È inutile insistere con questa stupida narrazione che ci vuole con Maduro e contro Guaidò. Siamo quanto di più distante possiate immaginare da questo gioco e per quanto ci riguarda il Venezuela potrebbe essere guidato dal Sig. X.
L’unica verità è che il Governo italiano ha un solo interesse: salvaguardare la vita e la stabilità del popolo venezuelano, con la sua enorme comunità italo-venezuelana, e dell’intera regione latinoamericana.
Questo significa, in una condizione come quella attuale di disordini sociali e proteste, evitare ogni ingerenza esterna e rendersi disponibili come mediatori tra le parti per aiutare il Paese a tracciare un percorso comune di legittimazione politica che arrivi attraverso nuove elezioni, libere e monitorate da organismi internazionali. Siano i venezuelani, insomma, a decidere del loro futuro, in modo pacifico e democratico e soprattutto alle urne.
Di Libia e Iraq ne abbiamo già avuto abbastanza e chi ci invita a informarci, perché non ci sarebbero similitudini, forse ignora che anche lì tutto ebbe inizio con frasi come «Gheddafi se ne deve andare, ha perso legittimità», dette dall’allora Presidente USA Barack Obama col codazzo delle peggiori menti che guidavano gli Stati Membri della UE.
Fatta questa considerazione, è evidente che, se da un lato non riconosciamo le modalità delle ultime elezioni presidenziali venezuelane del 2018, dall’altro non possiamo nemmeno riconoscere l’autoproclamazione a Presidente di Guaidò. Farlo significherebbe negare il percorso politico che noi stessi abbiamo sostenuto. È per questo che anche al Parlamento Europeo buona parte dei parlamentari italiani ha scelto l’astensione sulla risoluzione di riconoscimento di Guaidò come interlocutore unico in Venezuela.
Il Governo italiano, così da essere ancora più chiari, non sostiene né Maduro né Guaidò perché non siamo tenuti e non ci interessa farlo. Si chiama principio di non ingerenza ed è uno di quelli delle Nazioni Unite in cui crediamo maggiormente. È uno di quei principi che, se dovessimo ignorare sistematicamente come qualcuno fa, ci porterebbe a pretendere cambi di regime sostanzialmente in tutta l’Africa, tutto il Golfo e buona parte dell’Asia dove elezioni libere se ne vedono davvero poche e le presidenze sono spesso dinastiche. Eppure nessuno lì pensa di imporre ultimatum tantomeno di riconoscere i leader delle opposizioni.
Senza ipocrisie e con in mente l’unico obiettivo di aiutare il popolo venezuelano, quindi, abbiamo proposto, favorito e sostenuto la nascita del cosiddetto “gruppo di contatto UE-Venezuela” che è nato ieri a Bucarest durante il vertice tra i Paesi UE e sarà capitanato dall’Unione Europea. Il gruppo è, di fatto, una nostra idea, un’idea italiana.
Sarà composto dai Paesi UE e una serie di Paesi latino americani con l’auspicio che possa interloquire proficuamente col coordinamento proposto da Messico e Uruguay con la benedizione della Santa Sede di Papa Francesco. Del blocco leader figurano Italia, Francia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Ecuador e Bolivia. Già questo significa esser riusciti a far convergere su una posizione responsabile Paesi che avevano scelto, invece, slanci solitari molto pericolosi in una direzione o nell’altra. Ne siamo fieri e gli siamo grati per averci ascoltati. Avremo bisogno di coinvolgere anche, e soprattutto, USA, Russia e Cina che hanno enormi interessi in Venezuela e vanno messi al tavolo per superare la crisi.
Abbiamo tutti una responsabilità precisa e un compito difficile e alto, che ci deve spingere a mettere da parte gli interessi nazionali e politici e pensare al bene comune. Non possiamo giocare la partita “chavismo contro imperialismo”, come qualcuno vorrebbe, o pensare a come ripartirci i dividendi di un eventuale successo. No, qui si parla di uomini e donne, carne e sangue. Se saremo in grado di svolgere al meglio il nostro ruolo avremo contribuito ad un percorso di pace. Questo è tutto ciò che conta.