di Davide Casaleggio
Ieri sono intervenuto all’#InternetDay organizzato dall’AGI. Ecco il video e di seguito il mio intervento.
Oggi sono qui per parlarvi di investimenti, investimenti sull’intelligenza. Nel 2016 in Italia sono stati investiti circa 160 milioni di euro da parte di Venture Capital nelle startup. Ora questo numero in sé può dirci poco, in realtà nei prossimi 10 minuti cercheremo di capire cosa vuol dire questo numero, cosa vuol dire 160 milioni rispetto al resto d’Europa, cosa vuol dire investire 160 milioni in startup e in quali ambiti ha senso oggi investire. Alcuni di questi dati provengono da un rapporto sull’European Venture Capital, report che ha investigato e investiga tuttora gli investimenti da parte di Venture Capital. Quindi aziende private che possono essere incentivate, aiutate da parte dello Stato verso nuove società, startup che crescono e fanno emergere l’innovazione in Italia e nel resto d’Europa.
Forse conoscerete Yoox: Yoox è forse uno dei pochi esempi di startup italiana che è riuscita nel suo percorso a raccogliere alcuni investimenti privati da Venture Capital italiani ma soprattutto esteri, poi andare in Borsa, poi fondersi con un altro gruppo net-a-porter inglese e quindi diventare un colosso internazionale. Però questo è uno dei pochissimi esempi che noi abbiamo in Italia di startup di successo, che è riuscita a posizionarsi sul mercato grazie a investimenti iniziali soprattutto esteri. C’è anche un Venture Capital italiano che ha collaborato sul suo caso, poi è riuscita a ottenere i suoi 95 milioni di euro dalla ITO quotandosi in Borsa, quindi è un’avventura che è sicuramente un bel caso di successo. Abbiamo più recentemente diverse società che hanno ricevuto investimenti da parte di Venture Capital anche in Italia, per esempio ne cito una, MoneyFarm: ha recentemente cumulato circa 20 milioni di euro di finanziamento da parte dei Venture Capital ed è un’applicazione di intelligenza artificiale applicata alla gestione patrimoniale. L’anno scorso ha aperto anche a Londra, è partita da Cagliari, è una bella avventura.
Ma cosa succede alla maggior parte delle società, delle startup italiane? Raccolgono circa 500mila – 5 milioni di euro, queste sono le cifre che le startup italiane riescono a raccogliere. Forse c’è qualche altra eccezione, per esempio recentemente c’è Musement che ha raccolto circa 15 milioni di euro, però se andiamo a vedere i nostri 160 milioni di euro investiti in startup da parte di Venture Capital in Italia, poi affrontiamo gli altri Paesi europei e vediamo che sicuramente è una cifra che non sta in piedi, che non permette alle aziende italiane di competere sul mercato europeo, tantomeno quello statunitense. Se vediamo la Gran Bretagna, stiamo parlando di 3,2 miliardi di euro investiti nel 2016 -in un anno- la Francia 2,7 miliardi, ed è la nazione che ha visto il balzo più importante perché la crescita dell’anno precedente è enorme, è passata da un miliardo e mezzo a 2 miliardi e 700 con la crescita più importante di investimenti in startup in Europa. Vi ricordo: in Italia 160 milioni.
Poi abbiamo la Francia che sicuramente, come vi ho appena citato, è un esempio importante dal punto di vista sia del volume complessivo, perché sicuramente questi miliardi di euro investiti in startup sono cifre importanti, ma anche dal punto di vista della crescita. Vuol dire che stanno applicando una serie di azioni dal punto di vista del governo ma soprattutto da quello dell’infrastruttura dell’ecosistema delle startup e dei Ventures capital sulla Francia, che permette questa crescita molto importante per l’impresa nuova, l’innovazione in Francia. Vi dico giusto due dati: in Francia oggi è possibile creare impresa in quattro giorni, un giorno in meno della Gran Bretagna, 7 giorni in meno della Germania. Ora questo è un esempio di come le startup in Francia possono essere più avvantaggiate rispetto ad altri paesi d’Europa, ma soprattutto è un incentivo anche per gli investitori ad avere meno burocrazia.
