsi.
La questione è vecchia. La Regione del Nagorno-Karabakh, dichiaratasi indipendente dall’Azerbaijan nel 1991, è popolata da armeni ma sotto la sovranità dello Stato azero. Ciò è sempre stato motivo di tensione. Nonostante il conflitto fosse stato dichiarato cessato da anni, in realtà le rivalità non si sono spente e l’area mai disarmata. Insomma la tensione è rimasta alta negli anni fino allo scoppio delle ostilità recenti: Armenia e Azerbaijan non riescono a raggiungere una soluzione di compromesso sul Nagorno-Karabakh e la vittoria dell’uno sull’altro è illusoria.
C’è forte preoccupazione per il costante rischio di escalation delle tensioni, nonché per le vittime civili, e ciò a dispetto dell’importante tregua umanitaria raggiunta grazie all’attivo coinvolgimento di Mosca. In questo contesto riacquista maggior potere e diventa dirimente il ruolo del gruppo di Minsk, organizzato in seno all’Osce proprio per risolvere il conflitto nel Caucaso. La Russia, anche nella sua qualità di Co-Presidente del Gruppo di Minsk, gioca un ruolo determinante nel promuovere il dialogo esercitando la sua influenza su entrambe le parti. Il Gruppo di Minsk – di cui anche l’Italia è membro – ha, infatti, il decisivo compito di portare al più presto delle proposte reali per una pacifica risoluzione del conflitto.
Così la comunità internazionale e l’Italia hanno subito chiesto sia il cessate il fuoco che di evitare qualsiasi tentativo di ingerenza straniera, come sta avvenendo con la Turchia di Erdogan che sta appoggiando apertamente la controffensiva azera, con interessi sul campo geopolitico.
Pur comprendendo la frustrazione per un negoziato trentennale senza esiti, riteniamo che solo una soluzione diplomatica possa condurre a pace e stabilità nella regione. È illusorio pensare di risolvere il conflitto con le armi. È quindi necessario che le parti riprendano i negoziati senza precondizioni, sotto l’egida dei Co-Presidenti del Gruppo di Minsk: l’Italia – ben capeggiata dalla Farnesina – resta disponibile a contribuire agli sforzi di ripresa negoziale delle tre co-Presidenze di Russia, Stati Uniti e Francia.
Siamo in prima linea per ripristinare la pace nel Nagorno-Karabakh e trovare una soluzione duratura nel tempo. E’ urgente la cessazione delle ostilità anche per evitare i rischi di destabilizzazione regionale. Non c’è più tempo da perdere.