Lo sciopero serve se costruisce un futuro, è inutile se preserva per qualche tempo lo status quo.
L’AI sta avendo un impatto importante sulla produttività, in molti contesti già oggi a doppia cifra (es. 14% nel customer service). Questo vuol dire che i costi di sviluppo del prodotto o servizio diminuiscono di colpo in modo significativo.
Quando un’azienda ha un vantaggio di questo tipo abbassa i prezzi perché pensa che ci saranno più vendite, come ha fatto recentemente Tesla. Nel caso tuttavia i clienti non hanno elasticità al prezzo, ovvero non acquisteranno più prodotti se costano di meno, le aziende scelgono spesso l’altra strada: il licenziamento. Nell’ultimo secolo il settore più rappresentativo di questo secondo caso è stato l’agricoltura che ha visto passare in Italia gli occupati dal 80% della popolazione a meno del 2%. Non compriamo il doppio di zucchine se il prezzo si dimezza, come non copriamo dieci cuscini se diventano di colpo più economici se ce ne servono due.
I settori che beneficeranno anche dal punto di vista occupazionale saranno ad esempio la formazione e la sanità dove se i prezzi scendono la domanda aumenta quasi all’infinito.
Oggi stiamo assistendo ad una delle più grandi ondate di licenziamenti (260 mila dalle big tech solo lo scorso anno) dei tempi moderni, nonostante queste aziende stiano crescendo sia in utili che in fatturato. Il caso di Spotify è simbolico: nel 2023 ha licenziato 2290 persone con un fatturato e utile in crescita. La ragione è tutta da attribuirsi all’adozione dell’AI. Il voto gli è stato dato dagli azionisti: +135% di aumento del valore di borsa in un anno.
Oggi dobbiamo occuparci di questo impatto sociale. Ma soprattutto dobbiamo capire come costruire l’economia del futuro. Per questo penso che gli scioperi che abbiamo visto in questi ultimi mesi “contro l’AI” hanno il fiato corto, ad esempio quelli di Hollywood.
Un po’ come negli anni ‘80 i minatori di carbone inglesi stavano protestando contro il passaggio al gas. Raggiunsero un risultato: un piccolo gradino di attesa in una discesa già in corso.