Dal 2012 ad oggi ci sono state diverse azioni anche in Italia, che hanno facilitato l’attivazione di nuove startup. Il problema italiano è sicuramente la parte degli investimenti non solo pubblici ma anche privati, e questi investimenti privati devono avere un ecosistema che gli permetta di svilupparsi. Un altro dato sulla Francia che volevo citarvi: nei primi due mesi, gennaio-febbraio 2017, in Francia sono stati investiti 472 milioni di euro, che vuol dire tre volte quello che è stato investito in tutto il 2016 in Italia. E’ una cifra importantissima, e non possiamo permetterci di avere questo gap in termini di investimento rispetto a un paese d’oltralpe. In Gran Bretagna, che è il Paese in cui abbiamo 3,2 miliardi di euro investiti lo scorso anno, quindi è il Paese che in Europa si è posizionato meglio dal punto di vista degli investimenti in startup, c’è una serie di attività che sono state fatte dallo Stato per incentivare e migliorare le relazioni, quindi anche in termini di servizi per le startup, che hanno permesso questi dati. Se andiamo a vedere -do un’anticipazione di uno studio che presenteremo la prossima settimana sull e-commerce in Italia, in cui faremo un focus anche sugli investimenti nell’ e-commerce in Europa ma soprattutto in Italia-, le prime tre società di e-commerce più finanziate d’Europa non sono italiane. Questa forse non è una sorpresa: abbiamo Hellofresh, Blablacar e Let’s Go, una tedesca, una francese, una spagnola, che hanno ricevuto oltre 300 milioni di euro ciascuna di finanziamento per far partire un’iniziativa nuova, -perché sono tutte iniziative nuove e alcune stanno entrando anche in Italia, una in particolare di queste tre- che permettono a queste società di espandersi e di prendersi ovviamente i vari mercati europei. Oltre 300 milioni di euro vuol dire circa il doppio di quello che in tutto l’anno 2016 tutte le società in Italia hanno ricevuto. Una singola società.
Quindi quello che è importante è capire: se le società italiane ricevono 500 mila euro o fino a 5 milioni di finanziamento per crescere, per potenziarsi, per investire in ricerca e sviluppo, come fanno queste a competere con altre società che dall’estero, d’oltralpe, arrivano e sono state finanziate per la loro ricerca e sviluppo 300 milioni di euro? E’ impossibile.
Questa sfida è impossibile. Quindi è necessario che le società italiane possano avere accesso a finanziamenti per riuscire a crescere e investire. In ricerca e sviluppo, ma anche in presa del mercato, perché uno degli obiettivi delle società e soprattutto nell’ e-commerce, come gli esempi che vi ho portato adesso sul mercato internazionale, è quello di prendere quote di mercato. Quindi fino a quando ci troveremo a competere con società che hanno le risorse per prendersi le nostre quote di mercato in Italia, le società italiane dovranno semplicemente subire l’innovazione portata dall’estero. Se andiamo a vedere tutti gli altri paesi dell’Europa, perché adesso vi ho citato la Francia la Gran Bretagna, la Germania, e anche la Spagna, in realtà noi siamo verso la fine di questa classifica. Ci supera la Finlandia che ha circa il doppio degli investimenti in startup rispetto all’Italia, ma ci supera pure il Belgio. Ora stiamo parlando di Paesi che rappresentano dal punto di vista della popolazione una regione italiana, quindi questo tipo di divario non è più accettabile, e sicuramente è necessario capire come creare un ecosistema, un’infrastruttura per le startup, per l’innovazione generale, che permetta di intercettare quello che sta per arrivare.
Prima abbiamo avuto Cingolani che ci ha parlato di innovazione e robotica, sicuramente la parte robotica è una parte dell’innovazione che sta per arrivare, l’altra parte è l’intelligenza artificiale che assieme alla robotica probabilmente porterà uno sviluppo. L’Istituto Italiano di Tecnologia è sicuramente un’eccellenza italiana dal punto di vista della ricerca, e dobbiamo riuscire a capire come investire anche in impresa e come fare in modo che l’impresa italiana possa intercettare questo trend che sta arrivando, questa nuova dimensione che Accenture così descrive: “Le tecnologie di intelligenza artificiale porteranno entro il 2035 a un raddoppio annuale della crescita economica in 12 economie sviluppate, e miglioreranno la produttività fino al 40%.” Ora se noi abbiamo la capacità di investire in questa direzione come Stato, come imprese, e come ecosistema, riusciremo a essere uno di questi 12 Paesi e quindi riusciremo a intercettare questa crescita. Se non intercetteremo questo trend, non faremo parte di questi 12 Paesi e quindi non andremo a competere sull’innovazione, non andremo a competere sulla tecnologia, andremo a competere probabilmente con i salari cinesi.
