Alberi: gli ultimi patrioti

A cura del Gruppo Natura dell’Associazione Gianroberto Casaleggio

Elon Musk, pioniere e aspirante viaggiatore spaziale, ha dichiarato che non gli dispiacerebbe morire su Marte, anche se non nell’impatto col pianeta. In realtà, le condizioni di Marte suggeriscono che morire nell’impatto sarebbe preferibile. […] Pianificare imprese simili ignorando il vero stato della Terra è incredibilmente perverso. La speranza di trovare una qualche minuscola oasi marziana non giustifica il costo esorbitante di una simile avventura, soprattutto considerando che – con una spesa molto inferiore – potremmo ottenere informazioni cruciali sulla Terra. (James Lovelock – “Novacene”)

Nonostante lo stiamo esplorando da decenni con gli strumenti più sofisticati e costosi, nel buio sterminato dell’universo vi sono tre colori che possiamo osservare soltanto sul pianeta Terra: il verde (delle piante), l’azzurro (dell’acqua) e il bianco (delle nuvole). Sembra incredibile, ma in nessun’altra parte dell’Universo questi colori sono rintracciabili! E la cosa ancor più sorprendente è che la loro esistenza dipende da un unico fattore: gli alberi. Oltre ad assicurare la sopravvivenza delle specie animali producendo ossigeno, con la loro azione di fissazione del carbonio le piante hanno assicurato per milioni di anni l’equilibrio climatico necessario al mantenimento dell’acqua nello stato liquido e, di conseguenza, all’intera vita sul pianeta: senza le piante, il pianeta Terra sarebbe assai simile a Marte.

Purtroppo, però, circa trecentomila anni fa è comparsa sulla Terra una specie vivente che si sarebbe rivelata assai minacciosa per gli equilibri pre-esistenti: homo sapiens. Cioè noi. Circa quindicimila anni fa, quando viene comunemente fatta iniziare la cosiddetta “civiltà”, si stima che sul pianeta ci fossero circa 6’000 miliardi di alberi. Oggi ve ne sono esattamente la metà: 3’000 miliardi. E la cosa ancora più impressionante è che, dei 3’000 miliardi di alberi in meno, 2’000 miliardi sono scomparsi nei soli ultimi 200 anni (una vera inezia, nella storia della biosfera!), da quando cioè è iniziata la cosiddetta “civiltà” industriale.*

Chi ancora esclude l’origine antropogenica (causata dall’essere umano) del surriscaldamento globale, oltre che riflettere su questi numeri, può consultare i grafici dell’IPCC che mostrano, per gli ultimi 10’000 anni, il trend della concentrazione di tre gas climalteranti nell’atmosfera, da cui anche un bambino capirebbe come l’esplosione di queste sostanze nell’aria abbia coinciso con il delirio antropocentrico umano, che ha cannibalizzato la Natura, servendosene per adorare il totem della crescita economica e condannando così il nostro futuro.
A nulla servono le attuali promesse di correggere gli errori del passato, sostanzialmente riassumibili in seducenti locuzioni come “transizione ecologica”, se non si attua prima quel cambiamento culturale che faccia dipendere il benessere delle persone dal benessere dell’ecosistema e non viceversa! A nulla servono le varie Cop delle Nazioni Unite, che da anni si traducono solo in passerelle di buone intenzioni, senza incidere minimamente sui livelli di CO2 in atmosfera (si veda a tal proposito il monitoraggio continuo dell’osservatorio di Mauna Loa).

La soluzione c’è, ed è più semplice del previsto. Se infatti paragonassimo i livelli di CO2 in atmosfera all’acqua contenuta in una vasca da bagno che si riempie, a ben poco servirebbe chiudere lentamente il rubinetto. Trovandoci già ampiamente oltre i livelli di guardia, infatti, l’unico rimedio sarebbe togliere il tappo dalla vasca da bagno, cioè – fuor di metafora – introdurre nel sistema l’unico agente capace di riassorbire la CO2 in eccesso: gli alberi, appunto. Che, in questa prospettiva, apparirebbero proprio come gli ultimi patrioti, in grado di difendere la sopravvivenza dell’umanità.

Ecco allora come l’iniziativa Alberi per il Futuro, oltre a consacrare ancora una volta le capacità visionarie di Gianroberto Casaleggio, diventa l’imperdibile occasione per fare un primo, piccolo gesto concreto al servizio del nostro domani.

(*) Le parti in corsivo del post sono liberamente ispirate all’intervento Le meraviglie del pianeta verde, tenuto dal prof. Stefano Mancuso alla festa del libro “Macerata racconta”.


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