Come forse già sapete, alcuni giorni fa abbiamo firmato il decreto ministeriale con cui lanciamo il piano straordinario di assunzione di 1511 ricercatori universitari (quelli di tipo B, per cui è previsto il passaggio a professore associato dopo tre anni). Si tratta del più grande piano di reclutamento straordinario degli ultimi tempi. Quello del governo precedente si era limitato a poco più di 1200 posti.
È un passo importante, ma solo uno degli interventi che stiamo mettendo in campo per sostenere e rilanciare l’università italiana. Negli ultimi anni le risorse per questo settore sono diminuite inesorabilmente, al punto che oggi l’Italia è tra gli ultimi paesi dell’OCSE e dell’UE per finanziamenti alla ricerca. A ciò si aggiungono le strutture spesso inadeguate, gli stipendi bassi e le progressioni di carriera difficili e tortuose, che rendono il sistema inefficiente e frustrante. Non possiamo stupirci quindi se i giovani ricercatori italiani fuggono e se il comparto non è abbastanza attrattivo per ricercatori stranieri. E pensare che ogni euro investito in ricerca e formazione ne genera 3-4 in impatti economici.
Di fronte a una situazione di questo genere, si può pensare che occorra una riforma complessiva del settore. Eppure in Italia di riforme ne abbiamo viste fin troppe, creando incertezze e discontinuità in un ambito che richiede orizzonti di lungo termine. Quindi, di concerto con i parlamentari, abbiamo elaborato nei mesi una serie di interventi mirati che avranno un impatto complessivo sull’intero comparto, ottenendo i risultati auspicabili di una riforma senza scatenarne gli effetti collaterali traumatici. Chiamatela, se volete, una “non-riforma”, la quale si basa su interventi essenziali ma mirati nei confronti dell’intero comparto.
Di seguito, vi elenco i 10 principali interventi che stiamo approntando (alcuni dei quali sono già in via di calendarizzazione in Parlamento, altri sono iniziative più a medio termine), per rilanciare l’università e la ricerca nel loro complesso statale e nazionale.
1) Pre-ruolo e reclutamento dei ricercatori universitari.
Con una proposta di legge già pronta per il dibattito parlamentare, intendiamo aumentare le tutele delle persone che cominciano un percorso accademico assicurando loro tempistiche e modalità adeguate per l’immissione in ruolo, riducendo significativamente il periodo post-dottorato. Nel contempo si affianca annualmente ai concorsi locali un concorso nazionale di reclutamento ricercatori bandito dal MIUR, con scelta della sede da parte dei vincitori, così da favorire sia la trasparenza delle selezioni sia la mobilità dei ricercatori e delle idee.
A tal riguardo, vista una mia odierna intervista a Il Messaggero che riportava un titolo forzato probabilmente per ragioni di spazio, tengo a chiarire che il meccanismo del pre-ruolo così riformato non avrà nessuna intenzione di cacciare o espellere personale universitario che non rientri in tempistiche stringenti d’età o di contrattistica. Piuttosto va tenuto presente che l’Italia è uno dei Paesi europei in cui un ricercatore viene immesso in ruolo più tardi, l’obiettivo è quindi incentivare lo sviluppo dei giovani ricercatori fornendo un percorso chiaro e certo, in cui l’immissione in ruolo è aiutata e scandita da passaggi concatenati. Questo infine non comporta affatto che chiunque finisca al di fuori di questo percorso o termini il numero massimo di contratti pre-ruolo utilizzabili, trovandosi ancora in condizione di precariato, non avrà altre vie di accesso alla cattedra. Permangono infatti le chiamate a strutturati che avvengono sempre tramite concorsi pubblici, qui d’altronde rifinanziati per essere gestiti parzialmente in termini nazionali dallo stesso MIUR con commissioni sorteggiate e più trasparenti.
2) Progressione di carriera, verso il docente unico.
Con questa proposta di legge si intende svincolare il processo di reclutamento dalla progressione di carriera interna, la quale verrà posta in capo ai ricercatori stessi che, qualora si ritengano pronti ad affrontarla, potranno chiedere di essere valutati su titoli e didattica. Questo è un passaggio che affranca da diverse dinamiche clientelari ed è propedeutico alla più complessa introduzione del ruolo di “docente unico”, il quale andrebbe ad assorbire la distinzione tra associati e ordinari, così da ipotizzare una formazione universitaria idealmente costituita solo da professore junior (ricercatore) e professore senior (professore tout court).
3) Diritto allo studio.
Con questa proposta di legge si intende rimettere mano alle normative riguardanti il diritto allo studio, non solo favorendo l’aumento dei fondi da parte dello Stato e delle Regioni, al fine di eliminare l’inaccettabile figura dell’idoneo senza borsa, ma anche introducendo attenzioni normative che intendano l’aiuto allo studente in senso ben più ampio di quello relativo all’erogazione della sola borsa di studio.
4) Dottorato di ricerca e anagrafe degli accademici.
