Strategia italiana per l’intelligenza artificiale

Sono contento che il governo si sia dotato di una strategia per l’Intelligenza Artificiale dato che credo l’economia e la società saranno trasformate radicalmente da questa tecnologia. Ho letto il documento del Governo, a prima vista sembrano linee guida ancora di alto livello:

  • I soldi li investono gli altri. Si dice che nel mondo l’ammontare degli investimenti corporate sull’AI sono decuplicati in soli 7 anni (tra il 2013 e il 2020). Ma non si forniscono target di investimenti per l’industria italiana. 
  • Non abbiamo informatici. Si dice che l’Italia è l’ultima in Europa in termini di laureati nel settore ICT (1,5%) e quart’ultimo per competenze digitali della popolazione (45,60%). L’unica via proposta è tuttavia un phd che ad oggi ha formato 150 persone e un miglioramento della formazione universitaria in generale. Si tralascia la formazione dei lavoratori e si accenna solamente alle superiori che credo siano ancora più importanti. 
  • Ne scriviamo tanto. Una buona notizia è il fatto che siamo settimi in termini di pubblicazioni scientifiche sull’AI dei nostri ricercatori. 
  • Focus universitario e non aziendale. Nel leggere il paper si ha l’impressione sia stato scritto con le tastiere di professori universitari dato che al primo punto anche degli obiettivi strategici è sempre citata la ricerca fondazionale che si intuisce debba essere universitaria.
  • Lavoro no problem. Un punto curioso è quello dell’impatto sul lavoro dove si scrive: “più verosimili appaiono gli scenari in cui nuove competenze e professionalità andranno a sostituire quelle esistenti”. Con questa singola frase si evita di gestire l’impatto più grande che tutte le aziende che oggi producono e vendono soluzioni AI stanno già toccando con mano. Tra un anno pensiamo veramente ci saranno ancora 80 mila persone che lavoreranno in Italia in un call center? O anche solo i 2500 che lavorano come doppiatori? Diventeranno veramente tutti programmatori di AI? Io non credo.
  • Dati condivisi. Interessante il concetto di registro dei dati e modelli disponibili per la ricerca e l’impresa. Si definisce anche la necessità di un soggetto responsabile di questo registro e di fondi da allocare per questa gestione. Credo che un modello funzionale potrebbe essere un registro aperto a PA e imprese garantito da spazi di storage sotto legislazione interamente italiana per attività più strategiche e di interesse nazionale. Altri tipi di condivisione dati e modelli per creare un valore tangibile credo debbano essere previsti almeno a livello europeo.
  • AI in azienda.  L’idea di consorzi di imprese stimolate da contributi pubblici che possano promuovere soluzioni comuni credo sia la via giusta. Ancora meglio sarebbe se queste soluzioni di efficientamento fossero messe a disposizione in modalità open source o simile di tutte le PMI italiane qualora il Governo decidesse in seconda battuta di finanziare completamente lo sviluppo.

My two cents.

Voi cosa ne pensate?