di MoVimento 5 Stelle
In Italia ci sono 99 aeroporti aperti al traffico civile (di cui 43 al traffico commerciale e 56 al traffico di aviazione generale). Gli aeroporti portano turisti, lavoro e sono necessari per lo sviluppo economico di un Paese. Tuttavia, in Italia la pianificazione infrastrutturale è stata dettata più da logiche politico-clientelari e localistiche che da reali interessi nazionali e di soddisfazione dei bacini d’utenza. Questo ha portato a una vera e propria duplicazione di aeroporti, molti dei quali vicini fra di loro, in un assurdo gioco competitivo fra territori. Le società che gestiscono questi aeroporti sono piene di debiti che vengono ripagati con i soldi dei cittadini. Bisogna razionalizzare il sistema, renderlo più efficiente e meno oneroso per il Paese. Il quesito su cui dovrai votare la settimana prossima sarà: “Ritieni opportuno eliminare il finanziamento statale agli aeroporti che non raggiungono l’equilibrio finanziario anche se questo dovesse comportare la chiusura di qualcuno di questi?”
di Antonio Chialastri, Comandante ed esperto human factor, sicurezza e riduzione dell’impatto ambientale nel settore aereo
Il sistema aeroportuale è all’interno di un sistema di trasporto più ampio che prende in considerazione sia la parte volo sia quella terra. Nella parte terra, normalmente, l’aeroporto interagisce con altri sistemi di trasporto, quello stradale, ferroviario, portuale. Tutti questi messi insieme creano un blocco intermodale per il trasporto passeggeri e merci. Il nostro Paese ha circa 120 aeroporti, alcuni aperti al traffico civile, altri no. In generale abbiamo un aeroporto ogni 70/80 km. Questa proliferazione, da una parte è un bene ma dall’altra potrebbe essere uno svantaggio perché quando sono troppi si fanno concorrenza tra di loro alimentando gli stessi bacini di traffico. Se, d’altro canto, ci sono pochi aeroporti si tolgono molte possibilità di sviluppo a molte zone del Paese, visto che l’Italia è una Penisola stretta e lunga e, per molti, l’unica modalità di trasporto è quello aereo.
Il trasporto aereo al proprio interno ha diversi attori. L’ultima legislazione europea del 2013, che riguarda il piano di sviluppo interzonale, prevede che ci siano aeroporti deputati a collegare l’Europa e questi prevedono finanziamenti. Poi ci sono quelli di interesse nazionale e regionale. Quindi, per quanto riguarda l’Italia, circa 38 aeroporti sono stati indicati dal Commissione europea per i piani di sviluppo. Quello che noi dovremmo pensare è: che fine fanno gli altri aeroporti, i più piccoli? In realtà il nostro Paese ha delle particolarità che possono far utilizzare al meglio questi aeroporti. Bisogna potenziare il trasporto turistico, quello passeggeri con le grandi compagnie che portano tanti turisti nel nostro Paese – noi abbiamo una vocazione turistica di primo piano anche se non siamo i primi in Europa e nel mondo come dovremmo – e c’è un’altra parte che porta aviazione generale, gli aerei più piccoli, il famoso turismo aeronautico. In Italia abbiamo circa 12.000 apparecchi definite VDS, che non sono ultraleggeri ma sono comunque aeroplani che riescono a far movimentare molte persone all’interno del nostro sistema. Un altro tipo di traffico che può andare negli scali periferici è il traffico merci. Contrariamente alla vocazione manifatturiera del nostro Paese che esporta molto, noi movimentiamo poche merci rispetto a quello che fa la Germania, ad esempio. Noi dal punto di vista delle merci aeree movimentiamo circa 1/4 di quello che fa la Germania.
Per quanto riguarda, invece, le organizzazioni che si occupano di aeroporti abbiamo il gestore aeroportuale che ha una concessione di solito quarantennale. Nei grandi aeroporti, come Fiumicino, Milano, Napoli, Bologna, la concessione scadrà nel 2040 e oltre. Quindi, oggi, c’è chi gestisce gli aeroporti facendo business con il movimento. Il problema sono i piccoli aeroporti che sono in carica allo Stato. Il paradosso attuale è che i grandi aeroporti profittevoli sono dati in gestione ai privati. Gli scali periferici minori sono dati, invece, in gestione al pubblico che però da questo punto di vista è in perdita. Un sistema alternativo potrebbe essere quello spagnolo che è il più grande al mondo di gestione aeroportuale: movimenta circa 200 milioni di persone l’anno e si chiama AENA dove praticamente tutti gli aeroporti sono gestiti da un unico gestore il quale ha una quota pubblica maggioritaria e una quota residuale lasciata ai privati. In questo modo un aeroporto che è in perdita sarà compensato dai profitti di un altro e si evita, anche, quello che sta accadendo in Italia, dove piccoli aeroporti periferici sono ricattabili da dinamiche di business che non sono estremamente chiare.
Ovviamente il problema fondamentale degli aeroporti italiani è quello che sono nati in mezzo al nulla. Solamente un paio di aeroporti hanno la ferrovia che arriva direttamente in aeroporto. Se andiamo ad Amsterdam un passeggero può prender il treno dentro l’aerostazione e raggiungere direttamente Rotterdam. E la stessa cosa avviene anche in tanti altri aeroporti come Francoforte o Parigi. Di solito in questi grandi porti il gestore è pubblico. Noi abbiamo scelto di affidare ai privati i più profittevoli.
L’ultimo aspetto è quello del rumore e dell’inquinamento in generale. Un aeroporto porta con se una serie di effetti collaterali come il rumore e l’inquinamento, fattori che dipendono dal volume di traffico e dalle rotte che sono seguite o disegnate. Sono pochissimi gli aeroporti italiani che hanno due piste indipendenti e parallele per effettuare degli avvicinamenti in grado di aumentare il volume di traffico e mantenere separazioni di sicurezza.
Adesso avete qualche elemento in più per decidere se il finanziamento pubblico nei vari aeroporti è funzionale allo sviluppo del Paese, del turismo, del movimento delle merci e dei passeggeri. Le concessioni sono fino al 2040, quindi quelli che fanno soldi sono per conto loro. Come fare? Riconvertire una parte di aeroporti che non potrebbero avere autonomia finanziaria e dedicarli a nicchie specifiche di traffico, come quello business o quello merci che è sottosviluppato rispetto al potenziale del Paese.
Il regolamento europeo dice che uno dei requisiti dei piani aeroporti è l’equilibrio finanziario e la solidità patrimoniale. L’aeroporto si basa sull’indotto portato da una compagnia aerea low cost che fa traffico sullo scalo e che loro stessi finanziano con finanziamenti occulti, tramite il co-marketing, che è una pratica in cui una compagnia aera riceve finanziamenti da parte della Regione per portare passeggeri. Alla luce di quanto detto, ritieni opportuno eliminare il finanziamento statale agli aeroporti che non raggiungono l’equilibrio finanziario anche se questo dovesse comportare la chiusura di qualcuno di questi?