Luigi Di Maio ha avuto il coraggio di squarciare il velo di ipocrisia che nascondeva lo scandaloso sistema del franco CFA suscitando, come ovvio, le ire di Macron. Un sistema neocoloniale che affama mezza Africa ma al quale, secondo Macron, gli Stati africani aderiscono con gioia e dal quale sono liberi di sganciarsi in ogni momento. Vogliamo ricordare che fine hanno fatto tutti i capi di Stato africani che hanno tentato di farlo?
Nel 1963 Sylvanus Olympio, primo presidente eletto del Togo, si rifiutò di sottoscrivere il patto monetario con la Francia. Il 10 gennaio 1963 ordinò di iniziare a stampare una moneta nazionale e tre giorni dopo fu rovesciato e assassinato in un golpe condotto da ex militari dell’esercito coloniale francese.
La stessa sorte toccò a Modioba Keita, primo presidente della repubblica del Mali: nel 1968, appena annunciò l’uscita dal franco coloniale CFA denunciandolo come trappola economica per il suo Paese, rimase vittima di un colpo di Stato, guidato anche qui da un ex legionario francese.
Nel 1987 fu la volta dell’eroe panafricanista Thomas Sankara, primo presidente del Burkina Faso indipendente, ucciso in un golpe sostenuto dalla Francia dopo aver proclamato la necessità di liberarsi dal gioco neocoloniale del franco CFA.
In tempi più recenti la Francia è intervenuta direttamente: nel 2011 il presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, propose di salvare l’economia del Paese abbandonando il franco FCA in favore del Mir, Moneta ivoriana di resistenza: pochi mesi dopo la Francia bombardò il palazzo presidenziale e le forze speciali francesi fecero prigioniero Gbagbo.
E arriviamo a Muhammar Gheddafi, che progettava di rimpiazzare il franco CFA con una nuova valuta panafricana basata sul dinaro libico e sostenuta dalle ingenti riserve auree di Tripoli. Una e-mail del 2 aprile 2011 ricevuta dall’allora segretario di Stato americano Hillary Clinton da un suo stretto collaboratore spiegava che questa era la motivazione principale dell’attacco militare francese.
Questa è la sorte di chi si è opposto al ‘libero e volontario‘ sistema del franco CFA, il simbolo più visibile di un neocolonialismo che permette alle multinazionali di depredare a rischio zero le immense riserve di materie prime dell’Africa Occidentale: uranio, metalli rari, oro, petrolio, gas ma anche legname pregiato e derrate alimentari. Non si può più far finta di non vedere: il pieno diritto all’autodeterminazione dei popoli dell’Africa rappresenta la battaglia di civiltà più importante dei nostri tempi.