di Maurizio Simoncelli – Vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
La spesa militare italiana è uno degli aspetti più oscuri del programma di spesa dello Stato. Per venirne a capo dobbiamo addirittura fare ricerche su diversi ministeri: una parte è al Ministero della Difesa, un’altra parte la troviamo al Ministero dello Sviluppo Economico, un’altra parte al Ministero Economia e Finanze, un’altra parte minore la troviamo persino al MIUR. C’è il problema di riuscire a capire quanto spendiamo esattamente.
Ed è impresa di estrema difficoltà, un bilancio tra i più invisibili, non si riesce a capire esattamente quanto spendiamo e per che cosa. Abbiamo dei dati che ci lasciano sorpresi, non si riesce a capire neppure quanto spendiamo per i Carabinieri che sono sia forza di polizia, di pubblica sicurezza, sia forza di polizia militare e presenti anche nelle missioni internazionali.
Non riusciamo a sapere esattamente quanto ci vengono a costare, alcune stime arrivano a parlare di circa 3 miliardi per le funzioni nell’ambito della difesa militare, altre cifre parlano di 3 miliardi invece nell’ambito pubblica sicurezza, ma sono stime, ed è assurdo dover cercare un ago in un pagliaio quando lo Stato stesso ci dovrebbe mettere a disposizione questi dati.
Oppure, noi sappiamo che sono stati comprati dalla fine della guerra fredda circa 2000 mezzi corazzati, autoblindo, carri armati e quant’altro, ma ne sono stati utilizzati appena 100. Un bilancio davvero tra i più oscuri: diventa quindi necessario sapere per che cosa si spende, quanto si spende, quanto è il costo del dei vari sistemi d’arma e perché vengono acquistati.
Un esempio è la vicenda degli aerei F35: sono stati acquistati perché ci servivano effettivamente o perché era un impegno politico con il nostro più grande alleato, gli Stati Uniti? Questo è un interrogativo che rimane insoluto: sappiamo solo che intanto compriamo questi 90 aerei F35, prodotti in gran parte e anche da un punto di vista tecnologico all’estero, e solamente per una piccola parte qui in Italia, con una ricaduta dal punto di vista economico bassissima. Anche autorevoli fonti del Ministero della Difesa confermano che si tratta un accordo politico e non certo di un accordo vantaggioso dal punto di vista economico.
Di fronte a un bilancio così oscuro, è necessario allora dotarsi di strumenti per conoscerlo meglio, ad esempio l’adozione della contabilità analitica, che ci permetterebbe di avere qualche dato di più, qualche informazione adeguata. Come accade negli Stati Uniti, dove esiste addirittura un ufficio che controlla dettagliatamente le forze armate spesa per spesa. Oppure si può continuare così, cercando ogni volta di individuare con fatica i motivi e l’entità delle spese, trovandosi di fronte a una situazione di continua opacità.