Oggi è la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità. In questa occasione non possiamo non evidenziare come la pandemia abbia alzato quel velo che da troppo tempo copriva un coacervo di problematiche consolidate, disagi e diritti negati a cui sono relegate le persone con disabilità in tutta Europa.
Non a caso al Parlamento europeo, nelle attività di lavoro delle Commissioni parlamentari, questo tema è stato affrontato in maniera trasversale. Anche nel Forum europeo sulla disabilità, di cui ho l’onore di far parte, e in Commissione Occupazione e Affari Sociali, dove da qualche settimana è stata approvata la Strategia europea sulla disabilità post 2020, si è lavorato per soddisfare meglio i reali bisogni delle persone con disabilità, soprattutto in termini di tutela dei diritti.
Le persone con disabilità continuano a subire una sistematica privazione dei loro diritti fondamentali, tra cui quello di non essere inseriti pienamente nel mondo del lavoro. Sul tavolo ci sono dossier che vanno approfonditi e adeguati alle nuove esigenze. Un esempio lampante è la Direttiva sulla parità di trattamento in materia di occupazione che deve essere aggiornata in modo da allinearla alla Convenzione delle Nazioni Unite.
L’Europa deve essere in grado di integrare pienamente i diritti di queste persone, estendendone la tutela anche al di fuori del lavoro. Insieme ai miei colleghi europei stiamo portando avanti il nostro lavoro di sensibilizzazione su tutti i casi in cui i diritti delle persone con disabilità vengono negati anche grazie allo strumento delle interrogazioni parlamentari. Ne sono state presentate diverse sul tema della disabilità da inizio legislatura spaziando, ad esempio, dal mancato riconoscimento delle Lingua italiana dei segni fino all’allarmante mancanza di finanziamenti per i servizi di assistenza e di sostegno alle persone con disabilità durante la crisi sanitaria.
Il MoVimento 5 Stelle ha inoltre presentato emendamenti specifici nei quali si denuncia la gravissima situazione in cui, durante la pandemia, in molti centri di assistenza venivano concentrati pazienti affetti da Covid19 trasformando tali strutture in veri e propri focolai. Ancora oggi continuiamo a chiedere dagli Stati membri dati concreti su questo fenomeno, che si è rivelato essere particolarmente grave soprattutto in alcuni Paesi dell’Est Europa.
Le risorse e le normative sono fondamentali, ma a tutt’oggi sono carenti. E lì dove ci sono non sono applicate. Bisogna potenziare, adeguare, migliorare le tutele e i diritti delle persone vulnerabili. Ma anche investire molto in educazione e formazione per la diffusione di una reale “cultura inclusiva”, sulla quale si è detto tanto ma poco ancora si è realizzato.
Dobbiamo continuare a lottare con determinazione e assumerci l’impegno non solo per loro ma “con” loro affinché “nessuno resti indietro” non resti una bella frase da ripetere in ogni occasione ma sia invece un vero e proprio comune sentire, anzi, un nuovo “diritto” che ci appartiene e ci rende davvero differenti.