Oggi esiste l’industria del falso del falso.
Pura schizofrenia.
Il mensile Wired ha riportato a suo tempo che più copie si fanno, più aumenta la produzione discografica.
Il falso si sostituisce al vero. Un americano su quattro ha un masterizzatore e uno su due scarica dalla Rete di tutto.
Chi ci perde e chi ci guadagna in questo gioco? Ci perdono i rivenditori, i distributori. Tutto ciò che sta in mezzo, che è inutile.
Ci guadagnano i produttori, quindi gli artisti e chi li segue.
Gli artisti americani dalla diffusione della Rete ci hanno guadagnato, hanno aumentato i loro profitti.
Tutto questo discorso per dire che ancora una volta in Italia ha trionfato la Giustizia:
– indagate 55 persone su tutto il territorio nazionale per condivisione di brani musicali, di film e di software, peer to peer (P2P), facenti capo a un’organizzazione chiamata Cucciolandia (con questo nome non può che essere pericolosissima )
– impegnati agenti di Pescara con colleghi di Lombardia, Lazio, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Marche, Campania e Veneto
– elaborato un software per la decodifica e la ricostruzione dei dati intercettati insieme a un’applicazione di analisi relazionale (c o se siamo avanti!)
– individuate 100.000 persone
– la Fimi, federazione dell’industria musicale italiana ha espresso forte soddisfazione.
Ora, io mi pongo alcune domande:
– se sono state esaminate le comunicazioni di 100.000 persone, gli è stato chiesto prima il permesso?
– se invio un file a un mio amico che è collegato in Rete in modalità P2P, chiunque può spiarci ipotizzando a priori un reato?
– se invio una lettera chiunque può aprirla?
Riporto (ancora) una frase di Ian Clarke, fondatore di Freenet:
“l’unico modo per assicurare la sopravvivenza della democrazia è avere la garanzia che il governo non controlli la possibilità dei cittadini di condividere informazioni e di comunicare”.
Non confondiamo la democrazia con i diritti d’autore