Ormai lo riconosce anche il commentatore più in malafede: il rallentamento economico italiano di fine 2018 non è un caso isolato. La Germania ha visto le sue prospettive di crescita per il 2019 dimezzarsi, l’Europa arranca e il nostro Paese, come molti altri, soffre il calo della domanda estera.
Eppure i motivi di ottimismo non devono mancare, per una ragione molto semplice: questo è il primo governo dopo lungo tempo che sta gettando le basi di una crescita equilibrata, e quindi nel medio periodo anche più alta.
Negli ultimi 10 anni le politiche di austerità sono servite a fare pagare la crisi alle fasce sociali più deboli e a favorire poche grandi imprese esportatrici che vendevano più facilmente all’estero i loro prodotti pagando meno i lavoratori italiani. L’attacco alla domanda interna del governo Monti e dei successivi governi Pd rispondeva a questo disegno, mentre la pressione fiscale crescente sulle PMI provocava decine di migliaia di fallimenti e faceva crescere il bubbone dei crediti deteriorati nei bilanci bancari.
Un disegno miope, che ci ha piazzati stabilmente in fondo alla classifica europea per crescita, perché il nostro tessuto vitale di PMI ha bisogno della domanda interna come dell’ossigeno, e la stessa domanda estera deve essere patrimonio di tutte le imprese, non solo delle grandi.
Ecco la principale novità della nostra azione di governo: stiamo costruendo un nuovo Patto sociale tra Impresa e Lavoro, stimolando la domanda interna anche attraverso la messa in sicurezza dei più deboli, e costruendo un ambiente favorevole alle piccole e medie imprese, sia sul fronte interno che delle esportazioni.
Ci vuole tempo, certo, anche perché non siamo aiutati dalla congiuntura economica negativa, ma raccoglieremo i frutti già a partire dal secondo trimestre di quest’anno.
Dopo il Reddito di Cittadinanza e Quota 100, che già contenevano incentivi per le imprese, e dopo il decreto dignità, che aiuterà i consumi grazie alla stabilizzazione del lavoro, è arrivato il decreto Crescita, preceduto di pochi giorni dalla riduzione media del 32% dei premi Inail.
Nel decreto Crescita abbiamo proseguito il percorso a favore delle nostre PMI, già iniziato nella Legge di Bilancio con il rilancio degli investimenti e altre agevolazioni fiscali, fra le quali anche la cedolare secca al 21% per gli esercizi commerciali sotto i 600 metri quadri.
Nel Consiglio dei Ministri di ieri abbiamo reintrodotto il superammortamento, alzato ancora la deducibilità dell’Imu dal reddito di impresa (in pochi mesi salita dal 20 al 50%), confermato la riduzione di un punto all’anno dell’Ires per le imprese che reinvestono gli utili al loro interno, rafforzato gli incentivi fiscali per il rientro delle eccellenze italiane emigrate all’estero e introdotto il cosiddetto ‘marchio storico’ per la salvaguardia dei brand italiani dall’assalto delle aziende straniere.
Valorizzare il Made in Italy nel mondo è uno dei pilastri della crescita sostenibile di cui abbiamo bisogno. La tanto chiaccherata Via della Seta serve anche a questo, e siamo orgogliosi di aver aperto nuove opportunità commerciali per le imprese italiane.
Il nostro modello di sviluppo è all’insegna del dialogo tra le parti sociali. Non ci può essere crescita stabile senza lavoro stabile e maggiori consumi interni, così come è impossibile chiedere alle nostre imprese innovazione senza aprirle ai mercati esteri più promettenti. Lavoro e Impresa torneranno presto a fare sistema, recuperando quell’intesa che ci ha fatto grandi nel mondo.
Sempre più lavoratori ed imprese cominciano ad accorgersi che qualcosa sta cambiando. E a quelle associazioni di imprese che ancora ci guardano con diffidenza contiamo di far cambiare idea presto, a partire dal decreto Crescita.