Di seguito, e in video, una recente intervista di Davide Casaleggio a Enrico Mentana in occasione di Rousseau City Lab a Cesenatico
Davide Casaleggio
Parliamo di futuro dell’informazione e quindi abbiamo invitato uno dei maggiori esperti dell’informazione in Italia. Da qualche giorno hai lanciato una nuova iniziativa on line e mi interessava capire come questa iniziativa possa sostenersi innanzitutto perché ho guardato tanti tipi di modelli di informazione e il giornale on line, ma anche quello cartaceo, ha effettivamente molti problemi dal punto di vista del modello di business. E quindi volevo capire con te chi e come dovrebbe sostenere una informazione on line. i giornali cartacei e anche le loro versioni on line hanno ricevuto negli ultimi 15 anni oltre 3 miliardi e mezzo di euro dallo Stato. E questo è il modello che deve continuare o ci sono altri modelli che possono permettere ai giornali di stare sul mercato e farsi pagare dai lettori?
Enrico Mentana
Non c’è nessun dubbio che il modello di business che ha tenuto in piedi il giornalismo negli ultimi cento anni sta venendo meno. Cioè quella cosa per cui ci sono la pubblicità e l’introito dall’edicola e dagli abbonamenti per la carta stampata, e per le televisioni la pubblicità e/o il canone, non è più sufficiente. Soprattutto perché l’informazione sarà sempre di più ritenuta una merce gratuita, perché apparentemente già lo è.
La grande crisi che è iniziata 9-10-8 anni fa ha portato a un crollo delle vendite dei giornali, un crollo delle inserzioni pubblicitarie e quindi degli introiti dalla pubblicità per le aziende editoriali. E questo ha evidentemente creato sconcerto, per di più le aziende editoriali hanno commesso quello che a mio avviso è un errore strategico che è stato devastante con la distruzione di valore del loro stesso patrimonio di notizie e di firme, andando gratuitamente sul Web con i loro siti, che è vero adesso sono i siti più letti nell’informazione, ma senza che nulla possa ripagare lo sforzo che viene fatto.
La crisi ha preso di infilata i grandi giornali nel momento in cui avevano redazioni massicce dal punto di vista numerico, per di più con giornalisti che sono tutelati dai contratti di lavoro dell’era predigitale che fanno sì che siano sempre in crescita dal punto di vista degli emolumenti in linea tendenziale e non licenziabili, che è un bene per chi fa il giornalista ovviamente, però per una impresa editoriale vuole dire semplicemente continuare a avere tanta gente, poterla al massimo diversificare nell’ambito di offerte diverse. E anche per questo sono nate le estensioni, gli spin off sul Web delle grandi testate. Ma senza assumere giovani, cosicché sempre più i giornali sono stati vissuti come qualcosa fatta da persone quaranta, cinquanta, sessantenni con tendenza a crescere per lettori che avevano la stessa predisposizione a seguire i giornali.
Un giovane non legge i giornali ormai da 2 3 generazioni, fino a 35 anni penso sia assolutamente minoritaria la percentuale dei giovani che leggono giornali ma che per diversi motivi e anche guardano la televisione. Il problema per i telegiornali è soltanto un pochino meno urgente, ma anche lì il modello non si regge nel momento in cui un giovane crede, si illude o sa di potere seguire ciò che lo interessa direttamente dal Web con l’illusione di gratuità, dico illusione perché nessun pasto è gratis neanche da questo punto di vista. Tu devi avere pagato un attrezzo, che sia uno smartphone, un iPad o un Pc, e poi paghi la corrente, paghi l’abbonamento.E quindi hai sicuramente degli elementi per cui la gratuità non esiste e per di più ti devi sciroppare la pubblicità. Ma l’illusione oggi è che l’informazione è diventata gratis e per di più me la scelgo io.
Quindi il problema, in questo momento, è che non esiste modello di business e non esiste certezza del pubblico nuovo, per chi fa già informazione, giornali e televisioni c’è il problema che non hai un baricentro generazionale adeguato a fare diventare appetibile per i giovani la tua informazione. I giovani hanno un rapporto random, episodico, sporadico e soltanto apparentemente metodico rispetto alle informazioni. Credono di potere trovare ciò che gli interessa ma se non c’è un mediatore non possono sapere cos’è successo e il mediatore a volte lo trovano casualmente attraverso i motori di ricerca, attraverso un amico che gli posta una cosa, che gliela linka, che gliela gira.
Allora quello che bisogna tentare di fare è rimettere i giovani nel circuito giornalistico per fare sì che i giovani sentano una musica giornalistica che in qualche modo gli interessa e riportarli nel circuito di ciò che è importante, cioè essere informati attraverso un mediatore che sia credibile. Lo sia perché parla dei problemi della loro generazione, è credibile perché lo fa con la lingua della loro generazione non il vecchio saggio della montagna che scende a valle e dice giovani venite con me.