Per darvi un’idea di quanto si sta investendo, già l’anno scorso 2016 sull’intelligenza artificiale in giro per l’Europa: stiamo parlando di 1,8 miliardi investiti in startup per questo tipo di tecnologia. Oggi rappresenta circa il 10% degli investimenti totali in startup e innovazione dal punto di vista dei Ventures Capital, probabilmente sarà uno dei trend più importanti nei prossimi anni e già a partire dal prossimo anno. Se andiamo a vedere quali sono i Paesi che stanno investendo di più in questo ambito, quindi dell’intelligenza artificiale, vediamo la barretta in alto -spero si veda- è la Gran Bretagna. E’ più difficile trovare l’Italia, che se scorrete verso il basso vedrete che rappresenta circa l’1% degli investimenti da parte di Venture Capital in tecnologia di intelligenza artificiale. Ora noi dobbiamo riuscire a capire come portare quella barretta in alto, magari anche a superare la Gran Bretagna. Come fare per ottenere questo risultato? Sicuramente dobbiamo avere investimenti statali in questa direzione, nella direzione dell’intelligenza artificiale, nella ricerca, questo è sicuramente un un ambito molto importante, ma anche in impresa. Stimolare le università a sviluppare dei progetti legati all’intelligenza artificiale, investire nelle infrastrutture, proprio questo mese in Francia a Parigi è stato aperto il più grande campus delle startup al mondo, la Station F, con investimenti anche da parte di Facebook. Perché non possiamo essere in grado di aprire noi il più grande campus delle startup al mondo? Perché noi non possiamo aprire il più grande centro di ricerca legato all’intelligenza artificiale, compreso il coinvolgimento delle imprese in questo senso? Questa è sicuramente la direzione che dobbiamo prendere nei prossimi mesi, nelle prossime settimane.
Oggi vi ho parlato di intelligenza artificiale, sicuramente volevo lasciarvi anche con un pensiero legato all’intelligenza partecipata. Oggi in Italia noi abbiamo un esempio di un primato italiano, un unicum al mondo dal punto di vista dello sviluppo di un’attività, che ha permesso a persone di mettersi assieme e creare un’intelligenza collettiva. Rousseau infatti ha permesso diverse attività che non erano mai state fatte al mondo online da parte di un movimento politico, per esempio la scelta dei candidati online nel Parlamento europeo ma anche in quello italiano. Nel Parlamento europeo abbiamo avuto circa 80mila persone che potevano candidarsi, 5000 persone che si sono candidate, 80 persone circa che sono finite nelle liste, e oggi abbiamo 15 parlamentari europei. Semplicemente da una selezione online in cui c’è stata una partecipazione collettiva. Stiamo in realtà creando il programma online anche in queste settimane, con un coinvolgimento attivo delle decine di migliaia di iscritti che ogni volta partecipano alla costruzione di questo programma. Abbiamo le leggi presentate in Parlamento, ma anche a livello regionale ed europeo, che vengono discusse online con tutti gli iscritti prima di essere depositate. Abbiamo Lex Iscritti che permette ai cittadini di presentare le proprie proposte, oggi ne abbiamo raggiunte circa 800 di cui 14 sono già state presentate in Parlamento perché votate da parte di tutti gli altri iscritti. Volevo lasciarvi con un ultimo messaggio: che sia intelligenza artificiale o intelligenza collettiva, sicuramente dobbiamo iniziare a investire nell’ intelligenza italiana, e dobbiamo creare l’infrastruttura per permettere a Venture Capital, Stato o chiunque di poter investire e sviluppare nell’intelligenza italiana. Vi ringrazio.