In questa rubrica vogliamo proporvi approfondimenti e spunti di riflessione sui temi più attuali inerenti la cittadinanza digitale, da sempre obiettivo di ricerca, studio e approfondimento della Rousseau Open Academy.
Qual è il reale significato di cittadinanza digitale e cosa comporta? Davide Casaleggio lo ha chiesto a Massimo Di Felice, docente di Teoria dell’opinione pubblica nei contesti digitali all’Università di San Paolo (USP) in Brasile, dove ha fondato e dirige il centro di ricerca internazionale sulle reti digitali Atopos, e autore di articoli scientifici e di libri pubblicati in diverse lingue tra i quali: La Cittadinanza Digitale (Meltemi, 2019) e Net-attivismo (Edizioni estemporanee, 2017).
Nel video tratto dal Villaggio Rousseau del 2018 dedicato alla cittadinanza digitale, Massimo Di Felice racconta, tra aneddoti ed esempi, i risultati delle sue ricerche e che cosa si intende oggi per cittadinanza digitale. Vi riportiamo qui la sua spiegazione. Nel video trovate anche interessanti aneddoti.
Massimo Di Felice: «La cittadinanza digitale può essere intesa, semplificando, in due modi. Come l’estensione della storia della cittadinanza occidentale, europea, che nasce con la polis greca, passa per tante trasformazioni, arriva alle due grandi rivoluzioni moderne, la rivoluzione francese, l’illuminismo, la rivoluzione inglese, e quindi crea la carta dei diritti dell’uomo, crea i parlamenti, il contratto sociale.
La cittadinanza digitale può essere intesa come la continuazione di questo processo, oppure può essere intesa come la trasformazione delle forme di partecipazione, dell’idea stessa di cittadinanza.
Io personalmente opto per la seconda, ossia la cittadinanza digitale non è soltanto una forma digitale di partecipazione della democrazia. E per capire bene questa qualitativa trasformazione è necessario capire bene cosa significa oggi il processo di digitalizzazione.
Le ultime generazioni di reti stanno mettendo in rete, quindi in connessione, non soltanto gli umani ma, attraverso il processo di diffusione di sensori, le biodiversità, le strade, gli oggetti, gli internet delle cose, i dati, le intelligenze non umane. La grande quantità di dati emessa oggi da entità di ogni tipo creano delle forme di automatismo, di elaborazioni di dati che possono essere definite delle nuove intelligenze che insieme a quelle della biosfera del clima e degli elementi non umani costituiscono la nuova ecologia di interazione.
Quindi noi stiamo passando da un’idea di cittadinanza dove gli individui decidono, dove abitano soltanto gli umani, come la polis greca o come i nostri parlamenti, a un tipo di cittadinanza ecologica all’interno della quale gli umani prendono decisioni in dialogo con i sensori, i robot, gli algoritmi ma anche il clima, l’acqua, la biodiversità.
Per capire questo passaggio, per poter approvare in questa nuova forma di cittadinanza, noi non abbiamo una teoria sociale pronta, forse non abbiamo neanche una filosofia già pronta. Però è questo che dobbiamo creare. E quindi è in questa direzione che dobbiamo, a mio modo di vedere, intendere la cittadinanza digitale: come la superazione dell’idea occidentale di democrazia, che oggi si trova in crisi in ogni contesto, e come l’inizio di una nuova forma di interazione e di partecipazione, che per la prima volta, possiamo dire in modo anche abbastanza ovvio, collochi gli umani come i membri di una comunità maggiore e quindi sostituisca all’idea parlamentare, rappresentativa, opinativa della democrazia, un’idea ecologica. È necessario oggi sedersi con il clima, è necessario oggi sedersi con le foreste, è necessario oggi sedersi con gli algoritmi per insieme decidere e prendere delle decisioni in forma sostenibile e più intelligente».