di seguito l’intervista rilasciata da Davide Casaleggio al Corriere della Sera
Davide Casaleggio, avete organizzato una convention «segreta» in Sardegna?
«Più che segreta, la definirei riservata».
Un po’ strano per voi che avete sempre predicato trasparenza. Come mai? Ma chi ha partecipato?
«Gli atti di questa tre giorni di studio saranno pubblicati nei prossimi giorni sul sito di Rousseau Open Academy attraverso una serie di video tematici. Quindi assoluta trasparenza. Sono intervenuti 50 esperti che insieme hanno ragionato sui nuovi diritti digitali, affrontando il tema da diversi punti di vista. Un sociologo ha necessariamente una visione diversa da quella di un ingegnere informatico, per esempio, ma entrambe necessarie».
C’erano anche esponenti di governo?
«Tutti i partecipanti sono stati presenti in veste privata, inclusi docenti universitari e manager, mossi dal desiderio di contribuire come volontari al progetto dell’Academy».
Non c’è il rischio di sovrapporre ruoli istituzionali con gli impegni di una associazione «privata»?
«Rousseau è un’associazione senza scopo di lucro e l’Academy ha l’obiettivo di sviluppare una riflessione e offrire strumenti alla collettività per affrontare il cambiamento che sta arrivando. L’unica sovrapposizione è l’interesse per la collettività».
Si è parlato di cittadinanza digitale. Perché è così fondamentale per lei questo dibattito ora? Non ci sono argomenti più urgenti?
«È un tema complesso, che investe tutti gli ambiti del nostro essere cittadini in una società iperconnessa in cui il digitale è ormai lo standard a tutti i livelli. Se pensiamo in un arco di tempo anche solo di pochi anni, interrogarsi su come regolamentare alcuni diritti digitali di base per poterli garantire a tutti è prioritario. Penso per esempio al diritto alla formazione per il digitale nelle scuole, alla identità digitale e al controllo di essa, alla neutralità della rete, alla connessione e all’accessibilità e a molti altri».
Qual è il risultato dell’incontro?
«Abbiamo disegnato la mappa dei diritti digitali, che si arricchirà nel tempo. Sono stati individuati strumenti (app, software o altro) che possono essere utilizzati per consentirne l’esercizio e si è immaginato quelli che ancora non sono disponibili con l’obiettivo di svilupparli. Infine abbiamo definito l’importanza di sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi, perché un diritto che non viene preteso ed esercitato da un numero significativo di persone muore».
Che ruolo intende dare alla Rousseau Open Academy?
«L’Academy è un laboratorio multidisciplinare, un incubatore per la formazione digitale dove elaborare un nuovo modello di partecipazione civica e individuare gli strumenti per attuarla. Non si limita a includere le tradizionali discipline accademiche, ma è aperto alle contaminazioni di tutti i campi, dalla tecnologia alla comunicazione, dall’arte ai mestieri. Ha l’ambizione di diventare un’esperienza di riferimento su questi temi non solo in Italia, ma anche a livello internazionale».
Lei come Di Maio non si fida dei tecnici del Mef?
«Penso che se cominciassimo a uscire dalle logiche di condominio e cominciassimo davvero a pensare al bene di questo Paese, queste polemiche non esisterebbero nemmeno».
A suo avviso quale dovrebbe essere il rapporto deficit/Pil?
«Sono un imprenditore e so che ci sono momenti in cui bisogna investire per poter crescere, altrimenti si viene spazzati via. Credo che l’Italia si trovi in questa situazione. È importante capire prima cosa succederà e implementare misure di prevenzione e di sviluppo».
È d’accordo nel fare deficit per una misura come il reddito di cittadinanza che non è legata a sviluppo o investimenti?
«Il reddito di cittadinanza va inquadrato in uno scenario più ampio, non deve essere visto come una mera misura assistenzialista. Il mondo del lavoro sta evolvendo in modo velocissimo, la necessità di forza lavoro è cannibalizzata dalla produttività che aumenta in modo esponenziale e lo farà ancora di più con l’introduzione massiccia di automazione e intelligenza artificiale. Bisogna cominciare a pensare oggi a tutti quei lavoratori che in questa fase di passaggio – che è già in atto – restano esclusi. E mi lasci dire…».
Dica.
«Credo che lo Stato abbia il dovere di cercare misure di sostegno e di riqualificazione con percorsi formativi continui durante la vita delle persone e abbia l’urgenza di farlo, perché va a beneficio di tutti anche se in apparenza e momentaneamente oggi produce solo reddito a livello di potere di acquisto delle famiglie e quindi di domanda interna. Uno Stato non può pensare solo a domani mattina, deve pensare in ottica sistemica e di lungo periodo».
Ha detto che il Parlamento in futuro «non sarà più necessario». Quello attuale però sembra esautorato…
«Il mio punto di vista, lo spiego nuovamente, è che con il progressivo sviluppo degli strumenti di partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica, molte delle funzioni tradizionali del Parlamento verranno meno e si trasformerà in qualcosa d’altro che ancora non siamo in grado di immaginare. Se qualcuno è interessato a riflettere insieme a noi sul tema della partecipazione dei cittadini alla vita pubblica, l’Academy è aperta a tutti».
Che giudizio si è fatto del governo? Lega e M5S sembrano avere divergenze su molti temi.
«C’è un contratto di governo al quale entrambi devono attenersi e sono sicuro che lo faranno».
Non teme che la presenza di Salvini finisca per cannibalizzare il M5S?
«Il Movimento porta avanti le proprie istanze in modo risoluto e determinato, nell’ambito dell’accordo di governo. Quindi no, non penso che ci possa essere un rischio simile».
Suo padre diceva: al governo con il 51%. Avete avuto fretta?
«Mio padre diceva anche che bisogna assumersi la responsabilità, quando è il momento e quando è necessario, senza tirarsi indietro».