È un tentativo di creare un prodotto che possa essere appetibile e quindi interessante anche per chi fa pubblicità. Un investitore pubblicitario che sa che un prodotto giornalistico è letto dai giovani, può essere interessato a veicolare lì le campagne che sono più affini. Certo chi fabbrica dentiere non sarà interessato ma chi fabbrica jeans probabilmente di più, e via discorrendo.
Sapendo che se tu non ce la farai a coprire i costi con la pubblicità hai altri due modi, quello del crowdfunding ma soprattutto quello delle donazioni o della fidelizzazione attraverso una richiesta diretta a chi ti legge di un contributo minimo, 5 euro per tutti o cose di questo genere. In realtà siamo in una situazione cangiante e nessuno può dire oggi come sarà tra sei mesi, tra un anno, tra due anni. Tento di partire free sperando che ci sia abbastanza pubblicità, ci sia abbastanza riscontro e si possa fare il passo non più lungo della gamba sapendo che ci smenerò magari dei soldi ma questo è quello che ho detto: ho guadagnato tanto e continuo a guadagnare tanto, continuo a fare un lavoro che mi gratifica, do indietro un po’ attraverso l’assunzione di giovani.
Già questo aspetto crea benevolenza, predisposizione positiva, se quindi ci sarà da parte di tutti anche coloro che leggono la volontà di contribuire a questo sforzo che vuole contribuire davvero a modificare una tendenza che vale da tutte le parti, cioè chi lavora in uno studio medico sa che il ragazzo che entra potrà al massimo andare a comprare il caffè, chi lavora in uno studio legale sa benissimo che il giovane al massimo potrà fare le fotocopie e via dicendo. Se riusciamo a invertire in un caso esemplare anche se limitato la tendenza può darsi che questo sia beneficamente è contagioso.
Riesco a fare venti assunzioni di praticanti? Mi costa x, diciamo che una impresa editoriale di questo tipo potrebbe vivere con un milione di euro all’anno. Può entrare un milione di euro all’anno dalla pubblicità e dai contributi? Non lo so, ci vorrà il crowdfunding? Non lo so, non ci vorranno però contributi per l’editoria, contributi per le startup. Cioè dobbiamo creare un mondo in cui vince chi vince, pareggia chi pareggia, ci smena chi ci smena e si apre la strada per un’altra cosa diversa.
Davide Casaleggio
Ho dato un’occhiata ai dati italiani e sono circa mille i siti on line che fatturano in giro per l’Italia e in media siamo sui 20 mila euro l’anno. Dai 20 mila euro a un milione probabilmente è la differenza tra il professionismo e l’amatorialità dell’informazione, siamo sicuri che riusciamo a avere un’industria basata sull’informazione on line con il crowdfunding e la benevolenza che possono volere i lettori verso una iniziativa, sicuramente l’iniziativa speciale che viene lanciata da uno dei più importanti giornalisti in Italia probabilmente avrà successo, ma questo è un viatico per una industria o è un esempio difficilmente replicabile?
Enrico Mentana
Non lo so parliamoci molto sinceramente, non è che nessuno sa cosa succede tra due anni. Ma non lo sai in nessun campo. Io sono soltanto che è giusto provarci, poi al massimo sarò quel pirla che è arrivato prima di quello che ha avuto l’idea giusta. Ma la cosa peggiore è che avrò fatto uno sforzo, la cosa peggiore quindi migliore che mi possa capire è che avrò fatto uno sforzo per il quale comunque non avrò problemi con me stesso. Cioè la cosa peggiore che può succedere è che ci smenerò dei soldi avendone guadagnati in passato.
Io credo però te lo dico francamente che non sia possibile un azzeramento dell’industria giornalistica, dell’industria editoriale. È vero che i dati tendenziali sono quelli che distruggono progressivamente il valore delle imprese editoriali classiche e non c’è nulla di simile nella crescita invece opposta dell’online.
Davide Casaleggio
Il fatturato complessivo dell’industria dell’informazione negli Stati Uniti è sostanzialmente ritornato agli anni Cinquanta…
Enrico Mentana
Non c’è dubbio. Però qui ci sono centinaia di persone che nonostante siano sotto la pioggia, ascoltano cosa abbiamo da dire su questo argomento. E non perché sono conosciuto io o perché siamo in casa tua ma perché secondo me c’è un problema che non riguarda solo i giovani per i giovani. Qual è stato l’errore in un provvedimento che comunque va guardato con rispetto come fu quello degli 80 euro di Renzi? Che un genitore che incassa di più 80 euro al mese nel suo stipendio quegli 80 euro non gli bastano per il figlio, allora qui il problema è che tutti noi che siamo più in là con l’età sappiamo che abbiamo chi più chi meno un debito con le generazioni successive, perché chi lavora sa benissimo che sta seduto lui ed è in piedi un giovane, non suo figlio un altro giovane. Cioè questa questione in realtà porterà a una responsabilizzazione collettiva che passa anche attraverso il parlare di queste cose nell’informazione.
