di Danilo Toninelli
Stiamo cambiando tutto. Stiamo smontando un sistema ciclopico che sembrava granitico. Un sistema malato, fatto di connivenze, di complicità tra vecchia politica e grandi potentati economici. Un sistema costruito alle spalle e alla faccia dello Stato, dell’interesse pubblico, dei cittadini, della loro sicurezza, del loro comfort, delle loro tasche.
Finalmente sono pienamente pubblici, sul sito del mio ministero, tutti i documenti che riguardano le convenzioni da cui scaturiscono le concessioni ai grandi gestori di circa 6mila chilometri di autostrade. Via via li stiamo mettendo in rete in queste ore.
Finora, era abbastanza facile poter leggere le sole convenzioni, ma con il Governo del cambiamento finalmente tutti potranno consultare anche gli altri allegati e i tanto discussi Piani economico-finanziari (Pef), in cui si riporta la correlazione (sballata) tra incrementi tariffari e investimenti, il famigerato “parametro K”. Così ci si potrà fare un’idea del rapporto, totalmente sbilanciato a favore dei concessionari, tra pedaggi incassati e interventi realizzati per la manutenzione ordinaria e straordinaria. E ci si renderà davvero conto di come la politica abbia svenduto l’interesse pubblico sull’altare di un capitalismo di relazione che ha alimentato i fatturati dei privati e, dall’altra parte, le casse dei partiti. Tutto ciò mentre le imprese normali combattono con la burocrazia e magari aspettano sei mesi o persino uno-due anni per i pagamenti da parte della Pubblica amministrazione.
Stiamo parlando di infrastrutture che rappresentano monopoli naturali e che sono state gestite da privati alla faccia di ogni sano criterio di concorrenza e di mercato. Stiamo parlando di opere costruite per lo più negli anni ’60 e ’70, il cui ammortamento (sui costi) si è in gran parte compiuto negli anni ’90. Opere sulle quali, oggi, bisognerebbe viaggiare con tariffe molto basse o addirittura gratis, come avviene in grandi Paesi quali Germania o Gran Bretagna (sì, proprio la Gran Bretagna che ha privatizzato tutto, vede le autostrade in mano pubblica).
Altro che giusta remunerazione del capitale investito. Qui parliamo di colossi, i concessionari, che hanno margini operativi giganteschi rispetto ai fatturati. Roba che possono sognarsi persino le grandi dotcom della Silicon Valley. Pensate che nel 2016 questi signori hanno fatturato quasi 7 miliardi. Di essi, 5.7 miliardi derivano dai pedaggi autostradali. E sapete quanto è tornato allo Stato? Appena 841 milioni. Nel frattempo, sono sempre dati del mio ministero, gli investimenti sono calati del 20% rispetto al 2015 e per la manutenzione si sono spesi appena 646 milioni, il 7% in meno rispetto all’anno prima.
Prendiamo l’esempio di Autostrade per l’Italia. Nel 2017 ha avuto quasi 4 miliardi di ricavi e un Ebitda (grossomodo equivalente al Margine operativo lordo, in pratica i guadagni prima di pagare tasse, interessi, svalutazioni e ammortamenti) di quasi 2,5 miliardi. In altre parole, il 62% del fatturato. Roba che Apple o Google si sognano.
Con il Governo del cambiamento stiamo togliendo loro la mucca da mungere. La gallina sta smettendo di fare le uova d’oro a beneficio di pochi. La trasparenza è il primo passo. Ma non ci fermeremo qui.