Lo scorso 10 novembre Parlamento europeo e Consiglio hanno raggiunto un accordo sul bilancio pluriennale dell’Unione europea per il periodo 2021-2027. Si tratta di un passo fondamentale verso l’approvazione di alcune misure di prioritaria importanza: una su tutte il Recovery Fund, il fondo per la ripresa pensato per rispondere alle conseguenze della pandemia di Coronavirus.
È bene chiarire che i negoziati non sono ancora conclusi: è solo stato raggiunto un altro step nell’iter che porterà alla decisione definitiva riguardo alla sua portata totale e ai suoi tempi di entrata in vigore.
Il Bilancio dell’Ue consente il funzionamento della macchina europea: tutti gli Stati membri concorrono in modo proporzionale a finanziare i fondi europei che lo costituiscono. In base a quali siano le voci a cui si decide di dare più o meno importanza, si orientano le politiche comunitarie a lungo termine. Infatti, il bilancio pluriennale ha una durata di almeno cinque anni; il prossimo avrà durata dal 2021 al 2027.
La pandemia ha costretto a ripensare molti degli obiettivi dell’Unione europea: era essenziale prevedere delle forme di aiuto per i Paesi membri, colpiti da una crisi simmetrica e che quindi coinvolge tutti. Gli egoismi iniziali di alcuni Stati, che poco hanno compreso la portata e l’entità della crisi sistemica che ci sta riguardando, sono man mano scemati, ma ancora non tutti i punti di vista sono allineati nel segno della solidarietà, valore fondamentale che dovrebbe caratterizzare l’Unione europea.
All’inizio dei negoziati il Parlamento, unica istituzione eletta direttamente dai cittadini, aveva chiesto ai singoli stati di aumentare la disponibilità del bilancio. Il compromesso raggiunto prevede 16 miliardi in più rispetto alla bozza proposta dal Consiglio, ossia l’istituzione che rappresenta proprio i singoli Stati. Questi ulteriori fondi vanno a rimpolpare voci di bilancio care al Parlamento, rappresentate dalla salute, la ricerca, ma anche Erasmus+ e Europa Creativa. Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo spinto affinché fosse così, e non possiamo che esserne soddisfatti.
Di sicuro è anche apprezzabile il fatto che ora abbiamo un calendario per la creazione di risorse proprie nel prossimo decennio, le quali porteranno nel budget dell’Unione risorse fresche che andranno a ripagare i costi del piano straordinario sul covid-19. Si spera che tali risorse consentiranno di correggere le asimmetrie del mercato unico provocate da quegli attori economici che ne abusano, come ad esempio la finanza speculativa e i giganti del digitale.
Adesso, il compromesso così raggiunto dovrà completare il suo iter legislativo ed essere approvato dal Parlamento e dal Consiglio. Se sul primo non ci dovrebbero essere dubbi, sul secondo potrebbero presentarsi invece ostacoli. La spaccatura tra i Paesi del nord e sud Europa, pur essendosi in parte rinsaldata nel corso dei mesi, ancora minaccia la buona riuscita dei negoziati.
Ci sono infatti ancora dei nodi da sciogliere sul Recovery Fund. Sempre giovedì 11 novembre si sono riunite al Parlamento europeo le commissioni Bilancio e Affari Economici che hanno approvato il testo che sarà la base negoziale per le trattative con il Consiglio delle prossime settimane. In base a questa il Parlamento chiede di aumentare l’anticipo dei fondi totali ai governi nazionali passando dal 10 al 20 per cento, da versare entro la prima parte del 2021 per far partire subito i progetti selezionati. In questo, per quanto riguarda la posizione del Consiglio, stanno giocando un ruolo di primaria importanza il premier Giuseppe Conte e il governo italiano, grazie ai quali si è ottenuto l’inserimento della clausola che consentirà di ottenere una prima parte di fondi già nel 2021.
Una volta trovato l’accordo sia sul bilancio pluriennale sia sul Recovery Fund, prima di iniziare ad erogare i fondi quest’ultimo dovrà essere approvato anche da tutti i parlamenti nazionali. Solo a quel punto l’Unione europea potrà produrre titoli comunitari per reperire i 750 miliardi di euro del Fondo sui mercati finanziari.