Nel 2017, a fronte di una crescita complessiva del PIL dell’Eurozona del 2.4%, l’Italia si è attestata a appena l’1.5%.
Di quest’aumento buona parte si deve ad una crescita delle esportazioni di beni del 7.4% e di servizi dell’8.4%.
Il rapporto totale tra export e prodotto interno lordo italiano si è affermato oltre il 31%.
Di tutta questa torta, l’industria manifatturiera rappresenta la fetta predominante col 95.9% delle nostre esportazioni.
Le associazioni di imprese affermano ormai di sostenersi in quota preponderante grazie al mercato estero con esempi clamorosi come l’Associazione Nazionale Costruttori Edili che fattura all’estero oltre il 74% delle sue commesse.
Perché vi sto dando questi numeri? Perché siamo dinanzi ad una riflessione semplice quanto determinante per il nostro Paese: l’export è già il pilastro portante della nostra economia e deve esserlo sempre di più.
Per raggiungere questo obiettivo dobbiamo orientarci su tre direttrici:
- consolidare i mercati tradizionali migliorandone il saldo commerciale (USA, altri Paesi UE, Russia, Golfo);
- investire sui mercati emergenti o finora scarsamente esplorati;
- aiutare le nostre PMI a internazionalizzarsi con sostegno finanziario e copertura politica.
Raggiungere questo obiettivo significa puntare in modo significativo sulla promozione del Sistema Italia e sull’accompagnamento delle nostre imprese all’estero, garantendogli la copertura politica determinante in svariate regioni del mondo. Con questa visione si è deciso di stanziare ulteriori fondi al “Piano per la Promozione del Made in Italy e l’Attrazione degli Investimenti” e, in contemporanea, renderlo strutturale e permanente invece che straordinario.
In quest’ottica vanno inquadrate le mie recenti missioni in Uzbekistan, Tagikistan, Malaysia e Indonesia, ma è dell’ultima che voglio parlarvi maggiormente.
Coi suoi 262 milioni di cittadini, di cui il 47% tra i 17 e i 35 anni, i suoi oltre 5000km di lunghezza e 1904569km² (6 volte l’Italia) e le 17.500 isole, l’Indonesia è il quarto Paese più popoloso al mondo e, potenzialmente, uno dei più promettenti in termini di sviluppo e crescita.
Il Paese, centrale per le dinamiche dell’Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico, ha un prodotto interno lordo in crescita del 5% annuo che lo pone al 16° posto mondiale in termini di PIL nominale e tra i Paesi al mondo con la classe media emergente a ritmi più sostenuti.
Con questi numeri l’Indonesia è destinata a diventare, nel breve termine, un hub strategico per la regione nonché un mercato di fondamentale importanza per l’Occidente. Basti pensare alla mole di tecnologia e macchinari necessari per la connettività di un territorio così vasto e a vocazione agricola.
Nonostante ciò, l’inedia dei governi precedenti ci ha limitati ad un l’interscambio che ammonta a soli circa 3 miliardi di dollari piazzandoci dopo Germania, Paesi Bassi e Francia.
Un potenziale immane buttato via per l’incapacità politica dei nostri predecessori al MAECI e al MISE.
Proprio per questo tra Jakarta e Bali ho recentemente incontrato il Ministro dei Trasporti Budi Karya Sumadi, il Ministro delle Imprese di Stato Rini Soemarno, il Ministro del Commercio Enggartiasto Lukita, il Ministro degli Affari Esteri Retno Marsudi, il Ministro per la Comunicazione e la Tecnologia dell’Informazione Rudiantarail e una serie di direttori generali di svariati ministeri e dipartimenti.
Tutti questi interlocutori hanno accolto con entusiasmo e soddisfazione il mio messaggio di una nuova attenzione da parte italiana e di netta volontà di collaborazione da parte delle nostre imprese.
Le nostre economie sono sostanzialmente complementari quindi i cosiddetti “fattori offensivi e difensivi” che caratterizzano tutte le riflessioni sui rapporti economici tra Paesi perdono quasi di importanza e lasciano spazio ad ampie opportunità.
L’Indonesia produce per lo più materie prime largamente utilizzate dalla nostra industria e, in particolare, oli e grassi vegetali e importa per lo più macchinari per la trasformazione alimentare e tessile, di cui siamo tra i leader mondiali.
L’Italia però non è solo macchinari ma tanto tanto altro. Abbiamo aziende tra le top 10 in tutti i settori immaginabili: dall’agroindustria all’aerospazio passando per la difesa e la telemedicina. La mia ossessione però è una: aumentare la presenza sull’Industria 4.0 e sull’Industria Creativa e Culturale. L’Indonesia è assetata di arte e cultura e noi siamo in assoluto i leader mondiali del settore.
La cosa più importante, oltretutto, non sono i numeri generati direttamente dal settore bensì il suo soft-power.
Le connessioni sociali create dall’arte e dalla cultura travalicano i governi e le politiche e stabilizzano le relazioni tra Paesi. Chi si innamora dell’arte italiana s’innamora dell’Italia, la vedrà sempre come una terra su cui investire e apprezzerà tutto il suo “Made In” ad un livello empatico prima ancora che qualitativo (dove comunque eccelliamo).
Per queste ragioni ho voluto incontrare il Direttore per le relazioni internazionali dell’Agenzia indonesiana per l’industria creativa (BEKRAF), Candra Negara col quale abbiamo definito una serie di immediate collaborazioni regolate da un “Memorandum d’intese” (MoU).
Al centro di tutti questi tavoli, da parte indonesiana, è stata messa la questione dell’olio di palma come contraltare alle richieste UE di siglare un accordo di libero scambio (CEPA) che si è arenato proprio per la scarsa collaborazione indonesiana sui temi della sostenibilità delle produzioni.
Anche in questo caso credo che la collaborazione possa essere piena. Ho spiegato ai miei interlocutori che non siamo più davanti ad una questione “G2G”, ovvero tra Governi, ma tra consumatori e produttori visto che la sensibilità sociale in Europa è così spiccata a riguardo che presto o tardi il mercato costringerà i produttori ad adeguarsi. È bene quindi portarsi avanti e l’Italia può essere utile anche in questo con la sua profonda conoscenza nel campo dell’industria agraria.
Ho ribadito che l’Italia non rinuncerà mai alla sostenibilità ambientale, alla tutela dei lavoratori e alla protezione dei nostri prodotti e delle nostre indicazioni geografiche.
Il nostro Governo vuole essere parte di questo processo accompagnandolo con le nostre aziende in grado di offrire soluzioni all’avanguardia e incredibilmente sostenibili in termini ambientali ed energetici nonché con scambi culturali. Abbiamo un progetto ambizioso che include non solo la mia azione alla Farnesina ma anche quello del Ministro Luigi Di Maio al MISE e di Cassa Depositi e Prestiti col suo nuovo Piano Industriale che punta sulle PMI.
Abbiamo un’enormità di cose da fare e ce la stiamo mettendo tutta.
Avanti così.