Con questa proposta di legge si intende favorire e tutelare la figura del dottore di ricerca, in Italia numericamente sotto la media europea e non adeguatamente valorizzata dal tessuto industriale e dal mercato del lavoro. Si vuole inoltre sviluppare un database (Anagrafe della Ricerca, o Anpreps) che, raccogliendo dati anche da servizi già esistenti, riporti i profili completi di tutti coloro che hanno conseguito un dottorato di ricerca oltre alla loro produzione scientifica e didattica (continuamente aggiornabile), così da seguirne l’iter accademico e lavorativo in tempo reale, garantire un processo di valutazione più snello ed automatico, favorire lo scambio interuniversitario e digitalizzare la partecipazione ai concorsi.
5) Governance.
Con questa proposta di legge si intende rimodulare il sistema di governo dei singoli atenei, attualmente troppo incentrato sulle figure apicali, attribuendo centralità agli organi collegiali ed ai ruoli elettivi, sia dal punto di vista gestionale sia da quello di orientamento della ricerca e della didattica, coinvolgendo quanto più possibile e in maniera tanto più equilibrata le differenti parti sociali. A ciò vorremo unire una modifica della legislazione vigente, derivante dallo stesso decreto Brunetta del 2009, che elimini ogni possibilità per un’università pubblica statale di trasformarsi in fondazione, ente o società privata.
6) Accesso universitario, lauree abilitanti e specializzazioni di medicina.
Con questa proposta di legge si intende ripensare le modalità di accesso a numero programmato (chiuso) per i corsi di laurea che ne fanno uso, sulla base sia di un incremento delle strutture e della didattica per accogliere un maggior numero di studenti, sia di sperimentazioni innovative che permettano quanto più possibile di favorire la libertà e la consapevolezza della persona nel portare avanti il proprio percorso di studi. Principalmente per i corsi di laurea in Medicina, ci proponiamo di rimuovere le varie restrizioni che a volte impediscono o rallentano il giusto afflusso di medici al servizio del Paese, introducendo dunque nello stesso percorso di laurea un processo abilitante. Insieme a ciò si ritiene utile modificare, in accordo con il Ministero della Salute (con cui abbiamo instaurato un tavolo di lavoro), l’accreditamento delle competenze nel percorso di specializzazione medica, al fine di ottenere una formazione degli specializzandi non solo più accurata e certificata, ma anche maggiormente uniforme a livello nazionale.
7) Incremento di 1 miliardo di euro al finanziamento di università e ricerca.
L’obiettivo, concordato anche con le diverse parti sociali, è che la prossima Legge di Bilancio porti un incremento di finanziamento davvero significativo per il comparto università, il quale consenta innanzitutto di assumere un gran numero di nuovi ricercatori. Si tratta di un intervento aggiuntivo valutato almeno intorno ad 1 miliardo di euro innanzitutto per reclutamento ma anche per stipendi, strutture, borse di studio e ricerca di base. A questo scopo abbiamo proposto più volte, e continueremo a farlo, l’introduzione di una serie di tasse di scopo su consumi dannosi alla salute (dalle bevande zuccherine ai superalcolici e alle sigarette).
8) Ripartizione perequativa di risorse e personale.
Modificare i criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario, e quindi anche dei Punti Organico, in modo da sostenere non solo le università e i territori che procedono meglio, sia per numero di studenti sia per ricchezza del tessuto sociale, ma anche quelle che operano in territori con difficoltà, perché l’intervento pubblico deve essere ‘anti-ciclico’ e garantire risorse per l’intero sistema della ricerca italiana. Serve meno competizione e più collaborazione tra gli atenei.
9) Semplificazione, a partire dal MEPA.
Procedere al superamento delle eccessive incombenze estranee alla ricerca e alla didattica che attualmente gravano sul lavoro di ricercatori e docenti. Questo può ottenersi sia formando e specializzando l’apparato tecnico amministrativo delle università, sia sostituendo procedimenti lunghi e complicati dal punto di vista burocratico con procedure più semplici. A tal proposito abbiamo sostenuto la proposta basilare, già avanzata in Legge di Bilancio e nel DL Semplificazione, di porre al di fuori del Mercato Elettronico per la Pubblica Amministrazione (MEPA) tutti gli acquisti universitari relativi alla ricerca e alla didattica con valore inferiore a 100mila euro. L’università, infatti, ha delle esigenze e delle tempistiche diverse da quella della PA in generale e si avvale di molti fondi di finanziamento ‘terzi’ con chiare regole di rendicontazione, che rendono contraddittoria l’applicazione di un sistema centrale per gli acquisti, generalmente inefficiente per tutti quei settori caratterizzati da alta specializzazione.
10) Trasparenza, autodisciplina e valutazione.
Lavorare di concerto con le comunità scientifiche affinché i processi di selezione universitaria siano quanto più trasparenti possibili e volti a premiare sempre il merito del singolo, sconfiggendo la mentalità baronale e le affiliazioni. Oltre agli interventi normativi menzionati sopra al punto 1 ed alle commissioni sorteggiate, la maggiore meritocrazia nel reclutamento passa anche attraverso un cambiamento culturale, che come sapete ho affrontato senza indugi dal giorno dell’insediamento.
Allo stesso tempo è fondamentale introdurre anche interventi legislativi utili affinché i processi di valutazione della ricerca e della didattica (VQR e ASN in primis) non siano né astrusi e limitanti della libera ricerca, né percepiti come governati da logiche al di fuori della stessa comunità universitaria.
L’obiettivo è portare avanti questi 10 punti durante tutto il 2019. Vi terremo, come sempre, aggiornati.