Quello che voglio dire è che quello che credo che non è che saranno i giovani che daranno i soldi soprattutto per una cosa così, se arriveranno le donazioni arriveranno le donazioni dei padri perché sanno che bisogna invertire una tendenza. È ottimismo? Volontarismo? Buttare il cuore oltre l’ostacolo? È possibile che sia così ma quante storie non soltanto nei film americani cominciano da una idea che sembra folle e poi diventa addirittura ovvia no? E quanti invece hanno iniziato da una idea folle e poi crollano miseramente? Non lo sappiamo e bisognerà vedere, sarà comunque una cosa da raccontarsi.
Davide Casaleggio
Su una cosa mi sembra che siamo d’accordo sicuramente, è il futuro dei giornali di carta. Ho dato un’occhiata in giro per il mondo per capire qual è il fatturato dei vari giornali di carta e qual è la tiratura. E ovunque – che si parli di Stati Uniti dove forse il digitale ha avuto più impatto, ma anche di Gran Bretagna e della stessa Italia – vediamo percentuali di decrescita delle tirature che vanno dal 7-8-9-10 per cento anno su anno. E a un certo punto poi non è più conveniente il distribuire della carta in giro per l’Italia. Sei d’accordo su questa cosa o c’è un futuro anche per la carta?
Enrico Mentana
Allora sono figlio di un giornalista, il regalo che mi fece mio padre per i miei 18 anni e permettermi di fare un lavoro che quasi non esiste più: il correttore di bozze. Il correttore di bozze è quello che per chi non lo sapesse alle 10-11, mezzanotte si ritrova il bozzone degli articoli di giornale e deve controllare se non ci siano dei refusi, degli errori e deve correggerli. Lì succedeva tutto a mano. Quel mondo non esiste più ma io so che è esistito, siamo sempre alle solite. L’esempio che faccio sempre è quello dei negozi di mobili di antiquariato. Nessun giovane li compra più però ci sono, sono esistiti e se non ci fossero stati i mobili gloriosi, antichi bellissimi non ci sarebbero neanche le ispirazioni per i mobili che compriamo all’Ikea o altrove. Il giornalismo e la carta stampata è destinato a finire ma come tante altre cose del Novecento perché come non c’è più il grammofono, come non c’è più lo zoo che si chiama bioparco, come tutto il resto. Però le cose esistono sempre, esiste sempre l’informazione, esiste sempre la musica, esistono sempre gli animali. Cosa voglio dire quindi? È chiaro che non ci sarà più la carta ma i giornali riusciranno a passare sui tablet o quello che ci sarà dopo il tablet perché moriranno anche i tablet, moriranno gli smartphone ma non morirà mai l’interesse delle persone a informarsi. Se morisse quello morirebbe la nostra civiltà e a me non interessa profetizzare cosa ci sarà dopo la nostra civiltà. C’è sempre stata la necessità di essere informati, che è strategicamente importante per chi vuole avere un ruolo nelle società e da quando esiste la democrazia il sapere deve essere condiviso, l’informazione deve essere condivisa. Guardiamoci dai paesi in cui non tutti hanno accesso all’informazione. Non è per me concettualmente pensabile. Dio ci guardi dalle sovvenzioni, Dio ci guardi dalla gratuità finta però quella è una impresa che deve continuare a esistere magari a costi minori perché già l’informazione on line e la cosa di cui non abbiamo ancora parlato abbatte i costi, li abbatte enormemente, li abbatte anche troppo. Ci sono dei siti on line in cui nessuno viene pagato niente. Mio figlio con mio odio per questo lavora in un sito e penso che porti a casa 600 euro al mese, non ha senso perché lavora lì da quattro anni e ne è il fondatore insieme a altri due.
Ma non è questo il futuro dell’informazione ovviamente, il futuro dell’informazione è avendo abbattuto anche per via digitale, per via dell’innovazione tecnologica i costi poi restituire con tutto il rispetto per l’intelligenza artificiale la dignità del lavoro in quello come in tutti gli altri lavori a chi lavora, perché uno dei problemi è che non possiamo pensare che un giornalista solo perché in età da avere la vecchia tutela del contratto di lavoro guadagna centinaia di migliaia di euro l’anno e un giovane prende un euro, due euro, tre euro a articolo e magari ne deve fare cento per arrivare a una cifra di centinaia di euro. È insensato!