A far parlare di sé è l’ultima pubblicità di Coca Cola, ispirata a quella pubblicata nel 1995 dei camion di Coca Cola che attraversavano lande innevate, ma con una grande differenza: le persone, i camion e il cane sono tutti finti generati dall’AI.
Sono partite subito le proteste a difesa degli attori e dell’industria di Hollywood con il principale risultato di aver fatto parlare e visualizzare ancora di più la pubblicità (56 miloni di visualizzazionni solo in questo tweet.
Le critiche sono sempre le stesse: “chi sostituisce gli artisti con l’AI danneggia i lavoratori”, “se si guarda attentamente si notano degli errori nella grafica” (es. le dita), “gli algoritmi si sono allenati su lavori di persone in carne e ossa che non beneficiano di copyright”.
Se c’è un errore che Coca-Cola ha fatto questa volta credo sia stato quello di replicare un video che già tutti conoscevano senza reale originalità e quindi l’unico messaggio che è passato è che l’azienda ha trovato un modo per fare lo stesso spot per meno soldi (molti-molti meno visto che uno spot oggi si può fare a partire da 35 dollari e quello del 1995 costò più di un milione di euro).
Il fenomeno sta ovviamente attraversando le industrie evidenziando gli stessi problemi comunicativi come hanno scoperto anche Toys “R” Us, Google e Mango nella moda.
Ma lo scorso anno sempre Coca-Cola aveva creato collaborando con OpenAI “Masterpiece” che era effettivamente un’opera d’arte, nel senso che prima di allora non sarebbe stato possibile creare gli stessi effetti di animazione e di transizione dei quadri e tutti coloro che lo hanno visto hanno riconosciuto una nuova frontiera della creatività raggiunta.
Se l’unico messaggio che si vuole trasmettere rimane il fatto che “è simile a quello di prima, ma senza i costi umani”, il rischio di contraccolpo comunicativo negativo è quasi certo.