di Gian Antonio Stella, pubblicato sul Corriere della Sera
Sia chiaro: a leggere la stupefacente lista dei «voli effettuati col velivolo A-340» della flotta presidenziale ormai noto, a torto o a ragione, come l’«Air Force Renzi», lista emersa dagli spifferi di Palazzo Chigi, si tratta dell’unica «navigazione in solitaria». Sono proprio tante, però, le trasferte con un numero di passeggeri ridotto o ridottissimo rispetto alla capienza di un bestione metallico lungo 63 metri, (quasi tre volte un campo da tennis) e con un’apertura alare di 60 metri.
«L’aereo era stato scelto dalla Repubblica italiana», spiegava l’altro giorno su Facebook l’ex premier pd rispondendo alla nuova puntata del tormentone, il video messo online e subito virale del sopralluogo sull’Airbus di Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, «per valorizzare il nostro export, che nel 2017 valeva 448 miliardi di euro». Di più: «Secondo il business plan fatto dai tecnici, se utilizzato per le missioni si sarebbe ripagato il costo del leasing semplicemente con la presenza di almeno 2/3 de posti per gli imprenditori» chiamati a pagare il biglietto (qui, i veri costi dell’aereo voluto da Renzi).
Una stima ottimistica, se è vero che ogni ora di volo costa di solo carburante (poi c’è tutto il resto ) dai 2.500 euro in su, a seconda del carico. Fatto sta che i viaggi di questo tipo, stando alla tabella che gira a Palazzo Chigi, sono stati davvero pochi. Tre in tutto, pare, guidati dall’allora sottosegretario allo sviluppo Ivan Scalfarotto. Uno di tre giorni a l’Avana, con 70 passeggeri all’andata e 64 al ritorno (ah, Cuba!), un altro di tre giorni in Pakistan (32 da Roma a Islamabad e 60 da Lahore a Roma), un altro ancora a New Delhi e Mumbai con 120 viaggiatori. Il più affollato di tutti. Fino a riempire poco più di un terzo dei posti a disposizione.
Spiccano, nella tabella dei 47 voli annotati alla voce «A340», che potrebbe contenere solo i viaggi più significativi, alcune trasferte di Paolo Gentiloni (Tbilisi, Abidjan, Ankara, Beirut, Jerevan ) quand’era ministro degli Esteri. E uno di Roberta Pinotti a Riad. Tutti gli altri, dice la lista, li ha fatti l’allora ministro degli esteri Alfano. Con 31 persone a Lubiana, con otto a New York, con nove (ma solo due al ritorno) a Washington, dieci a Giakarta, sette ad Abu Dhabi
Numeri che contrastano clamorosamente, se saranno confermati, con gli spazi a disposizione degli ospiti mostrati l’altro giorno dai due ministri nel reportage sul velivolo da tempo nel mirino dei pentastellati. File e file e file di sedili, vuoti come praticamente sono sempre stati in tutte le «escursioni» estere. «E tutto per cosa?», ha chiesto Danilo Toninelli, «Per riempire l’ego di Matteo Renzi». «L’aereo doveva stare a Ciampino ma non è stato possibile perché è troppo grande, come l’ego di Renzi», ha rincarato Luigi Di Maio, «Lui ci voleva mettere anche la vasca Jacuzzi ». Replica renziana: «Il cosiddetto Air Force Renzi è una delle più grandi bufale messe in campo dal M5S, un attacco personale, perché non hanno possibilità di fare un ragionamento sull’export».
Al di là delle reciproche beccate tra galli combattivi, tra i quali si è inserito Giuseppe Conte annunciando la disdetta del contratto («Parliamo di circa 150 milioni di euro spesi per soli 8 anni di noleggio, inclusi i 20 milioni per riconfigurarlo, per un velivolo quasi mai usato») un punto appare chiaro. Ego o non ego, si è trattato di un pessimo affare. L’airbus A340, presentato nel 1987, tanto tanto tempo fa, è un gran quadrimotore in grado di fare lunghi viaggi ma condannato da un errore iniziale: «tira carburante come un’idrovora», per dirla con «Il Fatto» che fu tra i primi a occuparsi della storia. Un limite che si è fatto via via più gravoso. Al punto che del più nuovo «340/600» (usato da Angela Merkel) avrebbero dovuto essere prodotti 200 esemplari ma a quota 97 la produzione decise: stop. La Singapore airlines, per dire, si era liberata dei suoi a fine 2010. Troppi costi.
Nell’ultimo anno in cui fu pubblicato il prezzo di listino ufficiale, 2011, costava 180,6 milioni. Da scontare, ovvio, come sempre in questi casi. Ma già il 26 ottobre 2016, pochi mesi dopo la firma del contratto tra la Direzione degli armamenti aeronautici (Armaereo) e l’Alitalia «per l’acquisizione in leasing dell’aeromobile Airbus A340-500 – riconfigurazione interna del velivolo», il nostro Leonard Berberi scriveva che stando a esperti di mercato, un aereo come quello preso da noi in leasing «si può comprare con non più di 18 milioni di euro». Cifre che sarebbe scesa oggi, sull’usato, a 8 milioni. Investimento iniziale basso, costi d’uso e di manutenzione stratosferici.
Valeva la pena di prenderlo in leasing per otto anni al prezzo che si è detto, con resa finale a Etihad? Lasciamo rispondere al coordinatore del Servizio per i voli di Stato, il colonnello Valerio Celotto. Che in una lettera al segretario generale di Palazzo Chigi, il 5 gennaio 2018, mentre infuria la campagna elettorale, riferisce che la «realizzazione di un’area dedicata all’autorità, suddivisa nella cabina letto con annesso bagno e doccia, nello studio privato nonché in un area riunioni con lo staff» avrebbe «un costo massimo stimato» pari al 16,6 milioni di euro.
In ogni caso però, spiega, il cronoprogramma è saltato perché «nonostante i numerosi solleciti», l’Alitalia ha comunicato d’aver infine ricevuto sei preventivi solo il 22 dicembre 2017. Meglio dunque, dato l’anno perso per i preventivi e un altro anno (minimo) per i lavori da fare, lasciar perdere. «Risultando più corretto che sulla questione si pronunci il nuovo Esecutivo».
Nel frattempo la regina Elisabetta che ha girato per anni come una trottola i paesi del Commonwealth, tira avanti con piccoli quadrimotori BAE 146, vecchiotti, fuori produzione ma ben mantenuti. Se proprio è necessario, per i viaggi all’altro capo del mondo, usa un B 747 di British Airways. Magari modificato negli spazi interni, ma preso a nolo volta per volta. Sparagnina