di Piernicola Pedicini, EFDD – M5S Europa
Andiamo con ordine: nel 2006 in Italia entra in vigore la Finanziaria 2007 che prevede la graduale eliminazione dei sacchetti di plastica in polietilene per asporto di merci entro la fine del 2010, lasciando però dubbi e incertezze riguardo alla sua applicazione. Il governo avrebbe dovuto adottare nel 2007 un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l’asporto di merci non biodegradabili al fine di giungere al definitivo divieto, a decorrere dal l° gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto delle merci che non rispondessero entro tale data, ai criteri e alle norme tecniche fissati dalla normativa comunitaria. Tutto questo attraverso un decreto che non è mai stato adottato.
Nel 2009, in ragione della mancata adozione del programma, il termine di decorrenza del decreto viene prorogato dal 1 gennaio 2010 al 1 gennaio 2011. Il 1 gennaio 2011 il provvedimento entra in vigore ma è talmente generico che porta con sé molti dubbi interpretativi. L`Italia diventa il primo paese in tutta la UE a mettere al bando i sacchi di plastica tradizionali usa e getta non biodegradabili, sostituendoli con sacchetti biodegradabili a pagamento, ma con una legge che non garantisce i provvedimenti necessari al raggiungimento operativo del divieto. La norma non definisce né il materiale per i nuovi sacchetti né la sanzione per i trasgressori. Nemmeno chi produce e distribuisce questi prodotti ci capisce qualcosa.
Il decreto non riceve l´approvazione dell´UE e andiamo in infrazione (procedura n. 2011/4030) per mancata attuazione in assenza di previa notifica alla Commissione (messa in mora 6/04/2011). Nel 2012 si rendono necessarie delle misure straordinarie in materia ambientale per definire le caratteristiche dei sacchetti a norma, ma la Commissione conferma i motivi di contrarietà al diritto dell´UE, ovvero la violazione dell´obbligo di notifica. Inoltre la procedura di infrazione viene estesa alla violazione dell’articolo 18 della direttiva 94/62/CE, che reca il divieto per gli Stati membri di ostacolare l’immissione sul mercato di imballaggi conformi alle disposizioni della direttiva (messa in mora complementare 24/10/2012).
Nel 2013 le caratteristiche tecniche dei sacchi per l’asporto delle merci vengono specificate meglio, ci mettiamo in regola e alla fine la procedura viene chiusa. Anche l’UE cambia direzione pensando di studiare una misura analoga a quella italiana per tutti i 27 paesi membri. Nello stesso anno la Commissione europea presenta una proposta diretta specificatamente a ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero, cioè le borse con spessore inferiore a 50 micron.
Nel 2014, dal 1 luglio al 31 dicembre, l’Italia occupa la presidenza del Consiglio dell´Unione Europea. La presidenza del Consiglio è assunta a turno dagli Stati membri dell’UE ogni sei mesi. Per chi non ha familiarità con le procedure legislative a livello europeo, chiarisco che il potere legislativo nell´ambito UE è detenuto dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Ma è il Consiglio che definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell’UE. Durante ciascun semestre, il paese che ne occupa la Presidenza presiede le riunioni a tutti i livelli nell’ambito del Consiglio e ne dirige i lavori, inclusi i negoziati tra gli Stati membri e quelli con le altre istituzioni europee.
Proprio la Presidenza italiana si fregia di aver raggiunto un accordo politico sulla Direttiva relativa alla riduzione del consumo dei sacchetti di plastica e lo elenca tra i suoi risultati più importanti in materia di ambiente e uso efficiente delle risorse. Nel frattempo il 21 agosto 2014 entrava in vigore l´obbligo di sanzionamento dei trasgressori della legge italiana sui sacchetti di plastica, dopo otto anni dal primo tentativo di adozione della normativa.
Nel 2015 la Direttiva UE sulla riduzione dell´utilizzo di borse di plastica in materiale leggero viene finalmente approvata. Gli Stati membri hanno l´obbligo di adottare delle misure di prevenzione ridurre l´utilizzo di borse di plastica in materiale leggero senza che ciò comporti un incremento globale della produzione di imballaggi. Le borse di plastica in materiale ultraleggero, cioè quelle con spessore inferiore a 15 micron, possono essere escluse da queste misure oppure possono essere incluse, non vi sono obblighi europei da rispettare a riguardo. I proventi generati dalle misure adottate possono essere usati allo scopo di realizzare una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero.
Nel 2017 l`Italia si dimentica di recepire formalmente quella stessa legge che aveva promosso a livello europeo e viene aperta una nuova procedura di infrazione (n. 2017/0127). Per mettere una toppa il Ministero dell´Ambiente inizia a predisporre le norme necessarie per recepirla attraverso la Legge europea, la legge che regola l’adempimento degli obblighi dell’Italia in quanto membro UE. Come al solito la procedura si rivela lunga e tortuosa. Qualche giorno prima che si entrasse in una nuova fase della procedura di infrazione e in odore di multe (che a pagare, ricordo, siamo noi cittadini), il governo pensa di introdurre un emendamento al Dl Mezzogiorno in quel momento in discussione in Senato e lo fa approvare in questo modo.
Il testo del tanto dibattuto Articolo 9 bis recepisce la Direttiva UE aggiungendo misure specifiche sulle buste di plastica biodegradabili e compostabili e ponendo un prezzo di vendita anche sulle borse di plastica in materiale ultraleggero. La norma chiede che dal 1 gennaio 2018 siano commercializzate esclusivamente le borse ultraleggere biodegradabili e compostabili e con un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40 per cento.
Il 1 gennaio 2018 la legge entra in vigore e i sacchetti di plastica ultraleggeri per alimenti (cioè i sacchetti per l’ortofrutta) non biodegradabili e compostabili e non a pagamento vengono messi al bando. Il resto è storia recente.