“Caro Direttore,
da quando sono stato eletto deputato ho potuto comprendere che troppo spesso, in Italia, l’agenda delle riforme non è dettata da razionali obiettivi riformatori, ma da luoghi comuni dei quali l’opinione pubblica viene progressivamente convinta con il sapiente ausilio di una “informazione” compiacente. Con superficialità, da anni viene dato per scontato che il problema dei problemi che affligge il nostro sistema istituzionale è il bicameralismo perfetto, ovvero la assoluta parità tra Camera e Senato nel procedimento legislativo, sancita dall’articolo 72 della Costituzione. Questa argomentazione scarica ingiustamente sul sistema istituzionale le inefficienze di una classe politica frammentata. Il bicameralismo perfetto rappresenta invece un virtuoso meccanismo tramite il quale il Parlamento è in grado di ponderare adeguatamente le scelte complesse e delicate che si trova ogni giorno ad affrontare. Sono piene le cronache politiche di proposte di legge approvate da una Camera e per le quali la stessa maggioranza riconosce la necessità di un perfezionamento in seconda lettura. Sta succedendo in queste settimane con la legge elettorale. Sono piene le cronache di leggi approvate da una Camera e fortunatamente corrette nell’altra.
Tra l’altro qualora dovesse giungere in porto la riforma si creerebbero ulteriori problemi. Per esempio, l’automatica equivalenza tra una frettolosa delibera della Camera dei deputati e l’entrata in vigore di una legge comporterebbe la necessità di continui nuovi interventi correttivi con un conseguente e ulteriore deterioramento della qualità della legislazione.
La vita parlamentare degli ultimi anni ci insegna poi come una maggioranza parlamentare compatta sia in grado di approvare in pochi giorni anche leggi importanti e contestate dall’opinione pubblica, come nel caso del cosiddetto “lodo Alfano” approvato in soli 20 giorni nel luglio 2008. La Costituzione e i Regolamenti parlamentari vigenti contengono gli strumenti che consentono ad una maggioranza parlamentare di legiferare in tempi rapidi: dai procedimenti decentrati (sede legislativa e deliberante) fino ad arrivare alla deliberazione d’urgenza sui progetti di legge e ai decreti-legge per le situazioni di straordinaria necessità e urgenza.
Va tutto bene così? No, il testo costituzionale necessita senz’altro di una manutenzione. Penso, innanzitutto, alla riduzione del numero dei parlamentari: 945 sono decisamente troppi. Occorre, altresì, limitare il ricorso alla decretazione d’urgenza e inserire nuovi strumenti di partecipazione popolare, nonché rivedere il nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni che dal 2001 ad oggi ha provocato tanti contenziosi.
Fondamentale è quindi non confondere i cosiddetti “costi della politica” con quelli della democrazia. Trovo semplicistico trattare la questione delle riforme con la calcolatrice, anche perché in questo caso i risparmi sarebbero davvero trascurabili. Basti pensare che il Senato verrebbe trasformato e non soppresso, per cui sarebbe sempre necessaria una Amministrazione servente, il cui costo non sarebbe quindi eliminato. Al contempo, il numero dei deputati rimarrebbe invariato.
Sulla piattaforma online del MoVimento 5 Stelle ci apprestiamo ad avviare una grande fase di consultazione dei cittadini in materia di riforme costituzionali e lavoro. Credo si tratti, ancora una volta, di un coinvolgimento senza precedenti. Spero che ci sarà un’ampia e approfondita riflessione sul valore e sul ruolo della nostra Camera alta”.
Luigi Di Maio