Internet è una rivoluzione. Non un semplice prodotto che può aiutarci a vivere meglio la vita di sempre o a lavorare meglio nello stile di sempre. No. Internet deve, necessariamente, portare ad una vera e propria trasformazione radicale delle aziende, dei prodotti, delle relazioni umane e aziendali… Altrimenti il suo senso ne risulterà travisato e inespresso.
È questa, come scrive Renato Mannheimer nella prefazione di “Il web è morto, viva il web” (Pro Sources, 2001), l’idea forte che ispirava Gianroberto Casaleggio, che nel libro propone spunti di riflessione, lancia provocazioni forti, a volte moniti. Come a dire: attenti! Perché nella rivoluzione bisogna inserirsi con anticipo e con una presa di coscienza forte. Il cambiamento deve essere affrontato per tempo e nella convinzione che a cambiare non sarà solo la superficie, ma la sostanza delle cose.
Proprio per questo vogliamo regalarvi alcuni stralci di “Il web è morto, viva il web”. E per ricordare parte di quel pensiero, di quelle idee che lo hanno portato a fondare il MoVimento 5 Stelle e il suo cuore pulsante: il Progetto Rousseau.
Non son degno di Tex è il titolo di una mostra organizzata nel 1998 per i cinquant’anni di Tex Willer, il più celebre fumetto italiano.
A Milano la mostra si tenne nei Musei di Porta Romana e io ci sono andato una sera per rendere il giusto omaggio a Tex e rivivere in parte la mia infanzia.
La mostra esponeva le tavole originali dei più noti sceneggiatori e disegnatori di Tex, in particolare quelle dei suoi due creatori: Sergio Bonelli e Aurelio Galeppini, detto Galep.
Sergio Bonelli creava le storie e abbozzava le tavole con dei disegni appena accennati e con il testo dei fumetti, Galep realizzava i disegni. Esattamente come ho visto fare per la creazione di storie web.
Il fumetto, che deriva il suo nome italiano dalla nuvoletta di fumo attorno alle parole del dialogo, e che è più noto con il nome inglese comic strip o semplicemente comic, è stato ripreso nella sua storia da altri media come il cinema e la televisione, quasi sempre senza successo. Tex, per esempio, non ha avuto alcun successo nella sua versione cinematografica.
I comic sono stati considerati da sempre un media minore, immeritatamente. Sono invece a mio avviso arte, uno strumento di espressione originale con molte attinenze con il web.
I comic sono la prima forma di comunicazione multimediale di massa. Multimediale sia perché le storie sono animate dal lettore che immagina l’azione che intercorre tra una tavola e la successiva, sia perché il suono è ancora creato dal lettore che dà voci mentali di sua invenzione ai diversi personaggi.
I comic però, come è noto, stanno lentamente perdendo quote di pubblico e sono in crisi quasi ovunque, ma con l’avvento di Internet potrebbero trasformarsi in webcomic e contribuire sostanzialmente alla creazione della comunicazione web.
I comic sono un media prettamente visivo, se ne può interrompere in ogni momento la lettura, hanno un consumo immediato e veloce, divertono informando, sono proattivi. Tutte caratteristiche che lo avvicinano al web.
Una forma di comunicazione web con delle sue regole definite non esiste ancora, sia per la lentezza di trasmissione attuale di informazioni multimediali, sia per la relativa giovinezza di Internet.
La domanda su come si svilupperà il web nelle sue espressioni originali è totalmente aperta. L’informazione verrà sicuramente veicolata dalla Rete, tutta l’informazione: radio, televisione, cinema e fumetti. Ma questa informazione non sarà più nella forma originaria, verrà modificata da Internet.
Come?
I comic possono forse dare molte risposte, oltre che a trasformarsi essi stessi in una nuova forma di espressione multimediale, veloce, non sequenziale e interattiva: i webcomic.
Fantasie?
Il 10% dei disegnatori di comic americani stanno pubblicando le loro storie direttamente in Rete e molti di loro sviluppano siti.
Il libro cult dei migliori web designer americani, Understanding Comics, è stato scritto da un disegnatore e studioso di fumetti: Scott McCioud.
Scott McCioud insegna Digitai Media all’MIT Media Lab e allo Smithsonian Institution, oltre naturalmente a scrivere e disegnare fumetti.